Brevi considerazioni sulla villotta friulana                                                                                                              Torna all'elenco

di Sergio Piovesan

La tournée carnica di metà giugno 2002 (Villasantina, Raveo e Prato Carnico), preceduta, nel novembre 2001, dall’incontro a Mogliano ed a Venezia con il Coro "Sôt la nape" di Villasantina, ha creato nel sottoscritto, ma anche in altri componenti il Coro Marmolada, un nuovo interessamento per il canto popolare friulano che, naturalmente, si identifica con la "villotta".

La "villotta friulana", come tutti i canti popolari do ogni paese, é una manifestazione d’arte e di cultura tradizionali, tramandata di generazione in generazione ed affidata alla trasmissione orale, mai, o quasi mai, scritta. Essa nasce come testo poetico tutt’uno con la melodia: melodia e testo semplici che esprimono sentimenti semplici con disposizione al sorriso e con una vena di malinconia o di filosofica rassegnazione.

Caratteristica essenziale della "villotta" é la brevità; quattro versi ottonari rivelano in forma concisa, ma compiuta, un sentimento, un concetto, un desiderio: ed hanno quali temi abituali l’amore, la nostalgia, la natura, l’ironia ed il sentimento religioso.

Altra caratteristica, questa volta musicale, é quella che alla voce principale si accompagna un’altra voce a distanza di terza; quando poi alle prime due voci, in genere femminili, si uniscono gli uomini, si aggiunge al canto una terza voce di basso, con suoni tenuti o ripetuti oppure ornando la melodia con qualche controcanto.

Tornando al testo poetico, non bisogna dimenticare l’altissimo valore estetico della villotta friulana e si può ben affermare che é poesia in senso assoluto.

Si dice sempre "villotta friulana" ma è opportuno precisare che, vuoi per motivi geografici, come per i numerosi raccoglitori, il maggior numero di villotte proviene dalla Carnia. Forse dipenderà dalle dolci montagne con infinite risonanze, ma anche dal carattere dei carnici, certo é che lassù tutto canta.

Non é raro sentire un testo cantato con melodie diverse od una musica che si adatta a testi diversi: é questa un’altra particolarità della villotta; come esempi vorrei citare due "pezzi", anche nel nostro repertorio, e cioè "Se jo ves di maridami", dal quale ho già ampiamente trattato su "Marmoléda" di marzo 2000, ed "E à sunât une di géspui".

Del primo ricordo le diverse strofe adattate a situazioni diverse e provenienti da vallate diverse, mentre del secondo ho trovato la versione poetica sia così come la esegue il "Marmolada", ed edita negli anni 1930-31-32 nei tre fascicoli "Villotte e canti popolari friulani" dalla Società Filologica Friulana, sia altre due versioni. Queste ultime invece di iniziare con "E a sûnat ...", iniziano con "Jo us doi la buine sere ... " e proseguono diversamente negli ultimi due ottonari della prima strofa, con l’aggiunta di seconde strofe con versi che, pressappoco, hanno il medesimi significato.

Di ambedue riporto in nota i testi e le relative traduzioni precisando che la prima è stata raccolta e trascritta da Luigi Vriz a Raveo negli anni ‘30, mentre la seconda da Teobaldo Montico a Codroipo nel 1932.

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Note

1 Le raccolte scritte sono iniziate nella seconda metà dell’ottocento, prima per il solo testo e, qualche anno più tardi, anche per la parte musicale.

Gabriele D’Annunzio, su "La piccola patria", nel 1928, scrisse: "... E’ l’antica villotta friulana, breve come il dardo e come il fiore, come il bacio e come il morso, come il singhiozzo e come il sorriso. ...".

2 La scarsità di comunicazioni determina la scarsità di scambi culturali e, quindi, una maggiore conservazione della propria cultura originale.

3 E à sunât une di géspui, / al à dât il ultim bôt.

Jo us doi la buine sere, / jo us doi la buine gnôt.

E’ suonato la "prima" del vespro, / ha dato l’ultimo rintocco.

Io vi do la buona sera, io vi do la buona notte.

4 La società Filologica Friulana nasce a Gorizia nel 1919 con lo scopo di valorizzare la lingua, la cultura, gli usi ed i costumi del Friuli. Fra l’altro alcuni studiosi si dedicarono particolarmente alla raccolta delle "arie" delle villotte e dei canti popolari friulani. Editi parzialmente dal 1931 al 1932, nel 1966, anche per merito di numerosi raccoglitori che avevano girato di paese in paese, di vallata in vallata, prima e dopo la seconda guerra mondiale, la Società Filologica Friulana pubblicò la "summa" dei canti popolari friulani, testi e musiche, in numero di 639.

5 Jo us doi la buine sere, / jo us doi la buine gnôt;

tornarìn doman di sere, / plui ad ore che no usgnôt.

Perdonàinus, compatìnus, / se cjantà no vin savût;

tornarìn un’altre sere, / cjantarìn a vestri mût.

Io vi do la buona sera, / io vi do la buona notte;

torneremo domani sera, / più presto di stasera.

Perdonateci, compatiteci, / se non abbiamo saputo cantare;

torneremo un’altra sera, / canteremo a modo vostro.

Jo us doi la buine sere, / us auguri un bon durmì,

meteit la man ta l’aghe sante, / contentaisi di cusì.

Io vi do la buona sera, / io vi auguro un buon sonno;

Mettete la mano nell’acqua santa, / accontentatevi di così.