Rifugio bianco Torna all'elenco
Quest’anno la “Giovane Montagna” di Venezia celebra il suo 60°
anniversario di fondazione e l’evento, al quale anche il Coro Marmolada partecipa,
mi ha dato lo spunto per “raccontare” un canto che si addice proprio a chi ama
la montagna, a chi, zaino in spalla, la frequenta e l’affronta.
Si tratta di “Rifugio bianco” un canto di Bepi De Marzi che
nacque in occasione della dedicazione a Giovanni Tonini, suo amico, di un
rifugio sulle montagne del Pinè, nel Trentino. Il testo, che si adatta ad una musica
molto bella nella sua semplicità, si può definire una poesia come, d’altra
parte, sono poesie tutti i componimenti di De Marzi.
Chi frequenta, o frequentava negli anni giovanili, la montagna
ed i suoi rifugi, non può disconoscere che la prima strofa descrive un itinerario
classico, quello che ognuno serba fra i propri ricordi più belli, che ci
conduce ad un qualsiasi rifugio di montagna.
Anni addietro, quando “andare per rifugi” significava, in
particolare per noi cittadini, dapprima prendere il treno, poi una corriera (allora
non si chiamava ancora “pullmann”) e, quindi, lasciate le ultime casa del
paese, iniziare la salita per una valle, il più delle volte molto chiusa, percorsa
da un sentiero che, procedendo a zig-zag, s’inerpicava portandoci in quota.
Spesso si procedeva non vedendo neppure il cielo, tanto era
fitto bosco di latifoglie. Poi, un po’ alla volta, la vegetazione cambiava: ai
carpini, frassini e faggi seguivano pini, abeti e larici. Ecco, quasi
all’improvviso, al termine del bosco, aprirsi un’ampia conca prativa, una valle
multicolore per la presenza di numerosissimi fiori.
Era il momento di una sosta per un breve riposo e per ammirare
il panorama. Tutt’attorno, oltre i prati, si vedevano le prime crode e le
verticali pareti dolomitiche con le vette ancora innevate. Fra una cima ed
un’altra una sella dove, ma era ancora lontana, una piccola casa, una casa
bianca. Era quella la nostra meta, il
rifugio.
L’aria che prima, alle quote sottostanti
ed
all’interno del bosco, risentiva ancora del caldo e dell’umidità, era ora più
frizzante e ci ritemprava l’energie per proseguire la salita. Zaino in spalla,
ogni tanto si alzava gli occhi verso l’alto per controllare dov’era il rifugio
che, però, sembrava sempre lontano. Magari, per la conformazione del terreno,
ogni tanto scompariva e, al riapparire, ci sembrava … più grande, più vicino.
Quando poi si faceva tardi -e qualche volta capitava-
all’imbrunire, all’esterno della casa, s’accendeva una luce, quasi una stella a
mostrarci il cammino.
E finalmente, eccoci arrivati! I prati che abbiamo attraversato
ora sembra che continuino e si allarghino verso il cielo.
Ognuno
di noi, nel ripercorrere mentalmente questi itinerari raggiunge il proprio rifugio
ideale, magari il primo “conquistato” in giovinezza, quello che rimane, sempre
e in ogni modo, il rifugio più bello.
Rifugio
bianco
parole e musica di B.De Marzi
Pena
passà la valle la-oh
e
dopo un fià de bosco la-oh
se
slarga i prai nel cielo, la-oh,
varda quanti fiori la-oh.
Ecco
lassù 'na casa la-oh,
en
grande fiore bianco la-oh
sbocià
de primavera, la-oh,
profumà d'amore la-oh.
De
not la par 'na stela la-oh
che
sluse a chi camina la-oh
e
quando vien matina la-oh
la splende più del sole la-oh.
Se
slarga i prà nel cielo, la oh
dal
nos rifugio bianco, la oh
che
porta un nome caro, la oh