Non vogliamo dimenticarli di Lorenzo Bettiolo
E innegabile che sono soprattutto i cori che hanno da sempre limportantissimo compito di tramandare da generazione a generazione testi e musica dei canti popolari, termine che per me ingloba quelli di montagna, quelli di guerra, quelli che chiaramente hanno avuto origine nelle campagne, nelle filande, nei filò, come pure le ballate, i canti della resistenza, quelli simili a preghiere (come lo sono diversi brani friulani) o canti nostalgici di innamorati.
Ma noi, coristi od ex coristi, come li abbiamo appresi? Certamente cantando nei cori, ma prima ancora forse, come nel mio caso, in famiglia o alla radio o con gli scouts nelladolescenza.
Ricordo per esempio che La madre dellalpino, chiamato anche anche "Leggenda di guerra" me lha insegnato mia mamma mentre magari stirava per la nostra numerosa famiglia; così pure devessere stato per Addio, mia bella, addio, del 1848 o per E la violetta la va, la va, vecchio canto, quasi ignorato, che pure vanta origini lombarde dell800.
Spesso poi la radio, prima dellavvento della televisione, nei suoi programmi includeva settimanalmente canti popolari cantati dai vari cori; come era facile sentirli quale sottofondo musicale nelle rievocazioni delle due guerre mondiali; si può pensare che fossero gli stessi ascoltatori a richiedere questi canti, allora, e non cera bisogno di "auditel" o di percentuali di gradimento...
Correvo spesso nei negozi di musica di Venezia (Barera e Gasparini nelle Mercerie, poi Brancaleon in Calle della Bissa, ecc.) per acquistarne i dischi ad ogni nuova edizione (e si parlava di 78 giri; poi vennero i 45 giri).
Recentemente alla TV (mi riferisco agli anni 1998/1999) Paolo Limiti nella sua seguitissima trasmissione "Ci vediamo in TV" dava spazio a questi nostri canti, ospitando, oltre al Coro Marmolada, anche altri cori (come il "Coro Stella Alpina" di Treviso) e, talvolta (molto meno bene), alcune cantanti del momento. Gli inviai 27 canzoni, più o meno del tempo di guerra; per la cronaca solo due di queste vennero messe in onda il 19/1/2000.
Era poi naturale che nel corso di una gita in montagna (in pullman, se non davanti ad un bicchiere di vino) si levassero due tre voci per intonare qualche motivo, voci presto seguite da altri improvvisati cantori. E si faceva a gara a chi la conosceva meglio o ne conosceva di più. E proprio in pullman ho imparato quel canto lombardo che recita: Quelle stradelle che tu mi fai far, altrimenti titolato "E qui comando io", e poi quellaltra, pure lombarda Moretto, moretto (lè un bel giovinetto).
Va da sé che tra tutti i canti così appresi, molti vengono riproposti abitualmente dagli amanti del genere, ma molti di più sono quelli "dimenticati".
E meno male, come dicevo, che alcuni cori li perpetuano nel tempo includendoli nei loro repertori, magari con qualche armonizzazione diversa dalloriginale; ancora di più pertanto è da apprezzare la ricchissima raccolta di testi e di musica di questo tipo che il caro amico Gianni Colussi ha accumulato nella sede dellASAC (Associazione Sviluppo Attività Corali) in via Castellana a Mestre; si parla di diciottomila partiture, forse ora sono molte di più.
Eppure ci stiamo dimenticando di:
Quel mazzolin di fiori, vecchio canto, forse banale, ma brioso;
La Monferrina, piemontese, che nel ritornello fa: O cià, cià, Maria Carlina, dummie, dummie, na ssiassà;
Monte nero, Monte rosso, uno dei più toccanti e solenni canti di trincea, evocatore dei massacri del 15/18 che si potevano evitare;
Tonin, Tonin, va in camera, (La rondinella), sbarazzina canzone trentina che narra di pene damore (il canto però è nato in Romagna);
Monti del me paës, canto nostalgico popolare, che se non erro veniva cantato dal vecchio coro Enrosadira;
Senti cara Nineta, canto di origine veneta col consueto tema della guerra ed i sospiri dellamato al fronte;
Sono un povero disertore, canto lombardo che tratta di un trentino che diserta le truppe austriache!
E molti altri
Tra le cante degli alpini poi, non andrebbero messe da parte Sul Cappello che noi portiamo, che si fa risalire al 15/18 ma che vanta sicuramente origini più antiche, Va lalpin sullalte cime, che, come è noto, è la trasposizione italiana del noto canto russo "Stenka Rasin"; come altri canti alpini che amo ricordare, ma che non è facile sentire: E al di la del Piave, simile a quellaltro A destra dell Isonzo ci sta una passerella, (del quale non trovo il testo), Dove sei stato mio bellalpino, e poi In licenza (pena giunto che fui al reggimento), che è dell 800. Alcuni di questi canti, che trovavamo nel famoso repertorio del Coro della SAT, sono, come dire, passati di moda, come ebbe a dirmi proprio qualcuno di quel coro.
Vale inoltre la pena ricordare alcuni canti, anche se non sono "delle nostre parti", molto belli, come i valdostani Silvie, o ma Silvie, Il pleut bergère o La Blanchisseuse e La blonde (Dans le jardin de mon père), oppure i piemontesi En custa villa j è na fijeta, Lussia Maria o Maria Giôana, per non dire del canto popolare francese A la claire fontane, che ambirei fosse rivalutato e cantato anche dai cori di casa nostra.
E allora, pur riconoscendo flebile il mio appello e comprensibile il motivo per cui tanti cori non attingono facilmente a vecchi testi e melodie antiche ma popolari, mi rivolgo proprio a tutti i cori ed in particolare al mio Coro Marmolada: attingete a piene mani dal prezioso archivio del caro amico Colussi; troverete testi e note a non finire e renderete un grande favore a tutti, che è quello di perpetuare negli anni melodie care e tanto, tanto belle.
Lasciatemi finire queste note con una citazione che il compianto amico Nito Staich riporta nella prefazione di un suo prezioso libretto di canti: " I canti della montagna sono i canti della Patria, sono i canti che il padre insegna al figlio, che la madre canta quando la figlia è lì ad ascoltare; ma sempre poesia, sempre nuova e sempre poesia".