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Marmoléda

MARMOLÉDA - Periodico dell'Associazione Culturale Coro Marmolada di Venezia

Dicembre 2016 - Anno 18 -n.4 (70)

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Canti "degli alpini" o "per gli alpini" ... e altro

di Sergio Piovesan 

 

«È difficile nascano ora nuovi canti popolari degli Alpini. E proprio per questo abbiamo il dovere di far conoscere il repertorio di ieri: senza enfatizzarlo, col preciso obiettivo di testimoniarlo a giovani e giovanissimi. Crediamo sia fondamentale anche per far capire quanto sia alto e doloroso quel concetto di eroismo che a volte si celebra malamente, e quanto siano inutili le guerre: tutte le guerre».

Con queste parole si esprime il Maestro Massimo Marchesotti, direttore del Coro A.N.A. di Milano in un'intervista ad "Avvenire", concetto condivisibile al cento per cento.

Ed è con questi intenti che anche noi del "Marmolada" -in questi anni nei quali si ricorda il centenario della Grande Guerra- ci presentiamo al pubblico con un repertorio a volte dedicato completamente a questo tema, come ad esempio lo spettacolo di canti, immagini e letture dal titolo "... con l'anima in spalla... ", in collaborazione con la Sezione A.N.A di Venezia, e, altre volte con un repertorio nel quale una parte è dedicata appunto ai canti cosiddetti "degli alpini" che spesso son anche canti "per gli alpini", come giustamente li definisce il sunnominato maestro indicando in questi ultimi quei canti d'autore scritti nella seconda metà del secolo scorso. Ad esempio citiamo gli ormai famosi canti di Bepi De Marzi, alcuni dei quali con i testi di Carlo Geminiani, "Joska laRossa", "L'ultima notte" ed altri solo suoi come "Le voci di Nikolajewka" e "Il Golico".

Qualcuno afferma che questi sono repertori che non attirano i giovani; forse può essere vero, ma  non è detto che uno spettacolo o un concerto debbano essere, sempre e solo, compiacenti con il pubblico, ma devono anche avere un'impronta "educativa" e di stimolo al pensiero.

Il Maestro Marchesotti, fra l'altro, interviene su un altro argomento:  «... Bisogna spiegare alla gente quanto fai, se vuoi che resti, e per riuscirci devi fare programmi a tema, se passi da "La tradotta" agli spiritual non fai che alimentare una banalizzazione degli Alpini che finisce con la tremenda e fasulla equazione Alpino uguale vino. E poi bisogna osare, visto che questi canti denunciano la guerra più di molte canzoni d’autore di oggi, che è un peccato».

Penso che questo suo pensiero sia rivolto soprattutto ai cori dell'A.N.A. che possono e devono -molto spesso-  presentare canti "alpini" anche perché sono nati per questo. Differentemente altri cori -come il "Marmolada"- che nel corso degli anni, dal 1949 a oggi, ha fatto un percorso musicale variegato, può anche presentare concerti a tema, senza che siano tutti canti alpini o canti d'emigrazione o canti d'amore, e questo deve tener conto della preparazione, da parte del maestro, del repertorio e dal recepimento dello stesso da parte del presentatore, sempre che non sia il primo a svolgere questa funzione.

In questa intervista, però, Marchesotti non dice cose che, invece, ha detto in passato a proposito del canto alpino, cose molto giuste e condivisibili e cioè "... un coro alpino o non alpino deve cantare e l’impegno dei coristi e del direttore è far cantare e cantare… bene.”.

Ed allora l'"imperativo categorico" è ... CANTARE BENE, al di là dei repertori e dei tipi di canti.

 

Per chi volesse approfondire l'argomento e leggere tutta l'intervista questo è il link al quale collegarsi: 

https://www.avvenire.it/agora/pagine/alpin-10f8b67e7057450f99659ff4d24c3b4b