di
Sergio Piovesan
Nel
numero 3 del mese di ottobre 2002 di Marmoléda
trattando della villotta friulana scrivevo:
“Essa (la villotta) nasce come testo
poetico tutt’uno con la melodia: melodia e testo semplici che esprimono
sentimenti semplici con disposizione al sorriso e con una vena di malinconia o
di filosofica rassegnazione.”
Continuavo poi con: “Caratteristica
essenziale della "villotta" é la brevità; quattro versi ottonari
rivelano in forma concisa, ma compiuta, un sentimento, un concetto, un
desiderio: ed hanno quali temi abituali l’amore, la nostalgia, la natura,
l’ironia ed il sentimento religioso.”
Ad esempio di quanto affermato, voglio
“raccontarvi” alcune villotte, già nel repertorio del “Marmolada”
-una è stata anche ripresa di
recente- che evidenziano le caratteristiche alle quali accennavo.
“Ai
preât”
(1) è il canto ripreso e che abbiamo eseguito
ultimamente in “Cammina … cammina”, uno dei canti a commento sonoro della lettura di testi tratti dagli
scritti di G.Bedeschi e M.Rigoni Stern.
È un canto del quale non si conosce l’autore e
che ha avuto ampio risalto, fra gli alpini e fra i friulani, nel periodo della
prima guerra mondiale.
Chi canta è una “lei”, la morosa o la
moglie, che, nel canto, prega.
È anche la volontà di annullare la lontananza,
unita alla malinconia e ad un forte sentimento religioso.
Ma la malinconia, questa volta unita alla
nostalgia e, come sempre, all’amore la troviamo in un canto di emigrazione dal
titolo “L’emigrant”.(2)
Il dolore di dover abbandonare tutto investe
l’animo di chi deve andare per il mondo per trovare un lavoro dignitoso, un
lavoro che possa permettergli una famiglia.
Qui troviamo anche il dolore di chi resta a casa
nelle lacrime “… di chel agnul ...”, ma anche l’orgoglio di chi
parte deciso, che troviamo nella frase che conclude ambedue le strofe
“… mi toce la!”.
“A
planc cale il soreli” (3) (“Al piano cala il
sole”) è sempre un canto nostalgico e malinconico dove, però, è
preponderante la natura al tramonto, prima della sera, un momento nel quale, in
solitudine, si raccolgono i pensieri; è anche un bellissimo quadro con una
rappresentazione dal sapore bucolico.
NOTE
(1) “Ai preat la
biele stele, / duch i Sants del Paradis: / che il Signor fermi la uére, / che
il mio' ben torni al pais. // Oh tu stele, biele stele, / fa' palese il mio
destin, / va' daur di che' montagne, / la ch' l'è il mio curisin.”
Traduzione
libera:
Ho pregato la bella stella, / tutti i santi del paradiso / affinché il Signore
ponga termine alla guerra / affinché il
mio amore torni al paese. // Oh tu stella, bella stella, / fammi conoscere il
mio destino; / va oltre quella montagna / là dove sta il mio amore.
(2) “Un dolor
dal cur mi ven, / dut jo devi abandonà. / Pàtrie, mame e ogni ben / e pal mond
mi toce là. // Za jo viôt lis lagrimutis / di chel agnul a spontá; / e bussànt
lis sôs manutis / jo i dîs: mi toce lá!”
Traduzione
libera:
Un dolore mi sale dal cuore, / devo abbandonare tutto: / la patria, la mamma e
tutti gli affetti. // Già vedo le lacrime / spuntare (dagli occhi) di
quell’angelo / e baciando le sue manine / io le dico: mi tocca andare!
(3) “A plan cale
il soreli, daùr d'un alte mont / ’ne grande pàs a regne, che pàr un sun
profond. // E lis piorutis màngin, j'erbutis che son là / il to pinsir, o
biele, cui sa là ch'al sarà”
Traduzione
libera: Al piano cala
il sole, / dietro un alto monte / regna una grande pace / che sembra un sonno
profondo. // E le pecorelle mangiano l’erbette che si trovano là (nei prati)
/ il tuo pensiero, o bella, chi sa dove sarà.