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Marmoléda

MARMOLÉDA - Periodico dell'Associazione Culturale Coro Marmolada di Venezia

Marzo 2017 - Anno 19 - N. 1 (71)

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  ...E SUONERA' LA CETRA ALL'INFINITO....

                                      di Alessandro Zanon

Avrete sicuramente riconosciuto le parole di “E canterà” la bellissima canta che Bepi De Marzi ha dedicato ad un suo corista de “I Crodaioli” che è “andato avanti”.

Credo che non ci siano problemi a comprendere le parole “E suonerà con l'arpa della luna” ( a meno che non sappiate cosa sia la luna...)

Più difficile, invece, è capire cosa sia la cetra che il corista suonerà all'infinito.

 

La cetra è uno strumento diffuso nell'Antica Grecia, tanto che una delle professioni più diffuse all'epoca era quella di 'citaredo' o suonatore di cetra.

In Grecia era chiamato “Khitàra” da cui derivano sia la parola 'chitarra' che la parola indiana 'sitar' (la tipica chitarra indiana che ha avuto come grande maestro Ravi Shankar).

L'origine dello strumento è però molto più antica: era uno strumento già usato nell'Antica Persia e proprio dal persiano ha preso il nome:  da “charar” che significa quattro e “Tar” che significa corde.

Uno strumento quindi che in origine, come tutti quelli dell'area vicino  e medio  orientale, aveva quattro corde.

 

Lo strumento si è rapidamente diffuso in tutta l'area mediterranea. Oltre che in Grecia, dove quasi sempre le corde sono minimo cinque, era molto diffuso con il nome di “Kinnòr” nel Regno di Israele.

Lo stesso Re Davide pare fosse un suonatore provetto e con l'accompagnamento di kinnor ha composto il Libro dei Salmi (se vedete sotto il numero del Salmo quasi sempre c'è scritto. “Salmo. di Davide. Per cetra” ecc.)

Esiste un grande lago in Israele, conosciuti in Italia come Lago di Tiberiade o di Genazeret. Gli ebrei lo conoscono come Kinneret ( o “Lago delle cetre”) forse per via della sua forma che ricorda vagamente quella di una cetra o forse perché alle sponde del lago i mendicanti suonavano la cetra.

 

Esistono tuttora moltissime versioni della cetra, ma i più diffusi sono quello austriaco chiamato “Zither” o cetra da tavolo e quello ungherese detto “Cytàra” che esiste in versione soprano, contralto, tenore, baritono e basso.

 

Questi due ultimi tipi sono talmente grandi che è assolutamente impossibile usare le mani per suonarli e si usa quindi una sorta di coppia di cucchiai in ferro che percuotono le corde. Si parla in tal caso di “Zymbalom” strumento adoperato anche da grandi musicisti ungheresi come Bela Bartok e Zoldan Kodaly.

 

La Zither é diventata famosissima quando appare nella colonna sonora del film di spionaggio “Il terzo uomo” nel celebre tema di Harry Lime composto ed eseguito  magistralmente da Anton Karas.

Vi invito a cercare il brano (“Harry Lyme Theme”)  eseguito da Karas su You Tube.

 

 E' molto bello da ascoltare, ma, credo, ancora più bello da vedere.

 

L'autore di questo articolo possiede sia una Zither (che non sa suonare) sia una  Cytàra (che non suona come un virtuoso ma se la cava dignitosamente).

L'emozione più grande l'ho provata quando con un gruppo di musiche popolari l'ho suonata alla presenza del Patriarca Marco Ce in visita pastorale alla Madonna dell'Orto. E' stato favorevolmente impressionato da questo “strano” strumento e mi ha chiesto di insegnargli a suonare. E così, invece di predicare, il patriarca  perlomeno per cinque minuti si è messo a suonare la cetra.

 

 

Parlando di cetra ci viene in mente una famosa casa discografica nota come FONIT CETRA. Qua  lo strumento a corde non c'entra proprio niente.

La CETRA (Compagnia per Edizioni, Teatro, Registrazioni e Affini) nacque nel 1933 a Torino per volontà della cosiddetta Eiar ( l'antenata dell'attuale RAI).

Nel 1957 la CETRA si fonde con la FONodisco Italiano Trevisan) o FONIT, facendo nascere, appunto, la Fonit Cetra

 

Esiste poi un quartetto famoso a livello internazionale:il Quartetto Cetra. In tal caso si chiamano Cetra dal suo significato originale “Quattro” (“corde”)

 

Per concludere, dato che siamo in periodo di rinnovo delle cariche sociali, permettetemi attraverso queste righe di ringraziare chi ha svolto i diversi compiti sinora e di augurare ai prossimi, chiunque venga eletto, un buon lavoro.