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MARMOLÉDA - Periodico dell'Associazione Culturale Coro Marmolada di Venezia

Giugno 2018 - Anno 20 - N. 2 (76)

 

 

Vi racconto un canto:

 

"Pasta, fagioli e ceci"

 

di Sergio Piovesan

 

Dal 2004 il servizio militare di leva obbligatorio, popolarmente chiamato "naia", non esiste più; oggi il servizio militare è solo volontario.

Ormai chi ha fatto la "naia" è oggi una persona adulta o anche anziana e i ricordi, a volte, vanno a quel periodo che, secondo i singoli casi, può essere stato più o meno gioioso e scanzonato, ma anche noioso e una perdita di tempo.

Soprattutto nei tempi andati, prima quindi degli attuali ex, compreso il sottoscritto, durante il periodo di leva si cantava e, ancora prima, nascevano nuovi canti all'interno dei vari reparti, canti che raccontavano la vita del soldato.

Con questa premessa vi voglio presentare, quindi, un canto, risalente forse ad un centinaio di anni fa, che racconta, in modo leggero e scanzonato, una particolarità della giornata in caserma, il rancio, in altre parole i tre momenti in cui i soldati erano chiamati a rifocillarsi.

Erano momenti, annunciati da squilli di tromba, che prevedevano l'adunata nel cortile della caserma, l'alzabandiera il mattino e l'ammainabandiera la sera. Dopo questi riti si accedeva alla mensa. 

Il menù non era certamente come quello di famosi ristoranti e neppure come quello che da civili ci preparava la mamma, ed allora ... le lamentele. Queste, però, non potevano essere plateali e tantomeno cumulative altrimenti si poteva incorrere nel reato d'insubordinazione o ammutinamento, ed allora si brontolava e si metteva in versi la situazione che si pativa, magari un po' ironici, e si cantava.

Uno di questi canti è "Pasta, fagioli e ceci" nato senz'altro in Piemonte o in un reparto di soldati di questa regione. Infatti, anche se il testo è in italiano, tuttavia alcuni lemmi o modi di dire sono rimasti ("tűtta", con la "u" pronunciata alla francese, "cartôlé", cioè cartoleria e, infine "bon parej", modo di dire che significa "va bene così").

Il canto, nell'armonizzazione del "Coro Monte Cauriol" è nel repertorio del "Marmolada" da parecchi anni, ma, come succede spesso, è stato abbandonato per diversi motivi, e di recente lo abbiamo ripreso. Diciamo che per molti coristi è un canto nuovo e, quindi, la ripresa è stata per alcuni una questione di apprendimento.

È un canto allegro che prende con "filosofia" i tre momenti: la colazione mattutina, il pranzo e la cena.

S'inizia con il caffè che all'autore non piace perché non zuccherato e lo è poco; ma, a dire il vero, forse non è questa l'unica o principale magagna, anche se non è raccontata.

Arriva mezzogiorno e ci si trova una bella pastasciutta, ma, vuoi perché non è "espressa", vuoi perché i cucinieri non si sono attenuti ai tempi di cottura, la pasta è scotta, o meglio, "...  l'è tűtta colla da cartôlé " (è tutta colla da usare nel cartonaggio),

Ed la sera, dopo una giornata faticosa ... il brodo! Magari fosse un buon brodo, ma questa è proprio "acqua calda" che va bene solo per lavarsi i piedi.

Ogni strofa termina con un'espressione caratteristica piemontese, "bon parej",. tutto "ok" si direbbe oggi.

Il ritornello "A mangiar poc se resta stracc se diventa fiacc se peu più andar" riassume, direi molto egregiamente, la situazione che, in veneziano, si può esprimere con "saco vodo no sta in pie".

Il canto, nella nostra edizione, continua con un'imitazione di banda militare che marcia lentamente e pian piano, si allontana.

L'armonizzazione a quattro voci maschili di Armando Corso, maestro dalla fondazione del Coro Monte Cauriol di Genova, ha reso questa melodia di per sé semplice, in un bellissimo pezzo musicale, dove le diverse parti si rincorrono, si contrappongano e si armonizzano.