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Marmoléda

MARMOLÉDA - Periodico dell'Associazione Culturale Coro Marmolada di Venezia

Giugno 2016 - Anno 18 -n.2 (68)

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UN SABATO SERA DIFFERENTE (*)

di Adelio Lombardo

 

Don Nat aveva scatenato tutti i suoi collaboratori, vicini lontani tiepidi e anche freddi.

Evento: sabato sera in chiesa. Coro: “I crodaioli di Bepi de Marzi” in concerto. Titolo: “il coraggio di sperare”. Al sabato… ma per piacere… Guardo l’orologio. Si inizia alle 20 e 30. Sono le 20 e 05. Va bene, vediamo di che cosa si tratta.

Entro in chiesa alle 20:15. Caspita!!! Quasi piena e la gente continua ad arrivare. Mi siedo al mio solito posto sull’ultimo banco. La gente, privata dalla tele, riprova il gusto di parlare insieme…

Alle 20:45 dalla porta della sacrestia spuntano i componenti del coro e vanno a schierarsi sull’altare. Giù dei gradini c’è il Bepi de Marzi. Non deve spiegare niente. Si capisce subito che appena alza una mano tutti, ma proprio tutti tutti ammutoliscono. Introduce le canzoni con brevi spiegazioni. Complice il luogo si parla di Maria la mamma di Gesù e dopo il coro canta la casa per un popolo di ex emigranti: la casa è il luogo dove si desidera tornare… sempre. Esattamente come i migranti che il Papa è andato a benedire nel mare Egeo. Non sono numeri, sono persone.

Il concerto continua: con il canto ”i bambini del mare” (e tutti ma proprio tutti) pensano alle immagini dei piccoli corpi rivolti a faccia ingiù sulla battigia . Queste immagini hanno commosso il mondo che ha già dimenticato. Ecco, una canzone in chiesa di un sabato sera diverso serve per suscitare il ricordo. Il maestro De Marzi spiega il titolo “Nokimà”, l’equivalente nostro di “fai la nanna” Lo cantavano ad Auschwitz le mamme denudate e rapate a zero ai bambini piccoli che tenevano in braccio, avviandosi verso le camere a gas. Un canto eseguito suscitando emozioni profonde e facendo venire gli occhi lucidi… mai dimenticare!

Il concerto prosegue: ora si canta Maria Lassù, c’è una cappellina a quota 3750 metri sulla cima della Marmolada. Da lassù Maria guarda in basso e ci ascolta. Ayas, l’ultima neve, canta la valle fra le montagne dove siamo nati, dove c’è casa e dove vorremmo tornare forse… un giorno: nostalgia dei luoghi. E poi… poi Fodom (la Marmolada), poi Jola (nell’eco), poi Cantare (i fiori di maggio), poi ”Scapa oseleto” (l’ultimo volo) alleggeriscono - sempre con una vena di dolce malinconia - l’atmosfera che ormai si è creata fra coro e pubblico. Oh, la pace, la pace che grande sogno la pace… la canzone che la sottolinea si chiama “Volano le bianche” con le parole di Mario Rigoni Stern, uno che la guerra l’ha fatta veramente. “Sanmatio” (la fiaba della nonna) col dolce suono della sua voce che in dialetto (la lingua del cuore) ci raccontava le fiabe dopo la preghiera. Ed infine la “Pavana”, in doppio coro che richiama le polifonie cantate in Basilica di San Marco ai tempi di Gabrieli, rispondendo da un matroneo all'altro… da quelle radici antiche la nostra cultura.

Una volta si cantava in chiesa ma anche per la strada, vogando la barca. Non esisteva l’inno: è venuto dopo e non serve a niente se non ad esaltare una tifoseria becera e ignorante che si accultura di televisione e calcio. La poesia della barcarola ”E mi me ne so ‘ndao”: vita di lavoro dura, armonia delle luci lagunari e poesia dei calli sulle mani, tutto condito da musica.

Il mistero del cielo… non lo capiremo mai veramente!

Ecco che il concerto sta per concludersi… Il Maestro invita i coristi del coro Marmolada perchè si uniscano ai Crodaioli. Improvvisamente il numero dei coristi sull’altare passa da 29 a 37. La canzone è unica, è una preghiera accorata: “Signore delle cime”. Canta il coro, cantano gli spettatori, il maestro accompagna con l’organo. In questa simbiosi , noto che qualcuno, più di qualcuno si soffia silenziosamente il naso per asciugare una lacrima.

Possibile? Magie della musica e dell’ambiente. Sarà l’effetto di pregare insieme in maniera non convenzionale e di essere stati testimoni di due miracoli che ci fa commuovere. I due miracoli? E' presto detto: trecento persone sradicate dal divano e di casa un sabato sera a vivere una serata diversa e a pregare, cantando insieme con la musica dei Crodaioli. Il secondo miracolo? Facile: durante tutto il concerto non è suonato neanche un telefonino!

Dimenticavo: battimano e applausi scroscianti e a lungo dopo ogni canzone e alla fine, salvo un silenzio pesante come il mondo dopo la canzone dei bambini di Auschwitz.

Allora si può!

 

(*)La pubblicazione di questo articolo, già inserito a pag. 2 di “Comunità e Servizio” (settimanale della Parrocchia di San Giuseppe di Mestre) del 24 aprile 2016, è stata autorizzata da don Natalino Bonazza, parroco della suddetta parrocchia, che ringraziamo.