Canti popolari (e
non) veneziani a confronto con i tempi attuali
di
Sergio Piovesan
A volte, cantando
o leggendo il testo di canti veneziani del passato, mi soffermo
sul significato dei versi paragonando il modo di vista, la
situazione ed i pensieri esposti con lattualità. Il
risultato di questa mia attenzione scaturisce quindi nella
constatazione di quanto diversi siano i tempi, il modo di vivere
e di pensare e le abitudini di coloro che ci hanno preceduto
nella nostra meravigliosa città.
Linput di
questa mia ricerca è stato laffondamento
(naufragio intitolava Il Gazzettino) di due
imbarcazioni subito dopo larrivo della 30a
Vogalonga; nello specifico, si trattava di due dragon
boats che, per portarsi al Tronchetto, sono
passati per il Canale della Giudecca dove, nonostante la
manifestazione avesse avuto come scopo la battaglia al moto
ondoso, hanno trovato una
laguna forza cinque
(Il Gazzettino del 31.5.2004); come avrebbe fatto
allora la biondina in gondoleta a addormentarsi sul
braccio dello spasimante in una situazione simile? (La
biondina in gondoleta / laltra sera gho mena; /
dal piaser la povareta / la sha in boto
indormensa.). (1)
Certamente oggi i
due amanti, anche se sotto il felze, e quindi nascosti agli occhi
indiscreti del gondoliere, avrebbero poco tempo per badare a cose
più piacevoli; intanto sarebbero molto più sicuri con un
giubbotto salvagente ben agganciato, la qual cosa non favorirebbe
il petting, e poi, anche se languidamente seduti,
dovrebbero pur sempre stare attenti alla burrasca
creata dai vari motoscafi, battelli, mototopi e navi di diverse
dimensioni.
Restando sempre
nello stesso ambito, è possibile oggi peregrinare da un punto
allaltro della laguna co un batelin da
sciopo come si sente in E mi me ne so
ndao? Era quella di allora una Venezia da
rimpiangere? Certamente si, ma, direi, solo per il moto ondoso.
Prendiamo in
esame ora E tiorte i remi e voga un canto di
pescatori raccolto a Chioggia. Il testo è il seguente: E
tiorte i remi e voga / che femo sta calà. / Se no se ciapa
gnente / no tornaremo a ca. / A ca senza mangiare /
no no se pol tornare. / Ciaperemo unanguela / la spartiremo
in tre. (2) A parte la solidarietà
fra lavoratori e la condivisione del poco, sentimenti che
cerano sia allora sia oggi, soprattutto fra chi aveva ed ha
di meno, il problema che si evidenzia è quello delle
anguele(3) . Esistono ancora le
anguele in laguna? Una volta, quando ti affacciavi da
una riva, soprattutto nei pressi di paline o briccole, ma anche
presso i pontili dei vaporetti, si potevano vedere i banchi di
questi piccoli pesci che sembravano fermi e, invece, erano in
continuo movimento controcorrente. E cera chi li pescava
sia con una rete particolare, chiamata bilancino, ma anche con
lamo nel quale veniva infilata unesca, in genere un
verme; un altro metodo era la pesca cosiddetta
allingosso (4) che divertiva
soprattutto i ragazzini. Da qualche anno le anguele
in laguna non si vedono più e non perché siano state pescate
tutte! Forse hanno preferito emigrare verso acque più pulite,
senza diossina o metalli pesanti. (Grazie Porto Marghera!!!).
Dopo questi primi
confronti con alcuni canti del passato ci rendiamo conto che uno
dei problemi principali, per quanto riguarda la nostra città e
la sua laguna, è quello ambientale vuoi per il moto ondoso ma
anche per linquinamento. Sono anni che politici e tecnici
ne discutano: ognuno dice la sua, passano gli anni ed i problemi
non vengono risolti. Si può ben affermare che la cultura
veneziana risente di quella bizantina, soprattutto per quanto
riguarda la politica. Non si trovano le soluzioni ed allora tutto
si rimanda. E proprio il caso di parlare di
bizantinismo! E a questo punto affermerei che, per
restare in argomento, ci sta proprio bene il canto Povero
barba Checo (5) che rispecchia fatti
avvenuti realmente nel corso della millenaria storia della
Repubblica di San Marco: per non turbare lo spirito gioioso della
festa della Sensa, nel primo caso, o del carnevale, nel secondo,
furono tenuti alloscuro i decessi dei dogi Pietro Loredan
(1570) e Francesco Loredan, nel 1762.
Pur sembrando un
sotterfugio bisogna ricordare che le feste a Venezia servivano
anche per mostrare ai rappresentanti delle altre potenze la
gloria e la potenza della Serenissima; era quasi una ragion
di stato.
Concludo questo
breve confronto ricordando un canto che, pur in un
contesto diverso, si deve considerare attuale.
Non ci si può nascondere dietro un dito dicendo che, oggi, i
nostri soldati vanno allestero in missione di pace; sono,
comunque, in zona di guerra, con tutti i pericoli e le incognite
derivanti da questa situazione. Adio, bela Venezia, adio
laguna (6) è una villotta veneziana
derivante, molto presumibilmente, da un antico canto di crociata;
. Vado a battermi contro i mussulmani è
la traduzione del terzo verso della prima strofa che si completa
con quello seguente
vago a farghe paura a le
sultane. . Si può inserire anche nella categoria dei
canti di partenza nei quali la speranza del ritorno è il
sentimento che traspare dal canto, ma non sempre, ed accade anche
oggi, il ritorno a casa si avvera.
1)
La biondina in gondoleta, versi di Antonio Maria
Lamberti, musica di Johann Simon Mayr. Canzone da battello
di fine XVIII secolo (1788), quindi quasi al termine della
Serenissima, dedicata alla nobildonna Marina Querini Benzon.
2)
Traduzione: Prendi i remi e voga / che caliamo le reti.
// E se non si prende niente / non torneremo a casa. // A casa
senza cibo / no, non si può tornare. // Prenderemo un
pesciolino / lo divideremo in tre.
3)
Acquadella o latterino, piccolo pesce della laguna.
4)
Si doveva infilare il verme allamo lasciandolo pendere
nella sua lunghezza; il pesciolino, essendo molto vorace,
inghiottiva una buona parte del verme restando in questo modo
ingozzato. Si doveva essere posti molto vicini al pelo
dacqua perché, nel tirare su la lenza e se la traiettoria
era molto lunga, il pesciolino poteva staccarsi.
5)
Povero barba Checo / che lè casuo in canale, /
sensa saver nuare / el sha negao. // Me lho
recuperao, / me lho messo qua drento / per darghe spassio e
tempo / al carnevale.
6)
Adio, bela Venezia, adio laguna / adio care putele
veneziane, / mi vago a misurarme co la luna, / vago a farghe
paura a le sultane. // Ma tornarò onorato e in gran fortuna / a
sti porti, a ste rive, a ste cavane / e a dirve ancora tornarò:
«Putele, / ve voi più ben, se deventae più bele!
».
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I canti del mare di A. Virgilio Savona e Michele
L. Straniero Edizioni Mursia 1980
-
Sentime bona zente di Luisa Ronchini
Filippi Editore Venezia 1990
Canti della Laguna Veneta di Loris Tiozzo Veneta Editrice 1988