Esistono
e si cantano i canti popolari veneziani?
di
Sergio Piovesan
Alcuni
studiosi, soprattutto dell'ottocento, s'interessarono alle "canzonette,
o villotte alla veneziana" e ne pubblicarono i testi in alcuni libri,
ora rari, ma non introvabili.
Prendendoli in
mano e leggendo i testi di queste "canzonette", sinceramente
-da veneziano- casco letteralmente dalle nuvole. Infatti sono pochissime, da
contare sulle dita di una mano, quelle che conosco o che ho sentito qualche
volta cantare; e non si tratta di un libricino di poche pagine ma di un
"tomo" contenente circa trecento testi. Chi li conosce oggi, chi li
canta? Pochissime persone, per lo più ricercatori di questa materia sanno
dell'esistenza di questo materiale. Per quanto riguarda poi chi lo canta, siamo
veramente messi male: nessuno o quasi.
Si tratta di
testi anche antichi, dei tempi delle crociate, di quando chi partiva salutava
l'amata, o la sua patria, nell'insicurezza di rivederle. Tema molto comune è
l'amore, quello corrisposto, quello nascosto e quello negato, ma non
mancano neppure i consigli delle madri e delle nonne; e tanto altro.
Alla domanda
"chi li conosce, chi li canta?" risponde chi -ancora nel 1844- ebbe
l'onore di leggere la prefazione del libro "Canti pel popolo
veneziano" di Iacopo Vincenzo Foscarini,
illustrati con note di Giulio Pullé, (edito in
Venezia - dalla Tipografia Gaspari nel 1844).
E proprio
Giulio Pullé[1] all'Ateneo Veneto, nell'agosto del
1844, lesse: "....... Di simili poesie, che noi
chiameremo col popolo canzonette, o villotte a la veneziana,
furono già pubblicate altre raccolte; e poiché avevano molte di quelle la
corrispondente loro musica originale a fronte, ci viene un'osservazione, essere
cioè tutte scritte nei toni minori. Qual sia la ragione di sì curioso
accidente non sapremmo. Pare che i Veneziani abbandonandosi all'affetto,
si tingano per naturale inclinazione d'una lieve malinconia, che trasfonde in
chi l'ascolta maggior tenerezza. Forse quella quiete augusta che regna per le
vie di Venezia, singolare in paragone delle città di terra-ferma, è motivo di
tale accidente: infatti, ognuno che al pari di me non sia nato su queste rive,
avrà provato, nel porvi il piede, una certa maraviglia,
un serramento di cuore, una, dirò così, dolce paura d'un silenzio così nuovo ed
universale.
Se
dunque v'ha delle canzonette originali di pubblica ragione, ond'è
che non se ne senta cantare di rado, o mai, per le strade? Ahimè! la fatal moda che ogni cosa invade e scompiglia; le
sovrabbondanti melodie, ed i cori rubati al teatro che rimbomba di sempre nuova
musica, la vinsero; e fecero dimenticare, o trasandare
a' buoni Veneziani, la cara semplicità de' loro canti primitivi, non basta:
sin'anco il Tasso è andato in disuso! il Tasso una
volta tanto comunemente intonato sulla poppa delle gondole, ond'ebbero
i barcajuoli veneziani una specie di celebrità!
....."
Il Pullé dice che esistono testi anche con la musica a lato,
cosa che, invece sembra sia oltremodo difficile.
Ma ecco la
causa principale di una tale "non conoscenza": il sopravvento della
cosiddetta musica colta, o dotta, che veniva eseguita nei teatri (ed a Venezia
non mancavano), ma anche nei salotti e nei circoli dei nobili e della ricca
borghesia, musiche che venivano cantate fuori ed imparate anche dal popolo
prendendo così il sopravvento su quelle più "semplici" e popolari.
Poi vennero i canti da battello, tutti d'autore,magari composti su commissione
e ciò incrementò maggiormente la dimenticanza degli antichi canti popolari.
Cosa fare?
L'unica alternativa sarebbe quella di recuperare il canto registrando
l'esecuzione di qualche donna (in genere sono le donne che tramandano la
memoria) che ancora sia in grado di eseguirle e da questo minimo materiale
risalire alla musica scritta.
Per
Iacopo Vincenzo Foscarini, vedi:
http://www.treccani.it/enciclopedia/iacopo-vincenzo-foscarini_%28Dizionario-Biografico%29/
[1]
Drammaturgo (Verona 1814 - Legnano 1894); usò lo
pseudonimo di Riccardo di Castelvecchio; inviso ai patrioti perché faceva parte
dell'amministrazione austriaca. Scrisse oltre 25 lavori, oscillando fra il
teatro a sfondo sociale, quello d'ambiente storico e la commedia goldoniana (La donna romantica e il medico omeopatico,
1858).