Joska la rossa

El muro bianco drio de la tò casa,
ti te saltavi come un oseléto.
Joska la rossa, péle de bombasa,
tute le sere prima de 'nda in leto.

Te stavi li co' le tò scarpe rote,
te ne vardavi drio da j oci mori,
e te balavi alegra tuta note,
e i baldi alpini te cantava i cori.

Oh..., Joska, Joska, Joska,
salta la mura fin che la dura.
Oh..., Joska, Joska, Joska,
salta la mura bala con mi. Oh...

Ti te portavi el sole ogni matina
e de j alpini te geri la morosa,
sorela, mama, boca canterina,
oci del sol, meravigliosa rosa.

Xe tanto e tanto nù ca te zerchémo,
Joska la rossa, amor, rosa spanja.
Ma dove sito andà? Ma dove andemo?
Semo ramenghi, o morti. E così sia.


Oh..., Joska, Joska, Joska,
salta la mura fin che la dura.
Oh..., Joska, Joska, Joska,
salta la mura bala con mi. Oh...

Busa con crose, sarà stà i putei?
La par na bara e invece xe na cuna.
E dentro dorme tutti i tò fradei,
fermi impalà co i oci ne la luna.

Oh Joska, Joska, Joska,
salta la mura fin che la dura.
Oh Joska, Joska, Joska,
salta la mura, fermete là.
fermete là..

Vi racconto un canto

Joska la rossa

di Sergio Piovesan

Premessa

Nel precedente numero di “Marmoléda”, in questa stessa rubrica, presentavo “Le voci di Nikolajewka”.  Oggi seguito con lo stesso autore (Bepi De Marzi) e, collegandomi al precedente, tratterò due canti, anche questi ispirati all’ultima guerra mondiale, della conclusione della quale e della vittoria degli alleati sul nazismo e sul fascismo quest’anno ricorre il 60° anniversario.

Qualcuno potrà pensare “ … che barba! Ancora cantano la guerra! Sarebbe ora che questi cori cambiassero repertori! … ecc., ecc. (sempre su questo tono)” . Se posso essere d’accordo sulla varietà di un repertorio corale - ed il nostro repertorio ad ogni concerto è vario - non credo, invece, sia necessario abbandonare i brani ispirati alle vicende della guerra; ed il motivo è molto semplice: NON DIMENTICARE.  È proprio così! L’uomo è portato a dimenticare le vicende tristi, i momenti “brutti”, e questo, forse, per un bisogno esistenziale e per proseguire con una vita migliore. Ma facendo così, spesso, nasconde o modifica vicende che hanno fatto la storia ed in questo modo corre il pericolo di rinnovarle. Allora è proprio necessario ricordarle, per non dimenticare e per richiamarle alla memoria delle generazioni più giovani. Ed anche il canto può servire.

Personalmente mi dispiace che nel nostro tipo di canto non vi siano pezzi (o almeno io non ne conosco) che raccontino l’orrore dei campi di sterminio nazisti perché, purtroppo, sembra che i sentimenti antisemiti stiano risorgendo e non solo fra gli esaltati che frequentano gli stadi, ma anche, e sono episodi recenti, in qualche ateneo di prestigio (Torino, Firenze). E la classe dirigente sta zitta!

Forse non tutti se ne accorgono, ma è in atto uno strisciante e pericoloso revisionismo storico.

Allora … ricordiamo!

Joska la rossa

Anche questo canto è legato alla seconda guerra mondiale.  Gli alpini non avevano fatto a tempo a tornare dalla Grecia che, l’anno dopo si trovarono in partenza per un altro fronte a rinforzo di altre truppe del nostro esercito già su quel fronte dal 1941. Siamo nell’estate del 1942 ed il paese invaso è la Russia che, fin dai tempi di Napoleone, ha un famoso generale, “il generale inverno”.  E saranno anche il grande gelo dell’inverno russo e l’equipaggiamento non adatto dei nostri soldati che faranno soccombere gli alpini.

Il canto di Bepi De Marzi richiama la classica melodia russa, quella che, al suono della balalaica, invita alle movimentate danze popolari di quel paese. Questa volta i protagonisti della danza sono gli alpini delle Divisioni “Cuneense”, “Tridentina” e “Julia”, alpini che la Storia vede impegnati in una guerra, insensata come lo sono tutte le guerre, una guerra voluta da chi comandava una guerra oltretutto mal preparata e finita in tragedia.

Partirono in 55.000, questo era la forza del Corpo d’Armata Alpino facente parte dell’ A.R.M.I.R.: 34.170 furono i morti ed i dispersi, 9.410 i feriti ed i congelati!

gli alpini, anche se nemici ed invasori, si comportarono umanamente con la popolazione civile. Il testo racconta una storia, certamente inventata, divenuta una poesia, senz’altro ispirata al racconto di qualche reduce e, appunto perché poesia, o meglio “musica poetica”, riesce a focalizzare la gioia ed il dolore, l’amore e l’odio, il perdono e la vendetta, la vita e la morte.

Ma la vera protagonista di questo canto è la donna russa, impersonata da una  ragazza, Joska, che ha compassione di questi uomini lontani migliaia di chilometri dalle loro case, uomini che, nel momento del bisogno, non possono avere vicine le loro donne, la mamma, la moglie, la “morosa” e le sorelle.

Allora Joska si sostituisce a queste donne per alleviare la malinconia, la solitudine ed il dolore degli alpini.  E, alla fine sarà ancora Joska a dar loro pietosa sepoltura nella fredda terra russa.

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