MARMOLEDA - Notiziario dell'Associazione Culturale Coro Marmolada di Venezia - Giugno 2013 . Anno 15 n.2 (56)                  

CONCERTO DEL 25 MAGGIO  CHIESA DI S. PAOLO  MESTRE,  VISTO DA UN EX    

di Toni Dittura

 

 

“La Marmolada l’è come un grande altar. . . “  Già alle prime note cadenzate sul passo lento degli Alpini, il pubblico osserva un  silenzio, pieno di attesa, perché nessuno ha annunciato quel breve canto. Ma poi Piergiorgio spiega che si tratta dell’antica sigla del Coro. E poiché il canto successivo è l “Ave Maria”, il silenzio diventa addirittura religioso. E non può essere  altrimenti, dal momento che il Coro  interpreta il brano con grande partecipazione ed il pubblico si accorge di avere davanti una compagine che non scherza e trasmette non solo armonie, ma sentimenti e passione. Con questo stato d’animo viene eseguita “Marmolèda” (Conturina), l’attuale nostra sigla. La bella canta di Pomarici - de Bernart sorprende gli spettatori con dei chiaroscuri eseguiti con maestria ed un melodico intervento del solista. A questo punto tutti hanno voglia di battere le mani per segnare il tempo all’asinello che “se ne vien da Montebel” , e addirittura esplode alla spiritosa conclusione della canta , senza aver capito da dove veniva quel sonoro scalpitìo di zoccoli.  I  rintocchi solenni e tristi di “E a sunat” dipingono un paesino del Friuli, dove la gente conclude la sua giornata pregando e pensa già che sta arrivando il giorno in cui molti di loro saranno costretti ad emigrare, per andare a costruire “. . . paesi e città . . .”. E lontani da casa osserveranno il cielo, dove brilla la stella  alla quale si rivolgeranno, perché intervenga a far finire la guerra e faccia ritornare  “. . . al paìs il  . . gnò   curisin. . . “. E questo quadro viene ben dipinto dal bellissimo finale che si spegne senza imprecisioni.

Ma lo strano inizio di “A la Kiaz partzer sar ‘a” con la continua ripetizione del verso iniziale e la tonante conclusione,  ancora una volta sorprende il pubblico e mantiene altissima l’attenzione, Ma ecco la potente voce del barcaiolo, che se ne va col suo “. . . batelin da s-ciopo . . . “ in giro per la laguna, fino a quando la sua voce si spegne e rimane solo la sua eco.

 “La preghiera degli zingari” non cambia questa atmosfera, fino al momento in cui quel popolo si rivolge a Dio con un’implorazione che fa sentire disperazione e speranza insieme, in un’esplosione di voce non tanto facile da eseguire.

Il concerto si conclude con il  “Pater noster “ di Strawinscky, in cui il coro si cimenta da poco tempo, dimostrando tuttavia di averne capito lo spirito.

Questo lo scarno commento di un concerto, così come lo farebbe un distratto giornalista.

Ma io non sono un giornalista, io sono un ex  che da tempo aveva in animo di riascoltare il SUO CORO.  E vi assicuro che non sono tanto largo nei giudizi. Ho sentito qualche imperfezione nell’intonazione e nel ritmo. Ma il pubblico, meno esperto del sottoscritto, non l’ha minimamente notato. Viceversa ciò che ho rilevato io è stato un entusiasmo fantastico, che veramente mostra quanto ancora siano coinvolti i miei amici coristi ed il nostro maestro Claudio. Tutto ciò mi fa ancora pensare che il CORO MARMOLADA ha un futuro radioso. Purtroppo non ne sarò partecipe se non dall’esterno. . . accidenti al mal di schiena.