Appunti di viaggio

Un incontro all'Associazione italiana.

Erano molti, intorno ai diciotto-vent'anni anni o poco più. Con loro quattro professori di Italiano. Mi avevano informato che si trattava di studenti universitari che non si erano allontanati da Santa Maria, in quel week-end di quattro giorni, perchè residenti in posti molto distanti da quella città universitaria.

Il mio compito era di parlare in Italiano e rispondere alle loro domande. Avevo accettato volentieri.

Sono stati molto attenti alle mie informazioni sulle Dolomiti, la Marmolada, le caratteristiche di un coro maschile a quattro voci, ma ho percepito subito che il loro interesse maggiore era per le condizioni economiche, sociali e culturali dell'Italia e in particolar modo per lo stile di vita dei loro coetanei d'oltreoceano.

Ho parlato per più di un'ora, di politica e di tempo libero, dei giovani del '68 e dei giovani d'oggi, di moda, di musica, di auto e motociclette (con i prezzi in valuta italiana e brasiliana), della situazione sociale in Italia e tanti altri argomenti, suggeriti anche da qualche professore.

Ma c'era una domanda che si intuiva tra le righe e che alla fine mi fu formulata da un giovane: "Ma voi, come ci vedete noi brasiliani?"

Ho risposto che il pericolo di immagini stereotipate esiste e sarebbe facile associare la gente brasiliana al samba, al carnevale, al calcio e ai "viados".

E consideravo una fortuna la possibilità di visitare quella regione del Brasile così sconosciuta al turismo internazionale, ma di vitale importanza dal punto di vista economico e culturale e così vicina a noi Italiani (e a noi Veneti in particolare).

Ho ammesso che in Italia il benessere è più diffuso, i giovani vestono abiti firmati, spesso posseggono motociclette di grossa cilindrata (là non ne ho vista una), auto costose. Ma ho anche ricordato che la sazietà dei loro coetanei italiani spesso si accompagna alla solitudine, al vuoto intellettuale e spirituale. Da qui il deprimente spettacolo del venerdì e sabato sera, quando una massa di giovani perfettamente omologati (stessi abiti, stesse pettinature, stessi orecchini, stesso gergo linguistico) si danno appuntamento per partire poi per le discoteche dove andranno a stordirsi di musica assordante e di pasticche. E qualcuno perderà la vita al ritorno.

C'era la reale possibilità che il discorso assumesse una connotazione ipocrita

(del tipo "in fondo noi, pur avendo di più, non siamo felici. State meglio voi, anche se avete di meno").Così ho voluto chiarire subito che esiste intanto una grande differenza, dal punto di vista economico, tra il Nord e il Sud del Paese. E che anche all'interno del ricco Nord-Est esistono categorie di popolazione come i pensionati minimi, gli operai non specializzati, i lavoratori di bassa qualifica nel terziario ecc. che devono fare i conti per arrivare alla fine del mese.

Ho poi aggiunto che esiste un gran numero di giovani che studiano, che fanno volontariato, che spendono l'indispensabile. Questi si vedono poco e non fanno notizia, ma sono una risorsa futura per la società.

Quindi l'accento, più che sulle condizioni economiche, le possibilità di divertimento, lo stile di vita, andava posto sulle esigenze, sugli interessi, sugli atteggiamenti di fronte all'esistenza, sulle speranze dei giovani italiani e brasiliani. Da questo punto di vista, ho detto loro che non notavo differenze, che erano del tutto simili a mio figlio di ventidue anni.

Enrico Pagnin

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