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Marmoléda

MARMOLÉDA - Periodico dell'Associazione Culturale Coro Marmolada di Venezia

Dicembre 2017 - Anno 19 - N. 4 (74)

 

 

 

Bepi del giasso ai Armeni….

 

di Paolo Pietrobon

 

 

A conclusione del ciclo concertistico dedicato al Natale, il "Marmolada" si è presentato al Suo Pubblico Veneziano in un luogo particolare, sia dal punto di vista storico-religioso, sia perché si trattava di un'isola, quella di San Lazzaro degli Armeni, dove dal 1717 risiede la Congregazione Mechitarista Armena. Era il 21 Dicembre 2003, e il programma, includeva  il canto armeno "Alakiaz".

Non è stata questa la prima volta: nel 1955, il coro fu invitato a tenere un concerto presso il Collegio Armeno di Palazzo Zenobio, ai Carmini.  Fu proprio in quell'occasione che apprendemmo tre canti in lingua armena: Alakiaz, Khenghi-Tzar e Imcinari yare. "

Gli spartiti dei canti provenivano proprio dalla biblioteca di San Lazzaro: nel corso degli anni uno dei canti (Incinary yare) venne abbandonato, mentre gli altri due furono fusi in un unico pezzo che prese il titolo di Alakiaz…..”

Così l’amico Sergio Piovesan presentava e presenta un canto molto bello, ricco di enfasi mistica eppure umanissima, affascinante per un’armonia intensa e divergente nella sua invocazione al prodigio dolce dell’amore, un canto che lega intimamente la storia del Coro a quell’isola.

Eppure intorno all’isola mistica ha consistenza di leggenda o adattamento storico ad una vicenda umana formidabile un racconto semivernacolare, efficace e divertente, avente radice e relazione con tutt’altra atmosfera, tutt’altra storia, quella nientemeno di Josip Stalin! Leggiamo ([1]):

… C’è una bella isoletta nella laguna scampata alla ventata laicizzante portata da Napoleone, San Lazzaro degli Armeni <…> Aveva 28 anni Josif Vissarionovic Djugatchsvili detto Koba, ed era un giovanotto che veniva dalla Russia zarista, dalla Georgia in particolare. Aveva la barba incolta quando giunse, raccontò in seguito l’abate di San Lazzaro.

Era il 1907 e nella Russia non aveva vita facile essendo un esponente di primo piano di quella frangia estremista del partito socialdemocratico russo, che la storia comunemente ha poi chiamato bolscevichi. Fu per scappare alla polizia zarista che quell’anno riparò in Italia partendo nascosto, su una nave da carico mercantile che trasportava granaglie da Odessa ad Ancona dove sbarcò verso la fine di Febbraio <…> Ma fu nella città lagunare che gli anarchici della zona lo accolsero e lo battezzarono “Bepi del giasso” (Bepi del ghiaccio), a ricordare che veniva dal freddo.

A Venezia gli tornò utile la sua conoscenza dell’armeno e l’aver studiato alla scuola teologica di Gori e nel seminario cristiano ortodosso di Teflis <e> quando si presentò all’abate generale di San Lazzaro, Ignazio Ghiurekian, Bepi poteva contare sul fatto di saper servire messa secondo i rituali latino e ortodosso, nonché di suonare le campane con i rintocchi richiesti da entrambe le confessioni.

Fu così che Bepi del giasso rimase per un po’ a San Lazzaro a far da campanaro. Andava tutto bene, non fosse che l’abate voleva suonasse le campane secondo il rito latino, mentre Bepi s’intestardì a suonarle secondo quello ortodosso.

Tutto ciò creò un certo scompiglio nella piccola isola, finché l’abate mise Bepi innanzi ad una scelta: se desiderava rimanere in quell’isola che gli dava ospitalità doveva accettare le norme della congregazione e chiedere l’ammissione alla comunità come novizio. Non fu questa la scelta del giorgiano che ripartì, lasciando Venezia. Tornò in Russia in tempo per la rivoluzione e, qualche giorno dopo, divenne Segretario Generale del partito comunista e guida dell’Unione Sovietica col soprannome di “ Piccolo Padre ”.

Finito di parlare [il nonno che racconta al nipote, N.d.R.] si mise a ridere. “ Nòno no eà gera nà storia da ridar”, gli dissi. “ Rido parché penso a chei cassi de venessiani che scometo i conosse sta isoea parché ghe ga dormio Lord Byron e noi sa che invesse ghe gà vissuo un Segretario General dell’Union Sovietica de nome Stalin”.

Vero? Falso? Verosimile? In questo caso la dubitabilità del fatto sul piano strettamente storico non toglie nulla alla gradevolezza del racconto, a mio parere, e alla probabilità altissima, per il personaggio Stalin di quell’anno, di un vivere giorno per giorno tra peripezie altrettanto stupefacenti, e forse più di così….

 


 

[1] Da ‘ In voeo col leon. Tra leggende, curiosità e gastronomia nella Venezia e le sue isole ’, di Sandro Brandolisio, F. Filippi Ed.re, Settembre 2017. Trascrizione letterale.