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Marmoléda

MARMOLÉDA - Periodico dell'Associazione Culturale Coro Marmolada di Venezia

Marzo 2017 - Anno 19 - N. 1 (71)

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L’altra Venezia e il Coro Marmolada 

di Luigi Cerocchi

 

Era l’estate del 2004, esattamente il mese di luglio; un caldo particolarmente afoso, come spesso accade a Venezia in quel periodo. Non era certo il momento migliore per traslocare, con le ferie imminenti e gli effetti del clima, che come è noto, rallentano i ritmi motori ed esaltano la stanchezza e, nella fattispecie, la tensione prodotta dalla paura di non farcela. Traslocare a Venezia, non è mai facile. Si, paura, perché, un discorso è preannunciare un trasloco di quella portata, che sembrava sempre imminente e che invece si rinviava di anno in anno e poi di mese in mese, configurandolo quasi come un miraggio, se solo si pensa all’impotenza di poter rimuovere tanta carta e soprattutto tante abitudini consolidate, e un discorso è l’avverarsi di tale miraggio, dopo una lunga e sfiduciata attesa.

Ho pensato di dover  raccontare  questa esperienza personale del faticoso trasloco degli uffici veneziani , ove ho prestato servizio per lunghi anni, da Piazza San Marco a Rio Marin per dire quanto, a volte,  sia stretto il legame tra luogo fisico ove si opera o si vive e le relazioni sociali che in esso possono instaurarsi.  Esperienza apparentemente estranea ad un contesto musicale e corale, ma che, come vedremo, è legata, come una sorta di fatalità per chi scrive,  alla rivisitazione di un percorso che, casualmente  ha portato il sottoscritto, prima a conoscere e poi a frequentare il Coro Marmolada, traendo da questa frequentazione, stimoli ed attenzioni per fenomeni musicali e conseguenti curiosità che,  seppure ancora da molti ignorati, si sono rilevati,   pregnanti e meritevoli di approfondimento, in quanto portatori di una crescita culturale ad ampio respiro, per quella musica corale popolare che va dalla ricerca delle  sue radici fino al rilancio di testi e  arrangiamenti inediti.

Certamente in una situazione sedimentata e radicata in un contesto in cui si era abituati a lavorare e a socializzare (basti pensare allo scenario di Piazza San Marco), l’evento si può definire a dir poco scioccante, ma proprio per questo, ricco di colpi di scena, di sorprese e novità, ma anche di curiosità, di scoperte e di nuove realtà, e tra queste, per così dire, l’altra Venezia, e da qui la scoperta del Coro Marmolada.

Ebbene, nell’arco di un mese, il trasloco, seppure a scaglioni, fu compiuto; quella operazione che sembrava impossibile si è avverata e aggiungerei con l’incredulità di molti, tra cui il sottoscritto. Palazzo Cappello, un palazzo  veneziano del cinquecento, restaurato  con non poche difficoltà, in un arco di tempo “biblico”(14 anni) e che sembrava non doversi mai concludere, dove era tutto per noi o quasi. Spazi dilatati e finalmente decorosi, finiture, arredi e decori in perfetto ordine, almeno  così è sembrato al primo impatto e tali sono apparsi a chi proveniva da locali più o meno disastrati, prestigiosi di per sé e per la posizione, all’interno delle Procuratie Nuove, ma certamente inadatti al buon funzionamento di un Ufficio Pubblico come il nostro, con i quali tuttavia molti di noi si sono interfacciati per lunghi anni, instaurando un legame quasi inseparabile.  Ma la novità è novità, è voglia di scoprire; è l’occasione per nuovi incontri e per diversi modi di rapportarsi al contesto e alle persone. Per così dire, si volta pagina e si ricomincia con la fiducia di chi coglie l’occasione per rinnovarsi.

L’altra Venezia risponde a questo primo bisogno di rinnovo. Rio Marin, pur con l’immancabile folclore delle gondole, è l’altra Venezia; non più turismo di massa, grandi monumenti, grandi alberghi, caffè e ristoranti d’eccellenza o souvenir a volontà, non più grandi eventi, carnevali ed in genere occasioni di grande richiamo, ma veneziani veri, quei pochi rimasti in città, spazi e ritrovi a dimensione umana, botteghe, baretti, alimentari, frutteria, macelleria, pizza a taglio, barbiere ristorantino e cicchetterie, insomma tutto a dimensione di vicinato a gestione famigliare per un’autonomia giornaliera, dove non esistono barriere tra strada e affacci su calli e campielli, su fondamenta e canali, su altane e tetti. Tutto a portata di voce e di vista , al punto da doversi talvolta ben guardare dall’essere ascoltati e visti o di non ficcanasare all’interno delle case altrui.  C’è poi l’artistico e monumentale giardino all’italiana, ma nello stesso tempo intimo, che già in stato di abbandono ed inselvatichito,  il collega specializzato nell’arte dei giardini, ha recuperato e curato con grande passione e professionalità, dove tra gli alti vecchi muri di cinta in mattoni, le statue e la scenografia del fondale con un classico porticato, è possibile mitigare lo stress ed assaggiare spazi di vera natura pur nel cuore edificato di Venezia, nonché intrattenere eventi di varia natura, anche musicali.

Ai primi di agosto il trasloco era terminato. Sembrava impossibile ma era vero. Eravamo ormai immersi nell’altra Venezia e ben presto ci siamo adeguati a questa nuova realtà, nonostante i tanti problemi, le tante incertezze, ma per contro la tanta fiducia di ripartire con il piede giusto.

Anche il Coro Marmolada dunque si colloca  tra le scoperte dell’altra Venezia. Ho scoperto il coro, tramite le locandine e i volantini di divulgazione dell’attività concertistica, che evidentemente venivano posti e distribuiti soprattutto in quel Sestriere (Santa Croce), a due passi da Piazzale Roma, vicino alla  sede coro  e alla nuova sede del mio Ufficio.

Incuriosito, anche per i miei trascorsi corali giovanili, in realtà prevalentemente di montagna, ma qui arricchiti da quel repertorio di tradizioni popolari genuine, soprattutto veneziane, ebbi subito occasione di ascoltare per la prima volta il Coro in un concerto durante le festività natalizie del 2004 , nella sala capitolare della Scuola Grande di S.Giovanni Evangelista. Tanto ne fui colpito, che subito pensai di chiedere di poterne far parte, grazie anche agli appelli di reclutamento che già da allora venivano fatti, ma non ne ebbi il coraggio, anche per gli impegni di varia natura, tra i quali la mia pendolarità settimanale o bisettimanale con Roma, dove già risiedeva la mia famiglia, che ritenevo ostativi per una frequentazione continuativa all’attività del coro e così decisi di soprassedere.

Non ci pensai più per vari anni, fino a quando dopo che ebbi l’occasione di ascoltare un concerto del coro nella Basilica dei Frari, nell’ambito dei concerti natalizi del 2012, mi “innamorai” nuovamente e questa volta decisi di telefonare esprimendo il mio desiderio. Fui subito accolto con cordiale ospitalità ed iniziò la mia partecipazione alle prove tra i bassi. Oltre a ritrovare ed a immergermi nel clima dei canti di montagna a me cari, ebbi modo di conoscere anche tanta venezianità che nonostante i miei molti anni di lavoro a Venezia non avevo conosciuto.

Ero ancora in servizio e pensavo di poter entrare definitivamente nel coro, senza rendermi conto che di lì ad 8-9 mesi sarei andato in pensione e avrei dovuto lasciare Venezia. Fu così che, a partire dal settembre 2013, dovetti ridurre, la frequentazione del coro fino a tal  punto da non poter più aspirare a diventare corista, ma non fu un abbandono totale (avrei potuto riprendere con un altro coro a Roma, ma non fu così perché quello era il mio coro), continuai la frequentazione  saltuariamente, quando mi era possibile. Da quel momento, fu l’idea di entrare a far parte dell’annunciata associazione “amici del Coro Marmolada”a sostegno del coro e  la possibilità offertami di esprimere alcune mie considerazioni sul canto popolare, e non solo, su questo notiziario, a darmi la voglia e la spinta  di continuare questa vicinanza, seppure a distanza (scusate il gioco di parole), con il coro Marmolada.

Nel frattempo l’idea dell’Associazione, che per il momento è solo un Comitato, si è concretizzata e Paolo Pietrobon, in questo numero del notiziario ne descrive ampiamente le finalità, gli obiettivi e le aspettative, con l’auspicio di una crescita di adesioni, essendo al momento il numero degli iscritti piuttosto scarso, ma che con  l’enunciazione delle attività  e delle iniziative a prevalente carattere culturale programmate per l’anno in corso, non può che trovare una positiva risposta e grande richiamo per i temi trattati. Tra questi, l’incontro con il CAI di Mestre sulla storia del Rifugio Galassi all’Antelao e sulle riparazioni da farsi a seguito dei danni provocati da una slavina, un documentario sulla ricostruzione del teatro La Fenice ed alcune visite guidate su importanti realtà culturali dell’entroterra veneziano e trevigiano.