CONCERTO DEL 25 MAGGIO
CHIESA DI S. PAOLO MESTRE, VISTO DA UN EX
di Toni Dittura
“La Marmolada l’è come un grande altar. . . “
Già alle prime note cadenzate sul passo lento degli Alpini, il pubblico
osserva un silenzio, pieno di attesa, perché nessuno ha
annunciato quel
breve canto. Ma poi Piergiorgio spiega che si tratta dell’antica sigla
del Coro. E poiché il canto
successivo è l “Ave Maria”, il
silenzio diventa addirittura religioso. E non può essere altrimenti,
dal momento che il Coro interpreta il brano con grande partecipazione
ed il pubblico si accorge di avere davanti una compagine che non scherza
e trasmette non solo armonie, ma sentimenti e passione. Con questo stato
d’animo viene eseguita “Marmolèda” (Conturina), l’attuale nostra
sigla. La bella canta di Pomarici - de Bernart sorprende gli spettatori
con dei chiaroscuri eseguiti con maestria ed un melodico intervento del
solista. A questo punto tutti hanno voglia di battere le mani per
segnare il tempo all’asinello che “se ne vien da Montebel” , e
addirittura esplode alla spiritosa conclusione della canta , senza aver
capito da dove veniva quel sonoro scalpitìo di zoccoli. I rintocchi
solenni e tristi di “E
a sunat” dipingono un paesino del Friuli,
dove la gente conclude la sua giornata pregando e pensa già che sta
arrivando il giorno in cui molti di loro saranno costretti ad emigrare,
per andare a costruire “. . . paesi e città . . .”. E lontani da
casa osserveranno il cielo, dove brilla la stella alla quale si
rivolgeranno, perché intervenga a far finire la guerra e faccia
ritornare “. . . al paìs il . . gnò curisin. . . “. E questo
quadro viene ben dipinto dal bellissimo finale che si spegne senza
imprecisioni.
Ma lo strano inizio di “A la Kiaz partzer sar ‘a”
con la continua ripetizione del verso iniziale e la tonante
conclusione, ancora una volta sorprende il pubblico e mantiene
altissima l’attenzione, Ma ecco la potente voce del barcaiolo, che se ne
va col suo “. . . batelin da s-ciopo . . . “ in giro per la
laguna, fino a quando la sua voce si spegne e rimane solo la sua eco.
“La preghiera degli zingari”
non cambia questa atmosfera, fino al momento in cui quel popolo si
rivolge a Dio con un’implorazione che fa sentire disperazione e speranza
insieme, in un’esplosione di voce non tanto facile da eseguire.
Il concerto si conclude con il “Pater noster “ di
Strawinscky, in cui il coro si cimenta da poco tempo, dimostrando
tuttavia di averne capito lo spirito.
Questo lo scarno commento di un concerto, così come lo
farebbe un distratto giornalista.
Ma io non sono un giornalista, io sono un ex che da
tempo aveva in animo di riascoltare il SUO CORO. E vi assicuro che non
sono tanto largo nei giudizi. Ho sentito qualche imperfezione
nell’intonazione e nel ritmo. Ma il pubblico, meno esperto del
sottoscritto, non l’ha minimamente notato. Viceversa ciò che ho rilevato
io è stato un entusiasmo fantastico, che veramente mostra quanto ancora
siano coinvolti i miei amici coristi ed il nostro maestro Claudio. Tutto
ciò mi fa ancora pensare che il CORO MARMOLADA ha un futuro radioso.
Purtroppo non ne sarò partecipe se non dall’esterno. . . accidenti al
mal di schiena. |