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Marmoléda

MARMOLÉDA - Notiziario dell'Associazione Culturale Coro Marmolada di Venezia

Maggio 2014 - Anno 16 -n.2 (60)

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CASA NOSTRA

(ovvero, di come si può cantare nella prestigiosa Chiesa della Pietà, l'ultimo giorno di Carnevale alle undici del mattino e  pure con l'acqua alta, sentendosi a proprio agio.).

 

di Enrico Pagnin

 

Quando si è cantato fuori Venezia in sedi molto autorevoli, come può essere Palazzo Vecchio a Firenze, o la RAI a Roma, o la Casa Rosada a Buenos Aires, o il CERN a Ginevra, è stato molto difficile sottrarsi all'emozione, al timore reverenziale, alla preoccupazione che suscita il posto. Nel silenzio, dopo la presentazione del brano, impaurisce l'attacco, soprattutto se comincia con una vocale ( “Alakiaz” è micidiale). Per non parlare dei solisti, obbligati a prendersi, in solitudine, la responsabilità di una riuscita esecuzione.

I luoghi in cui si canta non sono tutti uguali. Ci è stato insegnato che esibirsi in un cinema di provincia, o in un teatro lirico famoso, esige da parte nostra lo stesso impegno e la stessa concentrazione. Ma la sfera emozionale ha le sue leggi. E la forza di volontà più di tanto non riesce a ottenere.

Penso che qualcosa di simile  succeda ai cori che vengono a cantare da noi. Persino gli amici del Coro Martinella di Firenze (dico: Firenze. Gente che l'arte la respira ogni giorno) hanno confessato di essersi emozionati ai piedi della pala dell'Assunta di Tiziano, nella quattrocentesca Basilica dei Frari.

Il Coro Marmolada è un coro veneziano.

A prescindere dal luogo di provenienza “foresto” di alcuni coristi, la sua impronta, vale a dire il modo di atteggiarsi   davanti a una platea, maturata nei suoi sessantacinque anni di vita, è veneziana.

Questo significa, per molti coristi, avere nel proprio bagaglio di esperienze concerti eseguiti nelle cattedrali gotiche di San Giovanni e Paolo e dei Frari o nella basilica romanica dei SS. Maria e Donato di Murano. Per non parlare di quello nella  Basilica di San Marco, immersi nell' incredibile luce riflessa dall'oro dei mosaici. Aggiungiamo poi posti come la Scuola di San Rocco o quella di San Giovanni Evangelista e di tante nostre chiese,  dove ti senti addosso gli occhi dei personaggi dipinti da Tintoretto, Tiepolo, Tiziano.....

Anche il pubblico veneziano ha contribuito alla formazione di questa nostra impronta: canta insieme a noi “La montanara”, ma si emoziona con “E mi me ne so 'ndao” o col “Canto dei battipali”.

Per questo, quando ci è stata offerta la possibilità di cantare nella “Chiesa della Pietà” molto famosa perché “Chiesa di Vivaldi” (e ci sono pure tre affreschi del Tiepolo), nonché per il suo legame con l'Istituto Provinciale per l'Infanzia SANTA MARIA DELLA PIETÀ, fondato addirittura  nel 1346, il primo sentimento è stata la soddisfazione, unita all'orgoglio di inserire nel nostro “palmares” anche questo luogo prestigioso.

Poi, gli altri elementi (il Carnevale: veneziano. L'acqua alta: veneziana. Il pubblico: veneziano e con turisti che amano Venezia) hanno fatto il resto: ci siamo sentiti felicemente emozionati. E a casa nostra.