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MARMOLÉDA - Periodico dell'Associazione Culturale Coro Marmolada di Venezia

Giugno 2023 - Anno 25 - N.3 (93)

 

Siamo quello che eravamo, saremo quello che siamo

Come l’umanità ha imparato a cantare e dove siamo arrivati.

di Sergio Piovesan

 

Questo non vuole essere uno scritto didattico (non sono un esperto della materia), ma solo una serie di spunti e di curiosità, miei in primo luogo, e dei quali ognuno potrà ampliare la propria conoscenza anche usando i link che troverete alla fine, ma non solo; infinite sono le possibilità di aggiornamento!

 

Quando l’uomo ha iniziato a cantare?

E perché?

Come siamo arrivati alle forme e modalità di canto modierne?

 

Sono domande che mi sono posto già da tempo, da quando anch’io ho iniziato a cantare in un coro (tanti anni fa), domande alle quali tento di rispondere soprattutto per soddisfare la mia curiosità.

 

Da ultime ricerche sembra che non si discenda dall’unica stirpe dell’”homo sapiens” evoluta in una determinata zona dell’Africa ma che, invece, diverse specie di simili a “homo sapiens”, e in diverse parti dell’Africa, si siano sviluppate quasi contemporaneamente fondendosi poi nei periodi successivi.

Che l’umanità abbia avuto solo ascendenze africane probabilmente non farà dormire qualcuno, ma questi si metta il cuore in pace perché è così!

 

Ovviamente per prima nacque la parola o, forse, qualche mugugno con il quale i primi uomini riuscivano a scambiarsi pareri e sentimenti, mugugni che poi si trasformarono in parole singole che, unite, formarono i primi linguaggi. E così andò avanti per millenni.

Ma le parole sono anche suoni che, se modulati in particolari forme, arrivano a creare una specie di musica primordiale. Cosa poteva significare questa “musica”? Senz’altro esprimeva qualche sentimento quali gioia, dolore, amore e altro.

Poi, fatti particolari, eventi naturali, violenti o meno, vennero attribuiti a forze superiori, alle “divinità” che potevano essere buone ma anche malvagie; ed è a questo punto che gli uomini, non più “sapiens”, ma sempre più evoluti,  dedicano spazio delle loro attività anche ad adorare divinità, a far loro sacrifici ed a pregarle per abbonirle o per ringraziarle. Nasce quindi una formulazione di preghiere che, ovviamente,  si trasformano in canti, senz’altro canti monodici.

Chi erano gli interpreti di questi canti? I sacerdoti in primo luogo.

A sostituire quella che può essere chiamata “musica preistorica” è quella che viene definita musica dell’antichità che si sviluppò  in varie regioni geografiche come MesopotamiaEgittoPersiaIndia e Cina, o in vasti bacini d'influenza culturale come quello greco e quello romano, ed è designata dalla caratterizzazione dei fondamentali quali note e scale. Inizialmente, però, è  stata trasmessa attraverso metodi orali e dopo scritti.

Si parla di musica e canto perché quest’ultimo, molto spesso veniva accompagnato da strumenti in genere a corda, ma anche a percussione.

Già questi popoli antichi iniziarono una specie di notazione musicale nella quale il testo era, ovviamente, nei caratteri usati da quei popoli.

La musica dell'antico Egitto ebbe origini molto remote, tanto da rendere gli Egizi tra le prime civiltà di cui si hanno testimonianze musicali. Il ruolo della musica era molto importante  ed essa era legata, secondo la leggenda, al dio Thot.

E ai primi strumenti a corda (arpe, cetre, lire) si aggiunsero strumenti a fiato come flauticlarinetti e arpe arcuate, con un'ampia cassa armonica. Si trovano poi i crotali, il sistro, legato ad Hathor, la tromba, utilizzata in guerra e sacra ad Osiride, i tamburi, il liuto e il flauto, sacro ad Amon.

Questa, in breve e molto semplicemente, la storia della nascita e delle prime forme di musica e di canto.

 

Nella sonorità media, comune, del linguaggio è  insito come un embrione di musica. Di questo fatto Cicerone, nell'Orator (XVIII, 57) ci dà la più  bella e sintetica definizione: "Est autem  in dicendo etiam  quidam  cantus  obscurior." ("C'è nella parlata un certo qual canto piuttosto indefinito").
Cosi  il canto sarebbe la veste fonica del linguaggio durante le emozioni eccezionali; non emozioni della sfera pratica, ma sentimentale. Quindi considerando il fenomeno sotto il suo punto di vista meramente umano e psicologico, possiamo giustificare e comprendere l'adozione del canto nella liturgia. Quando l'uomo aspira ad elevarsi e comunicare con l'extrasensibile, col divino, deve trovarsi posseduto  da un profondo stato emotivo, quasi stato di grazia; quindi eleva la preghiera  verbale alla sonorità  del canto.

 

Ma la musica e il canto moderno da dove discendono?

Senz’altro quella che conosciamo come musica attuale nasce da due filoni distinti che poi anche si fusero, e questi due filoni furono la salmodia ebraica e la poesia epica della Grecia antica. Ed è proprio in questi due mondi che si trovano, anche se poche, e comprensibili solo agli studiosi, le prime notazioni musicali che, recentemente, sono state portate in notazione moderna.

Se la salmodia ebraica era esclusivamente religiosa e serviva a cantare appunto i salmi per rendere gloria a Dio, il canto greco era religioso ma anche epico.

 

Con l’avvento del cristianesimo, sia nel mondo latino che in quello greco, preponderante fu la salmodia, ma nel mondo greco venne in parte sostituita e compenetrata dalla musica religiosa e popolare di quel popolo.

 

Poi si arrivò allo scisma. Sebbene normalmente si indichi il 1054 come anno dello scisma, ossia quando papa Leone IX, attraverso i suoi legati, lanciò la scomunica al patriarca Michele I Cerulario e quest'ultimo, a sua volta, rispose con un proprio anatema scomunicando i legati, lo Scisma fu in realtà il risultato di un lungo periodo precedente di progressivo distanziamento fra le due Chiese. 

Infatti, già da alcuni secoli prima iniziarono le differenze nella liturgia e quindi anche nella musica e nel canto religiosi. 

Si distingue ora la liturgia bizantina e il canto ortodossi in oriente e quelli latino-cattolici in occidente.

La musica liturgica bizantina ha una lunghissima storia che si perde nei meandri del tempo. E' prodotta senza strumenti dal canto di una sola voce. Si basa sui cosiddetti otto toni ecclesiastici, probabilmente nati in Siria prima dello scisma d'oriente, ma si differenzia dal canto gregoriano che segue, invece la cantillazione ebraica che è la pronuncia attenta e sfumata dell'altezza musicale delle vocali di ogni parola in un versetto del Tanakh, la Bibbia ebraica. La cantillazione cristiana viene praticata in modo particolare nel canto gregoriano che è il canto liturgico ufficiale della chiesa cattolica romana. Derivato dalla tradizione ebraica, la cantillazione gregoriana è una lettura cantata dei brani biblici, secondo l'accentuazione latina. È quindi il ritmo vocale che dirige la melodia.

 

Ma il popolo cantava al di fuori dei riti religiosi? Senz’altro sì, anche se probabilmente le melodie erano ispirate, in parte, a quelle sacre. Ovviamente non c’è nulla di scritto di quei primi anni.

Mentre il mondo greco-ortodosso restò abbastanza fermo nei canoni musicali religiosi pur esportando riti e liturgie nei mondi balcanico e russo, quello latino, pur mantenendo il canto gregoriano ampliò le proprie esperienze musicali con la polifonia, nota anche in antico, ma meno sviluppata della monodia, e che poi ebbe i suoi massimi splendori verso la metà del secondo millennio ad opera di musicisti eccelsi e famosissimi.

 

Ma il canto popolare, o più precisamente  “non religioso” come  si è evoluto in questi periodi. Come già detto, spesso il canto popolare, soprattutto nei primi tempi, si ispirava alle melodie sacre, ma nei periodi successivi avvenne anche il contrario.

Essenziali nello sviluppo della musica profana furono i trovatori e i trovieri;  non erano più testi latini ma, mentre i primi componevano in lingua d’oil (quella che diventò poi l’odierno francese), i secondi in lingua d’oc, cioè in franco-provenzale od occitano. Questi, però, non erano canti del popolo in quanto riservati alle corti dei vari signorotti medievali. I testi erano esclusivamente amorosi. 

Avvicinandosi a quello che definiamo oggi “canto popolare” ricordo, qui in Italia, i componimenti delle villotte,  forma polifonica a tre o quattro voci su testi di vario metro, nata nel XV secolo e di origine friulana, ma diffusa anche in altre zone dell'Italia settentrionale  che diede luogo a forme locali, quali la villotta alla friulana, la villotta alla veneziana e la villotta alla mantovana.

Chi portò in forma poetica la villotta fu  Ermes di Colloredo (1622 –1692) militare , fra l’altro anche al servizio della Serenissima,  e autore di poesie dotate di un grande realismo, non privo di punte satiriche e burlesche, è considerato il cantore della letteratura friulana.

Se già la villotta viene definita a tre o quattro voci, ecco che siamo arrivati al nostro modo di cantare che si evolse soprattutto nel secolo precedente iniziando il percorso  già a metà dell’800.

 

http://www.liturgiabizantina.it/musica/canti.htm

https://www.balcanicaucaso.org/aree/Grecia/Nektaria-Karantzi-la-storia-della-musica-bizantina-168520

https://it.wikipedia.org/wiki/Musica_nell%27antica_Grecia  

https://it.wikipedia.org/wiki/Musica_preistorica

https://it.wikipedia.org/wiki/Musica_dell%27antichit%C3%A0