Il Golico

Se la Julia non fesse ritorno,
la me mama pregherà par mi,
Se la Julia non fesse ritorno,
la me mama pregherà par ti

Là sul Golico sotto la neve,
nà preghiera prima de dormir
là sul Golico sotto la neve
nà preghiera prima de morir.
Oh Madonna regina del cielo,
su me mama meti la Tua man,
daghe forza de pianzer pianelo,
daghe forza de non disperar.

Se la Julia non fesse ritorno...

Vi racconto un canto

di Sergio Piovesan

Premessa

Nel precedente numero di “Marmoléda”, in questa stessa rubrica, presentavo “Le voci di Nikolajewka”. Oggi seguito con lo stesso autore (Bepi De Marzi) e, collegandomi al precedente, tratterò due canti, anche questi ispirati all’ultima guerra mondiale, della conclusione della quale e della vittoria degli alleati sul nazismo e sul fascismo quest’anno ricorre il 60° anniversario.

Qualcuno potrà pensare “ … che barba! Ancora cantano la guerra! Sarebbe ora che questi cori cambiassero repertori! … ecc., ecc. (sempre su questo tono)” . Se posso essere d’accordo sulla varietà di un repertorio corale - ed il nostro repertorio ad ogni concerto è vario - non credo, invece, sia necessario abbandonare i brani ispirati alle vicende della guerra; ed il motivo è molto semplice: NON DIMENTICARE.  È proprio così! L’uomo è portato a dimenticare le vicende tristi, i momenti “brutti”, e questo, forse, per un bisogno esistenziale e per proseguire con una vita migliore. Ma facendo così, spesso, nasconde o modifica vicende che hanno fatto la storia ed in questo modo corre il pericolo di rinnovarle. Allora è proprio necessario ricordarle, per non dimenticare e per richiamarle alla memoria delle generazioni più giovani. Ed anche il canto può servire.

Personalmente mi dispiace che nel nostro tipo di canto non vi siano pezzi (o almeno io non ne conosco) che raccontino l’orrore dei campi di sterminio nazisti perché, purtroppo, sembra che i sentimenti antisemiti stiano risorgendo e non solo fra gli esaltati che frequentano gli stadi, ma anche, e sono episodi recenti, in qualche ateneo di prestigio (Torino, Firenze). E la classe dirigente sta zitta!

Forse non tutti se ne accorgono, ma è in atto uno strisciante e pericoloso revisionismo storico.

Allora … ricordiamo!

Il Golico

Gli Alpini, soprattutto quelli della Divisione Julia, erano partiti per un fronte,

quello greco, per una guerra che i governanti di allora si illudevano fosse

poco più di una passeggiata; “… spezzeremo le reni alla Grecia …” era lo slogan dei capi fascisti.

La Julia, che già era stanziata in Albania, iniziò la sua tragedia il 26 ottobre 1940 con l’attacco ordinato dal Comando Supremo in una stagione autunnale che, per l’arrivo delle piogge e delle prime nevi, non era quella opportuna per intraprendere una guerra. Per quanto riguarda l’organizzazione, basti pensare che già il 1° novembre gli alpini della Julia avevano già terminato la riserva di viveri. Scarseggiavano pure le munizioni e la copertura aerea promessa non si fece vedere. Dall’inizio dell’offensiva vera e propria (28/10/1940) all’11 novembre le perdite della divisione ammontarono a 1674 uomini, di cui 40 ufficiali. La resistenza greca, esercito e partigiani, bloccò sui monti, ai confini con l’Albania, le truppe italiane e l’inverno completò l’opera. Divenne una guerra di posizione.

Il Golico è un monte (vedi foto), nei pressi del fiume Voiussa, reso famoso da un altro canto (“Il ponte di Perati”), il fiume che “… s’è fatto rosso del sangue deglia alpini …”: la montagna fu più volte presa e perduta, soprattutto nel periodo 7/3/1941-18/3/1941, e ciò con numerose perdite fra gli alpini dei Battaglioni Tolmezzo, Gemona e Cividale, della Julia, ed anche del Btg. Susa della Taurinense. Il solo Btg Cividale il giorno 18 marzo ebbe 40 morti e 240 feriti.

Il testo, anche se d’autore, segue la tradizione di tutti i canti alpini e, quindi, non è un testo che esalta la guerra, anzi tutt’altro. Infatti l’alpino, conscio che qualsiasi azione potrebbe essere l’ultima, rivolge un pensiero alla madre e prega la Madonna di dare alla madre, che perderà il figlio, la forza di poter piangere senza disperazione.

 

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