Son barcarol                                                                                                                        Torna all'elenco

di Sergio Piovesan

 

Per un coro come il nostro1, nato nel 1949, il repertorio del Coro del S.A.T.2 è stato, ed è, importante e, quindi, molti dei canti che eseguiamo fanno parte di quel repertorio che prende il nome di “canti di montagna”. Cosa siano i “canti di montagna” se n’è discusso tanto ed ancora se ne discuterà, ma che “Son barcarol” sia uno di questi, direi che è difficile da dimostrare.

Il canto, armonizzato da Antonio Pedrotti3, viene definito come originario della Valsugana dove, tuttavia, barche e mare non si trovano. Della stessa zona vi è anche “Barcariolin de Trento”.

Ma non è solo il Trentino ad appropriarsi di un “canto di mare”: in Lombardia troviamo “Lena mia, son barcarolo”, e così via. Il tutto deriva dal fatto che, nei tempi andati, le musiche ed i canti popolari, trasmessi solo oralmente, passavano da un luogo ad un altro e, nel nuovo luogo, se il canto piaceva, rimaneva e diventava patrimonio musicale e canoro di quella zona.

Nel nostro caso “Son barcarol” –ma non è detto che il titolo sia solo questo e vedremo più avanti- nato senz’altro in riva al mare, passò dalla zona d’origine ad altri luoghi.

A Venezia, dove barche, barcaioli e mare non mancano, il canto si trova con il titolo “Nina mia son barcherolo” (o barcarolo) ed il testo è simile a quello trentino e/o lombardo. Un titolo uguale lo troviamo anche in zona istriana e triestina, ma definire dove effettivamente sia nato è difficile e, quindi, per definizione, affermiamo che l’area dell’alto Adriatico è la zona d’origine.

Il testo, riassunto in poche parole, racconta dell’invito di un barcaiolo ad una fanciulla a salire sulla sua barca e questo invito viene rivolto con tutte le assicurazioni; ma la conclusione, come si può immaginare, è … il disonore della fanciulla.

All’inizio il barcaiolo, che negli altri canti popolari di questo genere diventa il cavaliere, il signore o il cacciatore, per irretire la fanciulla (a volte è la pastorella) si presenta come “gentil galante”; è questa una figura che troviamo in tanti altri canti popolari classificati come “pastorelle” o “villanelle”4 ed il “gentil galante” si presenta sempre bello, ossequioso, elegante, gentile, ma, questa presenza è tutta apparenza.

La figura del “gentil galante” è caratteristica soprattutto dei canti di origine piemontese e del nord Italia in genere.

Il testo dell’area adriatica, invece di “… son gentile son galante … “ ci riporta        “… son de l’arte e son galante …”; il termine “galante”  sussiste ancora, mentre troviamo questo “son de l’arte” che rassicura in quanto “… è del mestiere” e, cioè, è un vero barcaiolo. Questa caratteristica è sicuramente veneziana in quanto, nella Serenissima, ogni lavorante doveva essere iscritto alla corporazione o arte o scuola. Tornando al canto, questo termine era quasi un’assicurazione.

Il testo dell’edizione trentina è il seguente:

Son barcarol, son barcarolo / son gentile son galante / su la mia barca se vuoi venire / anderemo in alto mar.

In alto mar che noi saremo / un bel fuoco accenderemo / e qualche cosa cucineremo / a l'usanza del barcarol.

O bimba mia non aver paura / se la notte la si fa scura / che se la notte la si fa scura / doppio amore ti porterò.”

Il testo veneziano è simile nelle prime due strofe; con variazioni in qualche termine, mentre la terza strofa è diversa e recita così: “Barcaiolo mio caro, / barcariol menime via / che voglio ‘ndar da la mama mia / a contarghe del disonor.”  

     


1 Coro Marmolada di Venezia

2 Coro della S.A.T. (Società Alpinisti Tridentini) di Trento

3 Antonio Pedrotti (Trento, 1901 1975) è stato un compositore, direttore d'orchestra e direttore di coro italiano.

4 “Pastorelle” o “villanelle” – Antichi canti d’amore , derivanti dai madrigali, in ambiente agreste/pastorale.