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MARMOLÉDA - Periodico dell'Associazione Culturale Coro Marmolada di Venezia

Marzo 2018 - Anno 20 - N. 1 (75)

 

 

Evoluzione del canto corale di ispirazione popolare

di Enrico Pagnin

E' esperienza comune conoscere  semplici e tradizionali melodie, che uno ha sentito canticchiare fin da quando era bambino. Queste diventano canto vero e proprio quando più persone provano a eseguirle tentando, ad orecchio, semplici invenzioni armoniche. Si pensi al canto nei luoghi di lavoro, nelle osterie, nelle gite, in famiglia attorno ad un focolare.

Se poi qualche musicista affermato prova a raffinare le armonie e a creare dei controcanti e invenzioni ritmiche, ne risultano quei brani che hanno fatto la storia del canto corale popolare e che vengono eseguiti anche ai nostri giorni.

In entrambi i casi, lo scopo del cantare è sì la gradevolezza estetica, ma soprattutto l'espressione di emozioni e sentimenti. In particolar modo, quando il brano esprime valori culturali e poetici nei quali lo spettatore si identifica.

In Italia il canto corale di  musica e argomento popolari inizia, come è noto, con il coro della SAT e, per decenni, tutti i nuovi cori hanno scelto il suo repertorio e ne hanno imitato lo stile.

Anche cori tecnicamente  inferiori alla SAT hanno ottenuto grande successo, perché nella società erano ancora vivi  usi e costumi, leggende e tradizioni, proverbi e canzoni, filastrocche e giochi. E lo spettatore si “abbandonava” al flusso di emozioni.

Anche composizioni di autore, come ad esempio “Signore delle Cime” o “Stelutis alpinis”, poiché toccavano le corde più profonde di quella società  sono, di fatto, entrate nella tradizione popolare del nord-Italia.

Pure in questo tipo di canto  c'è stata evoluzione, bene resa dalle parole con cui il coro “Tre pini” di Padova narra la sua storia “Alla fine degli anni Cinquanta, Gianni Malatesta decide di lanciare la sua sfida al manierismo trentino allora imperante nel campo della musica di ispirazione popolare, fondando (nel 1958) il suo Coro”.

Per prima cosa entrano nei repertori, oltre ai canti tradizionali, anche classici della musica leggera italiana e americana, adattamenti polifonici di brani di musica classica, sacra e profana.

Ma vengono proposti anche nuovi modi di cantare, più flessibili nell'espressione, perché attenti al mondo della musica leggera, compresa quella pop e rock e del  jazz. E' un fiorire di armonizzazioni raffinate, fresche, originali.

Però la sensibilità dello spettatore va mutando: si assiste a una profonda trasformazione della società, nella quale un ruolo sempre maggiore assumono valori come quelli del benessere e del consumo. Non solo: radio, televisione, cinema, impianti Hi Fi e ultimamente computer determinano modi diversi di percepire e ascoltare musica.

La possibilità di entrare nella sfera emozionale-affettiva dello spettatore diventa, così, direttamente proporzionale all'età di quest'ultimo. Per i più giovani, temi “classici” del canto popolare come la guerra, la povertà, il lavoro duro,  i forti condizionamenti nell'amore, la morte giovane non sono oggetto di riflessione. Antiche e famose leggende e citatissimi proverbi sono addirittura ignorati.

La cosa paradossale è che mai, come in questi anni, siamo bombardati dalla musica: centri commerciali, locali, feste, cellulari..., ma è una fruizione puramente passiva e non ascolto intenzionale.

Consapevole che si rischia di perdere per sempre un aspetto fondamentale del patrimonio culturale, il mondo del canto corale popolare, in primis armonizzatori e maestri di coro, cerca, mediante innovazione e sperimentazione, di rendere interessanti e godibili anche per la società di oggi quei canti amati e conosciuti dalle generazioni precedenti. E così sorgono cori che utilizzano una componente strumentale. Altri che si affiancano a spettacoli coreografici. Altri ancora si inseriscono in piani di educazione musicale nella scuola. Per non parlare di quelli che si cimentano in armonizzazioni molto complesse o, addirittura, propongono una nuova composizione  del brano tradizionale.

Servirà?

Prendo da Internet frammenti di cosa ne pensano i “mostri sacri “ del canto corale popolare.

Bepi De Marzi riporta  un dialogo con Rigoni Stern “Il pubblico tradizionale che noi dei cori maschili abbiamo goduto per anni e anni non c’è quasi più. E sono mutati di molto i repertori ...”.

Mauro Pedrotti “Oggi non ci sono più le condizioni che avevano favorito, particolarmente nel secondo dopoguerra, la nascita di tanti cori amatoriali … I giovani hanno altri interessi e sono sballottati tra mille attività, volenti o nolenti. Telefonino e facebook sono ormai al centro del loro universo “.

Paolo Bon “Tuttavia oggi noi assistiamo effettivamente ad un certo calo di interesse della coralità per queste tematiche, … “.

Gianni Malatesta “Per portare avanti i cori maschili di ispirazione popolare è necessario coinvolgere quanto più possibile i giovani, incentivandoli ad entrare in questi cori e sostituendo gli stanchi coristi maturi. “.

Massimo Corso “Ma sarà anche necessario che questo genere popolare venga insegnato nelle scuole, nelle forme più genuine ed in maniera più concreta di quanto non sia stato fatto fino ad oggi, soprattutto in quelle aree geografiche dove è nato. Senza questo fondamentale contatto con le giovani generazioni il suo futuro potrebbe risultare problematico. “.