"O Gigiota" ed altri canti ... gaudenti
di
Sergio Piovesan
Costantino
Nigra,[1]
nella
raccolta dei canti popolari piemontesi, nomina "Convegno
notturno" un tipo di canto nel quale si assiste a richieste
pressanti dell'innamorato alla sua bella per un incontro, e lo suddivide in tre
sottotipi: il primo è quello in cui il convegno promesso non viene poi
concesso, il secondo quello in cui il convegno promesso viene accordato ed il
terzo quello in cui il convegno viene richiesto ma non è promesso né accordato.
"O Gigiota",[2] il
canto che abbiamo appreso ultimamente, nell'armonizzazione ai Andrea Mascagni, appartiene sicuramente al secondo tipo di "Convegno
notturno". È un canto della campagna
emiliana, più precisamente del ferrarese, di intonazione garbatamente
boccaccesca; la situazione descritta è un po' scabrosa, ma viene -nel
contesto del racconto- decisamente sdrammatizzata.
"Gigiota" è un nome che si addice a questo canto; è un nome "corposo", sostanzioso,
cioè un nome che rappresenta anche fisicamente questa bella ragazza, senz'altro
formosa e appariscente, che attira le voglie dell'innamorato. Questi chiede una
"licenza", una concessione, un permesso, e, quindi, per
estensione, "libertà di fare" che si tramuta in sfrenatezza di
costumi.
La Gigiota acconsente (non
vi fu alcunché di "galeotto") ed ecco che a mezzanotte, quando
tutta la casa è immersa nel sonno, un leggero segnale (" ... un
bussetto alla porta, ...") induce la bella Gigiota
ad andare ad aprire la porta per accogliere il suo amore. Forse i due,
intimamente agitati ed esuberanti, svegliano i genitori che bruscamente
intervengono e, al buio, si accorgono di qualcosa e chiedono ... " ...
chi è quell'uomo che è a letto con te?". Ma Gigiota
non si perde d'animo è trova subito una scusa: "L'è mia sorela, Caterinela, che l'è
venuta a dormire con me.".
I canti di questo tipo che, come vedremo, non mancano
nel genere "popolare", trattavano, anche se esplicitamente, argomenti
d'amore e di sesso con garbo e semplicità, senza eccedere e senza degradare
nello scurrile.
Ma non c'è solo la Gigiota!
Sempre in Emilia troviamo la ... Pinota
[3] al quale l'innamorato chiede una "grazia",
termine assimilabile alla "licenza" del canto precedente.
L'appuntamento viene fissato alle undici (non a mezzanotte) ... "...
quando mamma e papà non c'è.". L'incontro non avviene in camera, ma
fuori e la Pinota si presenta " ...deschèlza in camisola" (scalza
ed in camicia da notte) anche se voleva rivestirsi. Il giovanotto non dà molta
importanza all'abbigliamento della Pinota perché "...
non importa che tu ti vesta, tanto nuda tu piaci a me.". Essere
essenziale e deciso, questa è la caratteristica dell'innamorato di Pinota
Dall'Emilia attraversiamo gli Appennini e, in Toscana,
troviamo un'altra Pinota; il testo è simile alla
versione emiliana ma, nella prima strofa, l'innamorato non chiede una "licenza"
o una "grazia": lui ... vuole, esige : "O
Pinota, bella Pinota, vo'
una notte dormire con te.".
La scoperta di questi canti gaudenti e boccacceschi,
piccanti, osé, non si ferma a queste due regioni. In Trentino troviamo "E
picchia picchia a la porticella"
[4]
dove,
la porta viene aperta, con la mano, e "... co' la boca la me dà un bacin", un bacino così forte da svegliare i
genitori che appaiono preoccupati di quello che dirà la gente; ma
contrariamente agli
altri testi, nel finale, che potremo definire più moderno,
la ragazza conclude con "Ma lascia pure che il mondo dica, io voglio
amare chi ama me!" .
Un testo molto simile lo troviamo in Val Canobbina
[5] dal titolo "E picchia,
picchia" nell'armonizzazione di Armando Corso[6]. Rispetto all'edizione trentina questo ha
una strofa in più che recita: "Io voglio amare quel giovanotto, che è stà sett'anni in prigion, ... prigion per
me!" .
Il madrigale è una composizione musicale, in maggior
parte per gruppi di 3-6 voci, originata in Italia, e diffusa in particolare tra
Rinascimento e Barocco e quindi in un arco di tempo che va all'incirca dalla
seconda metà del XIV secolo fino al XVI secolo. Una teoria sulla etimologia
della parola "madrigale" afferma che questo termine viene dal
latino "materialis" e che, opposto a
"spiritualis", prende il significato
di "cose materiali o grosse".
Canti di cose materiali o grosse dove il termine "grosse"
non lascia dubbi sugli argomenti trattati dai testi: canti d'amore -non
spirituale- ma materiale, sensuale. Ma un'altra teoria ne ipotizza
l'etimologia dal latino volgare "mandria-mandrialis"
in riferimento al contenuto rustico e pastorale. Così canzoni gaudenti -in
genere di autore anonimo, ma non sempre- le troviamo nelle raccolte musicali
dei secoli scorsi, come il caso di "Per ristor
del corpo lasso"
[7],
dove il testo (vedi a fianco) non
dà adito ad interpretazioni in quanto tutto è molto chiaro e dove la donzella
prima fa finta di non accettare le "avances"
dell'intraprendente messere, ma poi è ben contenta del godimento che segue.
Non è proprio il caso di citare la locuzione latina "O
tempora, o mores!"
[1] Costantino Nigra (1828-1907), uomo politico
piemontese, ma anche filologo e poeta. Si dedicò alla raccolta dei canti
popolari della sua regione e sull'argomento pubblicò "Canti popolari del
Piemonte" (1888)
[2] O Gigiota, bela Gigiota,
/ una licenza vuria da te, / una licenza date vuria, / solo una notte a dormire con te.
Mezzanotte, un bussetto alla porta, / cara Gigiota venite ad aprir, / con una mano apri la porta / e
con quell'altra accarezza il tuo amor.
O Gigiota, bela Gigiota, / chi è quell'uomo che è a letto con te? / L'è mia
sorela, Caterinela, / che
l'è venuta a dormire con me.
[3]
"O Pinota"
raccolta nel 1938 a Pian di Macia (BO) ed armonizzata
da Giorgio Vacchi
[4] "E picchia, picchia a la porticella" (Valsugana) - Ricostruzione di Luigi Pigarelli.
[5] La Valle Cannobina è una valle del Piemonte, in
provincia del Verbano Cusio
Ossola. Prende il nome da Cannobio (sul Lago
Maggiore), il principale abitato che si trova al suo inizio.
[6]
Armando Corso - vedi http://www.corocauriol.com/armando.html
[7] "Apografo miscellaneo marciano" - Francesco Luisi - Edizioni Fondazione
Levi - Venezia 1979 (Edizione critica integrale dei Manoscritti Marciani,
1795.1798).
"Apografo" = copia del manoscritto originale