La bomba imbriaga Torna all'elenco
di Paolo Pietrobon
Testo di Carlo Geminiani - Musica di Bepi De Marzi
L’immagine evocata dal titolo, efficace nella resa dialettale, odora di un’attualità ironica e disarmante, forse sarcastica per certe retoriche di moda oggi (le bombe intelligenti…). Essa impone sulle trincee esauste (magnar pane smarso, dormire par tera /nissun se ricorda / nissùni che scrive /nissun che tien nota / chi more e chi vive), intasate di cadaveri e pregne di un terrore capace di indurre un’assuefazione allucinata per qualsiasi evento possa ancora abbattersi su una sofferenza già grande (silenzio sul fronte. Qualcun ne prepara / un bel funerale, con banda e con bara), il guizzo malefico e lo schianto di una violenza definitiva, incarnata nel ferro e nel fuoco, tale da cancellare, con le vite dei poveri soldati, ogni pensiero, ipotesi, accorgimento.
E sovrappone ai sentimenti e alle relazioni umane, fin prima custodite nelle poche lettere arrivate dalla famiglia, tenute gelosamente nel tascone della giubba e riviste sera dopo sera, dopo la quotidiana devastazione (ecco el fis-cio, / l’ariva, la viene. / Doman sarà festa, vestive par bene ), lo spasimo per una brutalità illimitata, quella sofferenza troppo grande, addirittura la rassegnazione a una morte liberatoria, fino a stipulare un’inconscia intesa con quella bomba che colpirà senza ragione né discriminazione, liberando quadri grotteschi e funerei di banchetto, (Ossst/regheta sorela de fogo / parecime i goti che vegno anca mi! / sorela de fogo / che spolpo imbriago mi voio morir )....di una festa per la quale converrà l’ ‘addobbo appropriato’, le cui tinte alla fine corrispondono a quelle di tanti “formali e regolamentari” riti di commiato per l’ennesimo militare strappato alla vita.
Affresco terribile, universale, al quale l’accezione popolare del linguaggio e la struttura aderente del tessuto melodico aggiungono valore e autorevolezza.