I dolci sentimenti delle villotte friulane                                                                    Torna all'elenco

di Sergio Piovesan

 

In un altro mio scritto ("Brevi considerazioni sulla villotta friulana" ) trattando della villotta friulana scrivevo: “Essa (la villotta) nasce come testo poetico tutt’uno con la melodia: melodia e testo semplici che esprimono sentimenti semplici con disposizione al sorriso e con una vena di malinconia o di filosofica rassegnazione.”

Continuavo poi con: “Caratteristica essenziale della "villotta" é la brevità; quattro versi ottonari rivelano in forma concisa, ma compiuta, un sentimento, un concetto, un desiderio: ed hanno quali temi abituali l’amore, la nostalgia, la natura, l’ironia ed il sentimento religioso.”

Ad esempio di quanto affermato, voglio “raccontarvi” alcune villotte, già nel repertorio del “Marmolada” –una è stata anche ripresa di recente- che evidenziano le caratteristiche alle quali accennavo.

“Ai preât” (1) è il canto ripreso e che abbiamo eseguito ultimamente in “Cammina … cammina”, uno dei canti a commento sonoro della lettura di testi tratti dagli scritti di G.Bedeschi e M.Rigoni Stern. È un canto del quale non si conosce l’autore e che ha avuto ampio risalto fra gli alpini e fra i friulani nel periodo della prima guerra mondiale. Chi canta è una “lei”, la morosa o la moglie, che, nel canto, prega. È anche la volontà di annullare la lontananza, unita alla malinconia e ad un forte sentimento religioso.

Ma la malinconia, questa volta unita alla nostalgia e, come sempre, all’amore la troviamo in un canto di emigrazione dal titolo “L’emigrant”.(2) Il dolore di dover abbandonare tutto investe l’animo di chi deve andare per il mondo per trovare un lavoro dignitoso, un lavoro che possa permettergli una famiglia. Qui troviamo anche il dolore di chi resta a casa nelle lacrime “ … di chel agnul ... ”, ma anche l’orgoglio di chi parte deciso, che troviamo nella frase che conclude ambedue le strofe “ … mi toce la!”.

“A planc cale il soreli”(3) (“Al piano cala il sole”) è sempre un canto nostalgico e malinconico dove, però, è preponderante la natura al tramonto, prima della sera, un momento nel quale, in solitudine, si raccolgono i pensieri; è anche un bellissimo quadro con una rappresentazione dal sapore bucolico.    



(1)                 “Ai preat la biele stele, / duch i Sants del Paradis: / che il Signor fermi la uére, / che il mio' ben torni al pais. // Oh tu stele, biele stele, / fa' palese il mio destin, / va' daur di che' montagne, / la ch'­ l'è il mio curisin.” Traduzione libera: Ho pregato la bella stella, / tutti i santi del paradiso / affinché il Signore ponga termine alla guerra / affinché  il mio amore torni al paese. // Oh tu stella, bella stella, / fammi conoscere il mio destino; / va oltre quella montagna / là dove sta il mio amore.

(2)            “Un dolor dal cur mi ven, / dut jo devi abandonà. / Pàtrie, mame e ogni ben / e pal mond mi toce là. // Za jo viôt lis lagrimutis / di chel agnul a spontá; / e bussànt lis sôs manutis / jo i dîs: mi toce lá!”    Traduzione libera: Un dolore mi sale dal cuore, / devo abbandonare tutto: / la patria, la mamma e tutti gli affetti. // Già vedo le lacrime / spuntare (dagli occhi) di quell’angelo / e baciando le sue manine / io le dico: mi tocca andare! 

(3)         A plan cale il soreli, daùr d'un alte mont / ’ne grande pàs a regne, che pàr un sun profond. // E lis piorutis màngin, j'erbutis che son là / il to pinsir, o biele, cui sa là ch'al sarà. Traduzione libera: Al piano cala il sole, / dietro un alto monte / Regna una grande pace / che sembra un sonno profondo. // E le pecorelle mangiano l’erbette che si trovano là (nei prati) / il tuo pensiero, o bella, chi sa dove sarà.