APPUNTI IN LIBERTA’ SULLA TOURNÉE BRASILIANA

di Sergio Piovesan

La tournée che il Coro Marmolada ha sostenuto nello stato brasiliano del Rio Grande do Sul (18.6.2003-29.6.2003) è stata un impegno notevole da parte di tutti i componenti, soprattutto per i numerosi concerti (anche due al giorno) tenuti nelle varie città (Santa Maria, Sao João do Polesine, Faxinal do Soturno, Nova Palma, Santa Cruz do Sul, Relvado, Encantado, Farroupilha, Bento Gonçalves, Guaporé e Carlos Barbosa).

La parte iniziale prevedeva la partecipazione al II Festival de Coros Italianos do Mercosul, con base a Santa Maria, città di circa 250.000 abitanti, con tre università, al centro dello stato ed a 300 Km. circa dalla capitale Porto Alegre.

Qui, lo stesso giorno del nostro arrivo dopo 30 ore di viaggio, è stato tenuto il concerto iniziale del festival che vedeva il "Marmolada" chiudere la serata con dieci canti. Subito è stato chiaro, non solo al direttore artistico Lucio Finco, ma anche a tutti i coristi che il canto "principe" della tournée sarebbe stato "Emigranti" ("Merica, Merica") in quanto nato proprio nel periodo delle emigrazioni di fine ‘800 che portarono numerosi connazionali in quelle terre; è quasi un inno nazionale ("… è più dell’Inno di Mameli …" mi confessava, alcuni giorni dopo, la rappresentante del circolo Italiano "Stazione 35" di Carlos Barbosa).

Una delle scelte più simpatiche degli organizzatori del Festival (AISM – Associazione Italiana di Santa Maria, Circolo Veneto di Santa Maria e Coro "Giuseppe Verdi") è stata quella di ospitarci presso le famiglie dei coristi e/o degli associati, tutte di origini italiane. In questo modo ognuno di noi ha conosciuto storie diverse, ma sempre simili, di nonni e bisnonni che lasciarono l’Italia da poco unita e che, con sofferenze, fatiche e molta voglia di lavorare contribuirono alla crescita civile, morale, culturale ed economica di quelle terre.

Oggi i discendenti si sentono brasiliani, ma non vogliono dimenticare le loro origini italiane ed in particolare del "Triveneto" come si chiamava allora l’attuale "Nord-Est".

Non tutti parlano l’italiano o il "talian" che è un misto delle varie parlate venete di oltre un secolo fa con mescolanze di idiomi di altri emigranti (in particolare tedeschi) e, naturalmente, di un po’ di portoghese, soprattutto la cantilena; sembra quasi un veneto parlato da un genovese. Sarebbe diventata quasi una "lingua" di quello stato se il governo brasiliano, dalla prima guerra mondiale a dopo la seconda, non avesse proibito di parlare in altre idiomi se non in portoghese. Attualmente molti frequentano corsi di italiano, lingua che viene studiata anche a livello universitario. Un corista, Enrico Pagnin, ha partecipato ad uno di questi corsi in qualità di "intervistato" sulla attuale realtà italiana (sociale, politica ed economica). (v. allegato)

Molte famiglie hanno ricostruito la loro storia individuando il luogo di provenienza ed i nomi di coloro che erano partiti, i matrimoni, quasi tutti fra conterranei. Per fare ciò hanno compiuto ricerche nelle anagrafi comunali e parrocchiali sia in Italia che in Brasile. Non tutti, però, sono sicuri delle loro origini; infatti alcuni, nel presentarsi, dichiaravano il proprio cognome ma non conoscevano la denominazione esatta del paese di provenienza; a volte ci indicavano la provincia o qualche toponimo che, però, ci risultava sconosciuto trattandosi forse di qualche frazione. E proprio da questi abbiamo avuto richieste di effettuare ricerche in Italia.

Ma vivere nelle famiglie ci ha fatto anche conoscere le loro usanze, la loro cucina, il loro stile di vita e, naturalmente, sono state fatte anche comparazioni con i nostri modi di vivere.

Dalla città di Santa Maria il festival è stato portato anche in alcune cittadine del circondario. Una di queste si chiama Nova Palma e grande è stata la mia curiosità, fin dalla fase organizzativa, per questa cittadina. Innanzitutto perché, da informazioni risultate poi inesatte, credevo che il nome derivasse da Palmanova anche perché, nella zona, molti sono i nomi di città italiane preceduti dall’aggettivo "Nova". In secondo luogo perché ero stato informato che molti cittadini di Nova Palma portavano il mio cognome (Piovesan). Mi era stato riferito che erano molti, ma non così tanti!

Infatti, su circa 10.000 abitanti, il 20% si chiama Piovesan.

Già fuori della chiesa, dove dovevamo tenere il concerto molti mi si avvicinavano presentandosi e stringendomi la mano. Ma il massimo è stato quando il presentatore della manifestazione, prima di invitare il coro, mi ha chiamato per nome pregandomi di avanzare da solo fra gli applausi della gente. Sinceramnete ero emozionato e commosso e non ho saputo dire altro che un "grazie" a questa manifestazione di simpatia. Anche il successivo pranzo, che da quelle parti viene chiamato "confraternização", come anche le cene, ho continuato a stringere mani.

In quella stessa occasione è stato presentato un "video" di 20 minuti che dovrebbe partecipare alla prossima Mostra del Cinema di Venezia in una particolare sezione; il titolo è "La fortuna di Gigio" e gli attori della compagnia, che recitano in dialetto, sono, al 50%, dei Piovesan. Il regista è Cesare Barichello, fondatore anche del Coro Triveneto, nuovo complesso a 4 voci maschili al quale abbiamo fornito una serie di spartiti delle nostre "cante" che là sono introvabili.

Per concludere la parentesi del mio cognome, devo riferire anche che ne ho trovati altri due , fratelli e professori di musica, a Santa Cruz do Sul, che mi hanno fatto omaggio del libro che descrive la loro ascendenza (i bisnonni sono partiti da Preganziol – TV) e di un loro CD nel quale sono eseguiti, da un gruppo formato da famigliari, canti popolari italiani.

E proprio in questa città è iniziata la seconda parte della tournée, quella non legata al festival, nella quale il "Marmolada" è stato l’unico interprete nelle varie manifestazioni.

Da questo momento abbiamo soggiornato non più in famiglie, ma in alberghi.

A Santa Cruz do Sul siamo arrivati un po’ in ritardo perché i saluti agli amici che lasciavamo a Santa Maria, com’è naturale, si sono prolungati.

In questa città, nella quale c’è una leggera prevalenza di oriundi tedeschi, abbiamo trovato il Circolo "Bella Italia", fondato da appena un anno, che, con un’organizzazione perfetta, si potrebbe definire "tedesca", è riuscito a riempire la Cattedrale di Sao João Baptista, la più imponente costruzione neo-gotica del Sud America.

All’ingresso vedere tutto quel pubblico, mi ha, ma forse sarebbe più giusto dire "ci ha", fatto impressione. Ad un primo calcolo potevano essere 800 persone, ma quando espressi questa mia convinzione durante il saluto, il parroco mi si avvicinò per precisare che, invece, erano ben 1300.

Se vogliamo stilare una classifica per pubblico presente, questo concerto può essere considerato al 2° posto (il primo posto fu nel 1988 nell’Auditorium di San Juan, in Argentina, dove i presenti furono 2000).

Certo l’emozione del Coro era palpabile, ma, a volte questo stato d’animo fa fare anche cose egregie, ed il concerto in questa occasione è stato un "buon" concerto. Ma l’apoteosi è stata quando, alla fine di "Emigranti", 1300 persone si sono alzate in piedi ad applaudire per diversi minuti.

Se "fare coro" nel modo in cui noi lo facciamo, cantare cioè quelle musiche cosiddette "di montagna" o "popolari" od ancora "di ispirazione popolare" riesce a dare ancora queste emozioni non solo al pubblico, ma anche a noi coristi, allora bisogna continuare su questa linea anche se qualcuno del "mondo corale italiano" pensa che questo stile di canto non abbia più senso e, quindi, un futuro.

23 giugno 2003

Purtroppo, dopo il successo di Santa Cruz do Sul, non ci resta molto tempo e, dovendo partire per la nuova destinazione, non possiamo né visitare la città, né salutare in maniera più consona, come doveroso, i nostri ospiti (Circolo "Bella Italia"), né ringraziare abbastanza per l’accoglienza e per la perfetta organizzazione.

Partiamo in pullman per Encantado dove, alle 11, riceviamo il saluto del Sindaco (Prefetto) che ci consegna una targa della Municipalità. Subito dopo siamo di nuovo in viaggio per arrivare, verso mezzogiorno e dopo un bel tratto di strada sterrata contrassegnata da siepi di "stelle di Natale", a Relvado.

E’ questo un paese di circa 2500 abitanti (luogo di nascita di Pasin, il Presidente del Circolo Veneto di Santa Maria, ancora nostro accompagnatore). E’ il 24 giugno, festa di San Giovanni Battista, patrono del paese che festeggia, inoltre, il 15° anniversario dell’emancipazione da Encantado.

Per l’occasione della festa del patrono, al nostro arrivo, sentiamo sparo di mortaretti che noi crediamo siano in nostro onore, ma del contrario verremo informati dopo!!

Invece ad accoglierci, mentre scendiamo dal pullman, un gruppo di signore che, accompagnate dal suono di una fisarmonica, ci dà il benvenuto a Relvado cantando "Merica, Merica", cioè la loro versione di "Emigranti".

Il fatto, oltre a commuoverci, ribadisce la nostra convinzione di quanto questo canto sia importante per tutte le comunità italiane del Rio Grande do Sul.

E dopo l’accoglienza iniziale il pranzo in allegria assieme ai nostri ospiti; naturalmente non poteva non mancare il "churrasco"!

Al termine scopriamo le comicità mimiche di Toni Dittura (recente debuttante in coro) e di Angelo Merlino, nostro accompagnatore e corista onorario da decenni.

Passiamo per la chiesa di S.G.Batt. posta al termine di una lunga scalinata, e in quel luogo, solo per noi e per i pochissimi accompagnatori, cantiamo "Ave Maria" e "Maria lassù".

Fa abbastanza caldo.

Ci rechiamo, quindi, presso un capannone dove è in corso, organizzata dal Gruppo della Terza Età, la festa locale. Danze di bambini e adulti (danze gaùche) ed ancora mangiare e tanta allegria. Il coro interviene con tre canti molto applauditi.

Ripartiamo per Encantado dove, finalmente, possiamo occupare le stanza presso l’Hotel Turatti. Un breve e dovuto riposo ci rimette in forma per affrontare il concerto serale presso l’Auditorium Italia ubicato nell’edificio della municipalità.

Dell’organizzazione fa parte anche l’Associazione Italo-Brasiliana di Encantado presieduta da De Broit.

Concerto in due tempi con 15 canti in programma più "La montanara" come bis. Sono presenti circa 500 persone.

Dopo il concerto: cena al Clube Commercial; alla fine della cena spettacolo di musiche e danze "gaùche".

Pasin ci saluta e rientra a Santa Maria in quanto, dal mattino successivo, saremo presi in carico da un’altra organizzazione e faremo base all’Hotel Dell’Onder (4 stelle del Gruppo Michielon) di Bento Gonçalves (B. Gonçalves era un compagno di combattimenti di Giuseppe Garibaldi e, proprio nelle vicinanze, si trova una cittadina che si chiama "Garibaldi".)

La nostra nuova guida per il resto della permanenza in Brasile è il Presidente del Circolo Veneto di Bento Gonçalves e si chiama Admir Gugel.

25 giugno 2003

Partenza da Encantado alle 9,45 con una prima sosta presso la citta di Carlos Barbosa (15.000 abitanti) la cui economia è basata, al 70%, sull’industria TRAMONTINA (coltelleria) i cui fondatori, originari del pordenonese, si chiamavano Tramontin e all’inizio della loro attività erano fabbri. Oggi la Tramontina, la più grande industria di quel tipo del Brasile (forse del Sud America), produce coltelli, pentole di vario genere, articoli casalinghi, spiedi e spiedini per il "churrasco" ed utensileria varia.

Effettuiamo una visita alla "mostra/spaccio" dove c’è la possibilità di fare acquisti.

Prima di arrivare a destinazione passiamo, senza fermarci, per la città di Garibaldi dove viene prodotto lo spumante locale chiamato "frizante".

L’ingresso a Bento Gonçalves avviene passando sotto un’enorme botte in cemento; siamo nella terra del vino brasiliano, la Vale dos Vinhedos, ed anche una chiesa, compreso il tabernacolo, è fatta a forma di botte!

Pranzo all’Hotel Dell’Onder con torte finali per i compleanni di Rolando Basso e di Livio Cucco. Dopo il pranzo avviene la sistemazione nelle camere.

Nel ristorante dell’hotel notiamo che il servizio è in forma di "buffet" ed i camerieri prendono le ordinazioni solo per le bevande che, come sempre, dovranno essere pagate a parte.

Dopo il riposo postprandiale, alle 17,30 partiamo per Farroupilha dove, alle 19, saremo in concerto presso il Seminario Apostolico Madonna di Caravaggio retto dai padri della congregazione veronese di Don Calabria.

Qui è in corso, anzi inizierà con il nostro intervento, la VII Settimana della Cultura Italiana.

Intuiamo subito che la nostra partecipazione è stata programmata all’ultimo momento in quanto il luogo del concerto è poco adatto al canto corale. Trattasi di una palestra nella quale il palco è posto al centro di uno dei lati lunghi; quindi acustica pessima e rumori di fondo dalle apparecchiature predisposte per l’amplificazione necessaria ad altri tipi di musica.

Alla fine uno dei sacerdoti si è scusato ed ha confessato che, avendolo saputo prima, avrebbero provveduto ad organizzare il concerto in chiesa dove l’acustica era ben diversa. Tuttavia, nonostante l’ambiente ed i lunghi discorsi iniziali, non ci perdiamo d’animo e ci facciamo ugualmente onore proponendo una decina di cante.

Segue una cena in piedi con "polenta pasticciata" (questa volta niente "churrasco"), salumi, formaggi, dolci e vino fragolino.

Rientriamo in albergo ma, essendo ancora presto, ci disperdiamo fra il bar, i salotti della "hall" ed il "punto Internet" dove il sottoscritto e Alessandro Ballarin trasmettiamo un mio articolo a IL GAZZETTINO , articolo focalizzato principalmente sul concerto di Santa Cruz do Sul e che verrà pubblicato sulle pagini nazionali nell’edizione del 30 giugno. A proposito del quotidiano veneziano, doveva venire al nostro seguito anche un giornalista, Maurizio Cerruti, che, all’ultimo momento, ha rinunciato.

26 giugno 2003

La mattinata del giorno successivo viene dedicata alla visita ai luoghi della prima colonizzazione italiana, Caminha de Pedra, dove sono ancora in piedi e restaurate alcune case dell’epoca (fine ‘800 – primi ‘900). Vicino ad una di queste, ora adibita a ristorante tipico, un enorme albero, chiamato "Umbu" ed in dialetto "Maria Mola", con una cavità ai suoi piedi così grande che dentro la stessa trovarono rifugio i primi emigrati che giunsero in quel posto.

Ancora un po’ di pullman per andare a visitare la cantina Salvati, una costruzione ottagonale del 1994, voluta, progettata e costruita con materiale locale ("Basalto multicolor") da Saverio Salvati che ci guida nella visita ed agli assaggi.

Qualcuno di noi acquista delle bottiglie di vino.

L’impianto delle viti è recente e le barbatelle provengono dall’Italia, precisamente da Rauscedo (PN).

L’immensa sala centrale ottagonale, circondata da botti in legno di "tatajuba" e "araucaria" serve anche come sala da pranzo (scelta non troppo ortodossa in quanto il vino è materia delicata e non gradisce altri odori in cantina) dove si degustano piatti tramandati dalla nonna del proprietario. Altro scopo che si prefigge Saverio Salvati è quello di tenere vive la civiltà e la cultura italiane e venete.

Lasciata la cantina e dopo una decina di minuti di pullman, con soste per permettere di scattare fotografie al paesaggio nel quale dominano le "araucarie" (alberi che prima della colonizzazione ricoprivano interamente il territorio), arriviamo presso la "fabbrica" dell’"Herva Mathe".

Scopriamo quindi che non si tratta di un’erba, ma di un albero (Ilex Paraguayanensis) le cui foglie assomigliano a quella dell’alloro anche se le due non sono parenti fra di loro. La "fabbrica", o meglio il luogo di lavorazione , funziona in parte con forza motrice prodotta da un mulino ad acqua. Le foglie, compresi i rami più piccoli, passano attraverso due momenti di essiccazione e, quindi, il tutto viene posto su mortai dove i "pestelli" (a mano od azionati dalla forza idraulica o dall’energia elettrica) lo riducono quasi in polvere che serve per preparare il "chimarrão" o "Herva Mathe".

E’ questa una specie di tisana che viene assaporata, tramite una speciale cannuccia ("bomba"), da recipienti di diverse dimensioni ma costruiti quasi essenzialmente con zucche svuotate. Trattasi quasi di una bevanda nazionale. Si vede gente che lo beve per strada, in macchina, nei mezzi pubblici: insomma lo si trova sempre pronto (basta un thermos di acqua calda) quasi in ogni luogo.

Si ritorna in albergo per il pranzo e nel pomeriggio incontro la signora Adelinda Cavallet che, gentilmente e su richiesta del nostro accompagnatore Admir Gugel, mi ha procurato una pigna di "araucaria". E’ questo un frutto di 2- 3 Kg dal quale, una volta seccato, si estraggono dei grossi pinoli che, una volta cotti (bolliti od arrostiti sulla piastra), si mangiano come le castagne. Li ho assaggiati e devo dire che sono buoni.

La signore Adelinda ha un vivaio e, oltre a coltivare fiori e piante, si dedica agli addobbi di diversi locali fra i quali anche l’hotel in cui siamo ospiti.

La pigna di araucaria ha un particolare significato per questa signora che, anche su mia sollecitazione, mi racconta la storia dei suoi bisnonni.

Angelo Cavallet e Pasqua Rosset arrivano in queste lande nel 1875 provenienti dalla provincia di Belluno (la signora non conosce esattamente il paese di origine in quanto nel corso di 125 anni si è persa la memoria storica).

Il governo del Brasile assegnò loro, sulla carta, un pezzo di terra e quando giunsero sulla loro "proprietà" scoprirono che si trattava di foresta ("mato") di araucarie. Non c’era altro da mangiare se non i pinoli e proprio di questi, e solo di questi, si sfamarono nei primi mesi di permanenza. Perciò, oltre ad iniziare il disboscamento per piantare altre culture, si dedicarono alla raccolta dei pinoli ed alla loro commercializzazione. Ma per poterli portare al mercato più vicino dovevano percorrere, ogni giorno, 20 Km di andata e 20 di ritorno non per sentieri o strade, ma attraverso la foresta e, quindi, con molta fatica e con numerosi pericoli anche per la presenza di animali selvatici che, allora, non mancavano. Con il ricavato di questo commercio, pochi anni dopo, Angelo Cavallet e Pasqua Rosset si fecero raggiungere dagli altri famigliari.

Alle 15,30 (26.6.) partiamo per andare a visitare una cantina, la più grande cantina del Brasile, la "Vinicola Miolo", fondata nel 1897. Il proprietario è ancora uno di questa famiglia (terza generazione) che proviene da Piombino Dese (PD).

La cantina è stata "rifondata" nel 1988 e la sua produzione viene consumata quasi totalmente in Brasile.

Un giovane enologo ci accompagna nella visita con spiegazioni tecniche molto precise. La maggior parte della produzione viene passata in "barrique" assumendo così un gusto non molto gradito ai nostri palati. Inoltre veniamo informati che, al momento della prima fermentazione, rimane otto giorni sotto le vinacce.

All’assaggio tutti facciamo finta di gradire in quanto siamo concordi nel preferire i nostri vini veneti e italiani.

Prima di lasciare la Vinicola Miolo eseguiamo due canti per i nostri ospiti ("O Angiolina" e "La montanara").

Rientriamo in albergo dove riposiamo un po’ prima del concerto.

Alle 21, nella sala del ristorante, che per l’occasione non effettua alcun servizio, inizia il concerto. Il pubblico, attento ma non eccessivamente caloroso, questa volta non è di oriundi italiani in maggioranza in quanto gli ospiti dell’albergo (ma è venuto pubblico anche della città) sono in gran parte dei congressisti provenienti da San Paolo.

Le presentazioni vengono fatte in italiano dal sottoscritto con traduzione in portoghese da parte del Sig. Tarcisio Michielon uno dei proprietari dell’albergo.

Sono presenti anche i rappresentanti del Fogôlar Furlan (Sig.ra Neiva Sain in rappresentanza del padre, Presidente), del Circolo Veneto (Admir Gugel, presidente e nostro accompagnatore) e del Circolo Trentino (Sig. Postal); è rappresentata anche la municipalità di Bento Gonçalves nella persona dell’Assessore alla Cultura.

La cena dopo il concerto si svolge nello stesso salone e, come intrattenimento musicale, un tenore che, accompagnato da un chitarrista ci propone per lo più brani italiani.

27 giugno 2003

Si avvicina la partenza e, come ultimo giorno, siamo impegnati in due concerti.

Il primo lo teniamo nella città di Guaporè alle ore 12, prima del pranzo. In precedenza il sindaco, che di cognome fa Stival, quindi di origine trentina, ci riceve in municipio.

La città festeggia il centesimo anniversario di fondazione.

Il concerto, alla presenza di un pubblico attento, è di soli 7 brani che, però riescono ugualmente ad entusiasmare, soprattutto "Emigranti". Ci troviamo nel salone di un "club" dove dopo il concerto è già predisposto il pranzo.

Successivamente il sindaco ci fa da guida alla visita della città: una panoramica in pullman, tutto di fretta anche perché questa sera ci attende un altro concerto.

Vediamo la chiesa cattolica retta dai "Padri Scalabriniani", una Scuola Tecnica Agricola di 2° grado, un autodromo (il secondo del Brasile) di 3080 metri nel quale si svolgono gare di "Formula 3" ed infine un "Horto Forestal" (orto botanico). Un punto d’orgoglio del sindaco e di tutti i cittadini è che a Guaporè non esiste la "favela". L’economia della città si basa soprattutto sulla lavorazione di gioielli (sono presenti anche alle mostre orafe italiane) e di bigiotteria.

Dopo il rientro in albergo ci attende il solito e dovuto riposo e, alle 19,15, partiamo per la vicina Carlos Barbosa.

Alle 20 è previsto il concerto presso il Cinema Italia. Anche qui ci accorgiamo che l’organizzazione è stata un po’ affrettata ma, nonostante tutto, l’accoglienza è calorosa. La "tenuta" del coro è buona ed il concerto, anche con il palco stretto ed alcuni coristi in bilico, con un repertorio di 13 canti suscita entusiasmo fra il pubblico. L’organizzazione è a cura dell’Associazione Italiana "Stazione 35" di cui è presidente Teresa Zan. E’ presente anche la Segretaria (assessore) del Turismo sig.ra Valchiria Ferle.

La signora Zan ci spiega perché l’associazione porti questo nome. All’inizio della colonizzazione i diversi centri abitati non avevano ancora una denominazione ma, invece, venivano numerati in base alla fermata della ferrovia e quella della futura Carlos Barbosa era la "Stazione 35".

Dopo il concerto ci spostiamo presso un circolo (ogni città che abbiamo visitato ce n’ha anche più di uno ed alcuni sono con numerosissimi soci e quindi molto ricchi) dove siamo attesi, quali ospiti d’onore, ad una cena di beneficienza per la raccolta di fondi da destinare agli aiuti per i bambini handicappati. Ormai siamo al termine della tournée e, quindi, non ci risparmiamo: ci chiedono un canto e noi ne eseguiamo invece altri quattro.

28-29 giugno 2003 – Il rientro a casa

Mattinata dedicata ai preparativi delle valigie ed agli ultimi acquisti.

Dopo il pranzo, alle ore 15, partiamo per l’aereoporto di Porto Alegre, sempre accompagnati da Admir Gugel.

All’areoporto sono venuti a salutarci Carlo Di Gioa del Consolato Italiano e una rappresentante del Circolo "Bella Italia" di Santa Cruz do Sul.

Ad Admir consegnamo il gonfaloncino del Comune di Venezia per il Circolo Veneto di Bento Gonçalves, omaggio che ci eravamo dimenticati di consegnare nel momento più opportuno del concerto all’Hotel Dell’Onder.

Ed a questo punto … saluti, abbracci e commozione!!

Partenza da Porto Alegre alle 20 (40’ di ritardo) ed arrivo a San Paolo alle 21,45 (dalle prime luci della città all’atterraggio ci sono voluti ben 15’ di volo!).

Sorpresa!!! L’imbarco è stato spostato alle 23,30 e la partenza è prevista per le 0,15.

Ci sono state 5 ore di nebbia fitta su San Paolo e ciò ha contribuito a ritardare tutto il traffico aereo.

A Parigi arriviamo alle 14,30 del 29.6. Altra sorpresa!!! Il biglietto Parigi-Venezia prevede la partenza alle 21 e non alle 19,30 come credevamo. Un po’ di ritardo anche da Parigi (21,30) ed arriviamo all’Aereporto Marco Polo di Tessera alle 22,45.

Qui, in attesa delle valigie … altre due cante!

home