MARMOLEDA - Notiziario dell'Associazione Culturale Coro Marmolada di Venezia - Giugno 2013 . Anno 15 n.2 (56)                  

Esistono e si cantano i canti popolari veneziani?

di Sergio Piovesan

Alcuni studiosi, soprattutto dell'ottocento, s'interessarono alle "canzonette, o villotte alla veneziana" e ne pubblicarono i testi in alcuni libri, ora rari, ma non introvabili.

Prendendoli in mano e leggendo i testi di queste "canzonette", sinceramente -da veneziano- casco letteralmente dalle nuvole. Infatti sono pochissime, da contare sulle dita di una mano, quelle che conosco o che ho sentito qualche volta cantare; e non si tratta di un libricino di poche pagine ma di un "tomo" contenente circa trecento testi. Chi li conosce oggi, chi li canta? Pochissime persone, per lo più ricercatori di questa materia sanno dell'esistenza di questo materiale. Per quanto riguarda poi chi lo canta, siamo veramente messi male: nessuno o quasi.

Si tratta di testi anche antichi, dei tempi delle crociate, di quando chi partiva salutava l'amata, o la sua patria, nell'insicurezza di rivederle. Tema molto comune è l'amore, quello corrisposto,  quello nascosto e quello negato, ma non mancano neppure i consigli delle madri e delle nonne; e tanto altro.

Alla domanda "chi li conosce, chi li canta?" risponde chi -ancora nel 1844- ebbe l'onore di leggere la prefazione del libro "Canti pel popolo veneziano" di Iacopo Vincenzo Foscarini, illustrati con note di Giulio Pullé, (edito in Venezia - dalla Tipografia Gaspari  nel 1844) - 

E proprio Giulio Pullé[1] all'Ateneo Veneto, nell'agosto del 1844, lesse: "....... Di simili poesie, che noi chiameremo col popolo canzonette, o villotte a la veneziana, furono già pubblicate altre raccolte; e poiché avevano molte di quelle la corrispondente loro musica originale a fronte, ci viene un'osservazione, essere cioè tutte scritte nei toni minori.  Qual sia la ragione di sì curioso accidente non sapremmo. Pare che i Veneziani abbandonandosi  all'affetto, si tingano per naturale inclinazione d'una lieve malinconia, che trasfonde in chi l'ascolta maggior tenerezza. Forse quella quiete augusta che regna per le vie di Venezia, singolare in paragone delle città di terra-ferma, è motivo di tale accidente: infatti, ognuno che al pari di me non sia nato su queste rive, avrà provato, nel porvi il piede, una certa maraviglia, un serramento di cuore, una, dirò così, dolce paura d'un silenzio così nuovo ed universale.

Se dunque v'ha delle canzonette originali di pubblica ragione, ond'è che non se ne senta cantare di rado, o mai, per le strade? Ahimè! la fatal moda che ogni cosa invade e scompiglia; le sovrabbondanti melodie, ed i cori rubati al teatro che rimbomba di sempre nuova musica, la vinsero; e fecero dimenticare, o trasandare a' buoni Veneziani, la cara semplicità de' loro canti primitivi, non basta: sin'anco il Tasso è andato in disuso! il Tasso una volta tanto comunemente intonato sulla poppa delle gondole, ond'ebbero i barcajuoli veneziani una specie di celebrità!   ....."  

 

Il Pullé dice che esistono testi anche con la musica a lato, cosa che, invece sembra sia oltremodo difficile.

Ma ecco la causa principale di una tale "non conoscenza": il sopravvento della cosiddetta musica colta, o dotta, che veniva eseguita nei teatri (ed a Venezia non mancavano), ma anche nei salotti e nei circoli dei nobili e della ricca borghesia, musiche che venivano cantate fuori ed imparate anche dal popolo prendendo cosė il sopravvento su quelle più "semplici" e popolari. Poi vennero i canti da battello, tutti d'autore,magari composti su commissione  e ciò incrementò maggiormente la dimenticanza degli antichi canti popolari.

Cosa fare? L'unica alternativa sarebbe quella di recuperare il canto registrando l'esecuzione di qualche donna (in genere sono le donne che tramandano la memoria) che ancora sia in grado di eseguirle e da questo minimo materiale risalire alla musica scritta.   

 

Per Iacopo Vincenzo Foscarini, vedi:

http://www.treccani.it/enciclopedia/iacopo-vincenzo-foscarini_%28Dizionario-Biografico%29/


 

[1] Drammaturgo (Verona 1814 - Legnano 1894); usò lo pseudonimo di Riccardo di Castelvecchio; inviso ai patrioti perché faceva parte dell'amministrazione austriaca. Scrisse oltre 25 lavori, oscillando fra il teatro a sfondo sociale, quello d'ambiente storico e la commedia goldoniana (La donna romantica e il medico omeopatico, 1858).