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Marmoléda

MARMOLÉDA - Notiziario dell'Associazione Culturale Coro Marmolada di Venezia

Aprile 2015 - Anno 17 -n.1 (63)

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CON L’ANIMA IN SPALLE  E LA

 

 

SPERANZA NEL CUORE

 

di Alessandro Zanon

 

Caro Delio studia la storia!

Io penso che la storia ti piaccia, [...]

perché riguarda gli uomini viventi

e tutto ciò che riguarda gli uomini,

quanti più uomini è possibile ...

 

Antonio Gramsci

da "Lettere dal Carcere"

 

 

Venerdì 13 Marzo presso la Sala San Marco di Trivignano si è svolto un interessante evento che ha coinvolto il Coro Marmolada e l’ Associazione Nazionale Alpini (ANA) di Mestre e di Venezia: uno spettacolo multimediale intitolato “… Con l’Anima in spalle “ dedicato all’analisi ed alla storia della Grande Guerra a 100 anni dal suo inizio. Attraverso informazioni storiche puntuali e dettagliate coadiuvate anche da immagini e da video sulla “macchina bellica”, letture di autori che descrivono il conflitto stesso (Ungaretti, Lussu, Gadda, De André, per non citare che i più famosi) e cante “ a tema” eseguite dal coro, lo spettacolo ha cercato di raccontare un dramma che seppur accaduto un secolo fa diviene ora, con l’attuale situazione internazionale, di estrema attualità.

Il tutto è stato presentato senza false retoriche, quasi sottovoce e dedicato a “tutti coloro, civili e militari ai quali la Guerra non ha consentito di veder continuare la loro giovinezza, la loro vita”.

Lo spettacolo ha dunque  svolto una duplice funzione: quella di ricordare e quella di difendere la memoria da una sempre più diffusa forma di revisionismo storico, che sfiora a volte il negazionismo.

All’ingresso del  memoriale del Campo di Concentramento di Dachau in Germania appare una scritta del filosofo e poeta spagnolo George Santayana: “Chi non ricorda il proprio passato è destinato a riviverlo”.

Per il Coro Marmolada è stato un modo nuovo nel presentarsi al pubblico: non solo concerto ma cante inserite all’interno di un contesto storico ben preciso, come la celebre e toccante “Alpini in Libia” composta tra gli Alpini del Battaglione Saluzzo mentre combattevano i Turchi e le tribù libiche locali.

Molte delle cante inserite nello spettacolo seppure all’interno di un contesto bellico non sono “sulla guerra” ma “nella guerra” con soldati che ripensano alle loro famiglie a casa, con donne che pregano per i loro mariti, figli o fidanzati ( e la struggente “Ai preât le bièle stele“ ne è un ottimo esempio), con l‘ingenua speranza che tutto si sarebbe risolto in poco tempo “… tra quattro o cinque mesi mi vegno congedà” come dicono le parole di “Senti cara Nineta”.

Non è stata solo un’operazione di mera nostalgia, ma di profonda e lucida riflessione che ha permesso ad ogni singolo partecipante all’iniziativa ( i singoli coristi, il maestro del coro Claudio Favret, Franco Munarini,  Presidente del Centro Studi dell’ANA di Venezia, e i due lettori non membri del coro- la moglie di un corista e chi vi scrive, futuro corista, oggi solo “allievo” di cogliere aspetti poco  noti della vicenda e, perché no, emozionarsi.

Lo spettacolo si è concluso con l’esecuzione in lingua italiana di un canto popolare ceco della seconda metà dell’800 adottato dalla Cecoslovacchia nel 1918 e divenuto, con la creazione della Repubblica Ceca, nel 1993, il suo Inno Nazionale.  È un canto che parla di patria non con mire separatistiche, ma di vicinanza, appartenenza, affetto verso la propria terra e la propria casa (il titolo originale “Kde damov mûj” significa “Dov’è la mia casa”). Questo dolcissimo canto ha voluto anche ricordare i soldati della Legione Cecoslovacca alleata dell’Italia dal 1917.

Un grande scroscio di applausi alla fine dello spettacolo ha dimostrato al Coro Marmolada e agli organizzatori che l’obiettivo prefissato era stato raggiunto.                 

Sarà ora impegno di tutti “esportare” questo spettacolo altrove, specie tra i giovani (il primo grande appuntamento del genere sarà quello del 18 Aprile prossimo presso il Liceo Artistico Statale “Michelangelo Guggenheim” di Venezia.

Un piccolo contributo, senza dubbio.

Un contributo tuttavia assai importante perché aiuta a costruire una coscienza storica. Del resto il cantautore Francesco De Gregori diceva in sua bella e famosa canzone:  “la storia siamo noi …”