Torna alla pagina principale di

Marmoléda

MARMOLÉDA - Periodico dell'Associazione Culturale Coro Marmolada di Venezia

Ottobre 2017 - Anno 19 - N. 3 (73)

 

 

Cantare e fare coro

di Enrico Pagnin

Il nostro “capo-redattore” di "Marmoléda" ( Sergio) mi ha mandato il link di un articolo comparso in una rivista di canto corale, da sintetizzare e commentare.

Molto bello e fonte di riflessione, avrebbe però comportato troppo spazio inserirlo integralmente nel nostro giornale.

Il link è questo: http://www.farcoro.it/stile-e-interpretazione-canto-popolare.html

Il titolo dell'articolo è "SULLO STILE E SULL’INTERPRETAZIONE DEL CANTO POPOLARE" e l'autore, dopo aver presentato degli esempi per arrivare ad una precisa definizione di “stile” e di “interpretazione”, entra nel vivo della questione con le parole che riporto virgolettate: «...dobbiamo tener conto che i gruppi spontanei (principalmente legati al piacere del canto corale armonizzato) si sono trasformati in cori, affrontando via via le problematiche di tecnica vocale per sostenere il canto elaborato a più voci, riconoscendosi così più in scuole corali che in semplici forme di aggregazione, unite solo dalla passione innata del canto. Le nuove esigenze e tendenze, tuttora in evoluzione, sono sempre più in continua ricerca di risultati raffinati, ma non per questo in contraddizione con lo stile popolare.»

Qui tocchiamo un punto doloroso e comune a tanti cori: la presenza di coristi che non riescono a capire la differenza tra il semplice cantare in compagnia e il fare coro. Da cui la poca propensione a impegnarsi  per raffinare la propria tecnica vocale.

Fondamentale poi è il seguente passo «... Per me quello che resta certo è che i valori del canto popolare sono un condensato di alcuni caratteri d’identità come: ingenuità, immediatezza, semplicità, brevità, coinvolgimento diretto, mancanza di pretesa aulica, freschezza, senso del divertimento, vivacità nello spazio istintivo della fantasia, che solo il compositore attento nel suo operare ed elaborare li sa rendere sempre emergenti e che nel loro insieme creano lo stile. »

Qui mi permetto di aggiungere che proprio sulla base del lavoro del compositore, il direttore del coro si fa INTERPRETE, per non correre il rischio di ripetere pedissequamente il lavoro altrui, consapevole che la copia è sempre inferiore all'originale.

Continua l'articolo: «... Per me non potrà mai essere fuori stile un coro dotato di un’eccellente padronanza tecnica, con una perfetta intonazione, con un’ottima fusione ed equilibrio tra le voci a sostegno della purezza della melodia popolare, avvolta nel suo dialetto e nelle sue nuove armonie, se attento a rendere il brano denso di contenuti espressivi. Nessuno potrà mai dire che un coro è fuori stile perché canta troppo bene (è un rischio che in musica non si corre!). Si potrà invece dire che quel coro è alla continua ricerca di canoni estetici e modi interpretativi sempre maggiormente raffinati. »

L'autore (il maestro Giacomo Monica) porta poi degli esempi concreti presentando Autori e Cori con nome e cognome, a sostegno della sua tesi.

Certo è impossibile non essere d'accordo con lui e così acquista senso lo sforzo (che temo essere fatica di Sisifo ...) del nostro Claudio nel cercare uno stile "Marmolada-Favret".