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Marmoléda

MARMOLÉDA - Periodico dell'Associazione Culturale Coro Marmolada di Venezia

Ottobre 2016 - Anno 18 -n.3 (69)

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L'italiano, patrimonio da tutelare

 

   di Luigi Cerocchi

 

PREMESSA

 

L’amico Cerocchi arricchisce, dopo il suo intervento nel Notiziario di Dicembre con le sue riflessioni sulla buona architettura e la buona musica, figlie entrambe della comune matrice, l'armonia,  una nuova rubrica del nostro giornalino -forse da inaugurare ufficialmente-,  una pagina ' speciale ' da mettere a disposizione di interventi per così dire 'contestuali', non strettamente musicali, ma collegati intimamente ai mondi -quello linguistico tra gli altri, come quello artistico-estetico- nei quali, o attorno ai quali, vive pure il nostro cantare ' in bellezza, amicizia ed armonia '. In questo caso il ragionamento corre sul filo esposto, tecnicamente e storicamente, della relazione tra identità e lingua, lingua e contestualità storico-geografica, lingua come autorappresentazione affettiva e collettiva di un popolo e lingue come ponticelli inevitabili della buona relazione d'amicizia e comune interesse o, deprecabilmente -quante volte nella storia- quali sbarramenti di conterminazione, isolamento, rarefazione delle speranze-necessità di pacifica convivenza.

E il riferimento di Luigi, a mo' di ' pietra di paragone ', a un concerto 'multietnico ' e felice tocca molto da vicino il nostro sentire di cittadini desiderosi di pacifici rapporti di vicinato, e cantori di comuni emozioni e vicende -quelle appunto che le guerre spengono scaraventando al reciproco folle massacro contadini contro contadini, poveri lottatori per la sopravvivenza contro i loro simili, ma solo segnati dall'appartenenza ad altro confine invalicabile e armato- ma anche, legittimamente, cittadini di una costituzione che detta regole sudate e insanguinate di convivenza, non certo da mettere in discussione con la ridicola pretestuosità della preminenza identitaria di una lingua ' non-italiana '. Cosa comunque complessa e in qualche modo inquietante, sulla quale riflettere anche noi che cantiamo la pace e l'amicizia...appunto!

                               

Mi è capitato di leggere in questi giorni,  su un noto giornale nazionale, con non poca amarezza, un articolo dal titolo “Cartelli in italiano a rischio”, e in altra parte dello stesso giornale,  un altro articolo, a firma del ministro degli esteri, Paolo Gentiloni, dal titolo “l’italiano, patrimonio da tutelare”.

Mentre il primo articolo riporta alla ribalta il problema delle rivendicazioni autonomiste  Altoatesine  o del Sud Tirol, ed in particolare  del bilinguismo, che nella fattispecie riguarda l’ iniziativa della SVP di  sradicare la denominazione italiana dai cartelli dei luoghi e dei numerosissimi toponimi, il secondo articolo sottolinea  per contro l’importanza della lingua italiana nel mondo.

Ci si preoccupa, a livello governativo, come è giusto che sia, della diffusione dell’italiano nel mondo (inteso come lingua), ma nello stesso tempo lo stesso Governo sembrerebbe propenso a cedere alle pressioni della SVP contro la diffusione della lingua italiana e del bilinguismo nei toponimi dell’Alto Adige, cioè all’interno dei nostri confini, ignorando che il bilinguismo è protetto da un ’obbligo costituzionale.

Sembrerebbe un paradosso, ma a mio parere è proprio cosi.

Secondo Gentiloni, in occasione della seconda edizione degli Stati Generali della lingua italiana nel mondo, prevista a Firenze nella settimana tra il 17 ed il 23 ottobre, devono essere incentivate le aspettative, degli italiani all’estero, soprattutto  degli studenti di origine italiana, che  “vogliono conservare un legame con le loro radici”, specie in quei paesi dove è stata più forte l’emigrazione italiana, come la Germania, la Francia, l’Australia, gli Stati Uniti e l’Argentina e che” , sempre come recita l’articolo, “domani saranno i turisti che visiteranno il nostro Paese, i consumatori che apprezzano il made in Italy e gli imprenditori che investiranno in Italia in quanto cittadini del mondo che amano la nostra cultura e il nostro stile di vita.

Non solo gli studenti di origine italiana, ma anche gli stranieri, che, pur privi di un legame di sangue, sono interessati alla lingua italiana: vuoi per motivi professionali, vuoi per vicinanza geografica, vuoi perché attratti dalla cultura italiana in senso lato (arte, musica, design, gastronomia, ecc.)”.

Lo stesso articolo del Ministro sottolinea come il “promuovere di più e meglio l’italiano all’estero è un impegno comune di tutto il Governo – a cominciare del Presidente del Consiglio e dai Ministeri dell’Istruzione e della Cultura”.

Altra contraddizione la si riscontra  tra la necessità di questa promozione della lingua italiana, e quindi  di attrattiva per l’Italia e per l’italianità, e la sempre più crescente fuga dei cervelli all’estero. Studenti e lavoratori d’ingegno che decidono di completare gli studi e il perfezionamento all’estero, nonché la formazione professionale specialistica, mettendo a disposizione di quei paesi il loro intelletto, con scarse prospettive di riportare in Italia il loro arricchimento culturale e scientifico da mettere a disposizione per la crescita del nostro Paese, cosa che invece il governo sembra auspicare solo per gli studenti e i lavoratori stranieri in Italia.

A parte l’attuale impotenza dei nostri governanti per impedire, o per  lo meno contenere, detta fuga di cervelli all’estero, auspicando piuttosto attrattive per gli studenti stranieri o di origine italiana nelle nostre università e nel nostro sistema culturale e produttivo, affidando alla lingua italiana quell’importante ruolo di comunicazione che merita, che i sempre più diffusi “inglesismi” tendono a soffocare, perché non ci si preoccupa altrettanto di salvaguardare l’italianità in Alto Adige?

E’ vero, la maggioranza della popolazione è di lingua tedesca e l’annessione dell’Alto Adige all’Italia è storia relativamente recente e, come ben si sa, non conquistata  sul campo, nonostante i numerosi  ripetuti infruttuosi ed inutili tentativi di sfondamento dei fronti dolomitici verso il versante altoatesino, pagati  a carissimo prezzo nella grande guerra. Comunque, piaccia o non piaccia, l’Alto Adige da cento anni è Italia, cioè territorio italiano, e poi la popolazione non di lingua italiana non è solo tedesca, ci sono ampie vallate di lingua e di tradizioni ladine, che non hanno nulla a che vedere con le popolazioni tedesche, piuttosto con la latinità.

Gli italiani vi furono importati in massa durante il regime fascista, con l’intenso processo di italianizzazione, cessato solo dopo l’armistizio del ’43, quando l’Alto Adige fu occupato dalle forze tedesche, con il prepotente ripristino della lingua tedesca e la richiesta di annessione alla Germania che però venne negata da Hitler. Seguirono richieste di annessione da parte dell’Austria, tacitate con il famoso accordo di Parigi del ’46 De Gasperi-Gruber,  che, pur confermando la sovranità italiana e i diritti della popolazione italiana, concesse alla popolazione di lingua tedesca, allora minoritaria, ampia autonomia. Tuttavia il malcontento che ne seguì da parte degli irriducibili di lingua tedesca portò alle note vicende rivendicative, anche violente, degli anni cinquanta e primi anni sessanta. Rivendicazioni che sembravano definitivamente risolte con gli accordi del famoso “pacchetto Alto Adige” Moro- Waldheim, che riconosceva ancora ampi diritti alle due comunità etniche e che soprattutto concedeva consistenti finanziamenti all’Alto Adige.

Con l’italianizzazione dell’Alto Adige, e a seguito dei succitati successivi accordi, che riconoscevano i diritti della popolazione di lingua tedesca e il riconoscimento istituzionale della lingua italiana, si consolidarono anche le tradizioni e la cultura italiane, ed il citato “pacchetto” contribuì notevolmente al rilancio economico dell’area, cui si aggiungono a tutt’oggi le copiose entrate assicurate dall’intenso turismo italiano,  senza le quali l’Alto Adige difficilmente potrebbe governarsi, visto anche che ormai  all’Austria poco interessa caricarsi di ulteriori oneri. E poi le tradizioni, il folclore e la cultura dell’Alto Adige, nei loro connotati plurilinguistici e multietnici, sono anche italiani, nel senso che quelle tirolesi si integrano perfettamente con le nostre espressioni culturali e di costume. 

Ricordo come qualche anno fa,  in vacanza in Alta Badia, ebbi modo di ascoltare cori altoatesini, veneti, trentini e di altra provenienza. Ci fu una calorosissima partecipazione tra pubblico ed esecutori. Ricordo in particolare il Coro “Sasslong” di Selva di Val Gardena, che si esibì con canti di tre tradizioni linguistiche: ladino, tedesco e italiano, questi ultimi molto noti o comuni ai nostri cori, con numerosi testi di Bepi De Marzi e Luigi Pigarelli ed armonizzazioni di Gianni Malatesta. I successivi scambi di opinione ed i  commenti con i coristi furono di una piacevolissima condivisione di appartenenza identitaria e di reciproco riconoscimento su tutti  i temi trattati.

La scellerata  proposta di eliminazione della lingua italiana dalla toponomastica, oltre a violare la Costituzione, mutilerebbe l’Alto Adige di una sua componente sociale e culturale essenziale.

Ora i politici locali e le sedicenti Commissioni, stanno provando di tutto per aggirare l’ostacolo istituzionale, grazie anche ai tentennamenti della Corte Costituzionale. A tal fine concorrono l’ intesa tra  l’ex Ministro Raffaele Fitto e il presidente della Giunta Altoatesina  Luis Durnwalder, e la più recente posizione  del Ministro Del Rio,  volte “ad addolcire la pillola” proponendo di rimuovere solo le scritte italiane dei luoghi minori, mantenendo il bilinguismo nei centri maggiori (operazione chiamata dalla Commissione dei sei Stato/Provincia, voluta dalla SVP, “ghigliottina intelligente”), se non che, guarda caso, i toponimi minori rappresentano più del sessanta per cento di tutte le località della provincia di Bolzano.

Per fortuna, come riporta l’articolo di Federico Guiglia, nel richiamato quotidiano nazionale, sono gli stessi docenti di lingua tedesca a sostenere la difesa della lingua italiana!!. Il recente ”appello dei 48”,   cioè la ferma posizione dei 48 personaggi del mondo accademico italiano e  tedesco,  dall’intera Accademia  della Crusca alla Presidenza all’Associazione internazionale dei docenti di lingua tedesca, si è unito per esortare le istituzioni, a partire dal Presidente della Repubblica, ad intervenire contro il tentativo in corso di far sparire in silenzio lo straordinario patrimonio storico-linguistico che l’Italia ha coltivato per decenni nella terra plurilingue dell’Alto Adige.”