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Marmoléda

MARMOLÉDA - Periodico dell'Associazione Culturale Coro Marmolada di Venezia

Ottobre 2017 - Anno 19 - N. 3 (73)

 

 

 

Quando l'emozione ti coglie davvero impreparato ...

 ( se una canzone parla un linguaggio universale )

di Paolo Pietrobon

 

Giorni fa sono intervenuto al funerale di un personaggio significativo della mia Mirano. Renzo.

Partigiano attivo, torturato dalle Brigate Nere, che intendevano estorcergli nominativi e movimenti della Resistenza locale che avrebbe a fine guerra avuto numerosi assassinati, e fino a ieri membro attivo dell’attuale Sezione miranese dell’ANPI.

Amministratore comunale nel primo dopoguerra, di quella pattuglia di illuminati e tenaci amministratori che seppero attrezzare la città di un impianto urbanistico e di una gamma di servizi pubblici che tuttora ne fanno luogo apprezzato e desiderato quale residenza da tanti cittadini provenienti da fuori.

Uomo dall’indole determinata ma sempre rispettoso dell’interlocutore, perfino mite quando di trattava di facilitare in politica i confronti meno morbidi tra posizioni e caratteri dissenzienti, se non antagonisti.

Persona stimata diffusamente in città e amatissima in famiglia, uno di quelli che a parlargli ti regalava la sensazione di uno scambio ravvicinato, perfino affettivo, sempre attento e sorvegliato però sui contenuti non personali delle conversazioni.

Finalmente, cosa di grande rilievo, quasi eredità consapevole rivolta ai più giovani, che spesso incontravamo assieme, testimone e raccontatore pacato degli eventi della Resistenza e del valore fondante della nostra Costituzione: avveniva da diversi anni, a dicembre, allorché per iniziativa dell’Amministrazione Comunale, dell’ANPI, di gruppi di insegnanti delle scuole superiori e medie, venivano preparate vere e proprie lezioni sulla Resistenza poi proposte agli studenti più giovani da quelli delle superiori, alla presenza di testimoni tuttora viventi e di studiosi.

Il tutto con particolare riferimento alle vittime miranesi del nazifascismo ( da cui il nome di ‘ Piazza Martiri ’ dato alla piazza principale ): così potevi vedere, negli angoli della Piazza dove erano stati lasciati i cadaveri dei poveri partigiani ammazzati, gruppi di quegli studenti, attenti ed emozionati,  ascoltare, chiedere,  indicare i luoghi, prendere coscienza di una parte drammatica e spesso tenuta in disparte della storia nazionale, e della storia a loro vicina.

Renzo c’era sempre, nonostante l’età molto avanzata, acciacchi che non gli mancavano davvero, con pazienza e forte impegno, soprattutto nelle conclusioni che egli sempre rivolgeva alla fondamentalità della Costituzione Repubblicana, ai concetti di ‘diritto’ e ‘dovere’ democratici, alla necessità di non essere distratti, indifferenti, pigri, perché – egli sempre ripeteva – “ nessuna tragedia della storia finisce per sempre: tutto può ritornare, soprattutto se per troppo tempo ci si lascia andare al disimpegno…”

Un uomo di spessore insomma, privato e pubblico. Una persona che ti saresti potuto aspettare, pur in un sobrio funerale civile, alla presenza di tanta città e dei pubblici amministratori, accompagnato da qualche squillo di tromba, dall’esposizione di bandiere inastate, magari perché no del canto tradizionale della Resistenza. Invece, alla conclusione della cerimonia funebre, la figlia di Renzo, quasi chiedendone comprensione, chiede ai presenti di attendere ancora un po’, di voler salutare il comune amico ascoltando una canzone per lui molto significativa, particolare.

Ma, emozione vera, e sorpresa, nel silenzio della sala, dopo qualche istante di attesa, eccomi ad ascoltare, nientemeno, E mi me ne so ’ndao, con la voce calda e solitaria di Nane Barcheróte, sì, proprio il canto lagunare del mio Coro!...

Di Renzo conoscevo la sensibilità per le cose belle, sapevo delle sue vacanze nel Cadore e del calore con cui ne raccontava, davo per scontata l’ammirazione per Venezia…ma mai avevo avuto il sentore di una sua attenzione per il canto popolare, e meno che meno di una sua conoscenza del nostro repertorio. Ho pensato ai modi spesso inconoscibili con cui i messaggi corrono nel territorio delle relazioni umane e delle individuali emozioni, anche i messaggi – quello musicale ora – non proprio diffusi dalle grandi distribuzioni o dalle pubblicità dei media, ma subito dopo mi sono lasciato andare.

Così la laguna, i suoi anfratti bruni, la notte, tra i pochi fanali a punteggiare le morbide scie che collegano isole e comunità sotto un cielo complice nel suo silenzio di una smisurata lontananza, lo sciabordìo ovattato del remo nell’acqua scura e lucente, il sogno e il canto a mezza voce di un rematore mai sazio di godere di tanto incanto…. o vagamente trepidante per un timore che lo attanaglia sempre, quando tutta quella bellezza, tutta quella poesia e di storia lo attornia, lo comprime quasi a soffocarlo, quasi potesse svanire all’improvviso, tanto da farlo sentire – quel suo andare – non tanto un percorrere un sentiero amato da sempre, quanto un vero e proprio andarsene lui stesso, o perdere quel tutto che da sempre gli è stato culla e affidabile ascolto, quasi nell’eternità di tali formidabili e intimi sentimenti.

Allora ho intravisto l’amico Renzo su quel sandolo, ho capito il suo lascito istintivo, il suo affidare il senso della vita vissuta all’armonia simbolica di una canzone romantica, il suo partire senza strilli retorici né roboanti proclami, il suo salutarci affidando alla bellezza fascinatrice di una natura grandiosa quanto silente il proprio messaggio umano e culturale, quello di una pacificazione intima e pubblica che, vissute tutte le contraddizioni proposte da una esistenza libera e fattiva, anche la lotta, anche la sopraffazione subita, riporti serenità, la sufficiente suprema serenità, ai momenti decisivi di quel vissuto, momenti che inesorabilmente hanno a che fare con il nascere, e con il morire.

Addio Renzo. Grazie Nane.