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MARMOLÉDA - Periodico dell'Associazione Culturale Coro Marmolada di Venezia

Giugno 2018 - Anno 20 - N. 2 (76)

 

QUASI COME GLI ANGELI

 

CHE LODANO DIO...

 

Il canto liturgico  alla luce del Concilio, 54 anni dopo

 

di Alessandro Zanon

Due amici del Coro Marmolada hanno sottoposto alla mia attenzione un articolo apparso sul quotidiano “La Stampa” del 9 maggio 2018([1]) sull'annoso problema del rapporto del canto  all'interno delle celebrazioni liturgiche.

Nel leggere il titolo “Basta brutta  musica in chiesa” mi è venuto una specie di brivido. Non sarà mica, mi sono chiesto, uno di quei articoli denuncia scritti  sotto lo zampino di Monsignor Grau? Ma no, hai troppi pregiudizi, cosa vuoi.

Leggo l'articolo ed eccolo: è lui! Monsignor Grau in persona.

Chi è costui?

Monsignor Grau è un monsignore spagnolo, direttore della Cappella di Santa Maria Maggiore a Roma, che da quando è sacerdote ha detto peste e corna delle innovazioni della Chiesa Universale specie dopo il Concilio Ecumenico  Vaticano Secondo.

Ha screditato autori quali Marcello Giombini, Giusy Cento, Pierangelo Sequeri, Michele Bonfitto ( anzi padre Michele Bonfitto, autore del “Santo” più famoso, recentenente scomparso) e gruppi quali il Gen Rosso ed il Gen Verde che provengono dall'esperienza dei Focolarini fondati da Chiara Lubich.

 

L'articolo cerca di tirare le conclusioni su un convegno sul canto liturgico e qui il giornalista ha commesso una leggerezza non proprio... professionale, facendo parlare  solamente quelli appartenenti ad una certa corrente “reazionaria”.

 

 “Dopo l’ubriacatura  delle Ave Maria reinventate e i Padre Nostro blasfemi, non sarà il caso di darsi una calmata e tornare a cantare la Parola di Dio invece dei repertori orrendi che si sentono nei coretti delle nostre parrocchie?», si domanda don Valentino Donella direttore emerito della Cappella di Santa Maria Maggiore a Bergamo.

 

«Nelle funzioni dilaga un atteggiamento populista. Ma cantare la liturgia non significa allietare una riunione di amici, come purtroppo è all’ordine del giorno. La musica sacra deve possedere tre caratteristiche: essere santa, essere arte vera, essere universale. Nel nostro terreno sono cresciute le erbacce», denuncia, con tutta la sua autorevolezza, Monsignor Valentino Miserachs Grau.

Cosa significa essere essere santa, essere arte vera, essere universale? Significa secondo questi maestri di cappella porporati che la loro musica (assolutamente italiana) è l'unica permessa.

E che dire delle comunità cristiane in America Latina ed in Africa? Io non me le vedo cantare I canti delle Scholae Cantorum ? Non riesco immaginarmi una chiesa di Rio de Janeiro dove si canta la messa di padre Grau.

Alla fine degli sessanta è uscito un disco quasi “proibito” negli ambienti ecclesiali, acclamato invece dai giovani:la cosidetta “Missa Luba” cantata in latino con ritmi congolesi: un qualcosa di assolutamente unico.

Nel 1963 il maestro argentino Ariel Ramirez compose la "Misa Criolla" ( una messa con ritmi latino americani e cantata in spagnolo) e "Navidad Niestra" (una veglia liturgica natalizia che ascoltandola a distanza di molti anni dalla prima volta offre una sensazione di grande fede riletta con ritmo tipico delle popolazioni andine).

                                                

Tornando all'articolo, che cita   il Motu Proprio di Papa Pio X del 1903 e non ricorda che da allora c'è stato il Concilio Vaticano Secondo che i maestri di cappella porporati sembrano non conoscere, appare oltretutto una poca o minima conoscenza teologica e liturgica.

Michele Manganelli, direttore della Cappella Musicale di Santa Maria del Fiore a Firenze e docente al Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma, insiste sull’assenza dell’insegnamento musicale nei Seminari: «I primi che non sanno quello che vogliono sono i liturgisti, i parroci, i vescovi. Non sanno quello che si deve fare e non cantano. Pigiano i tasti dell’“animatore liturgico” e trasmettono delle musiche registrate, ma se il celebrante non canta, non canta neppure l’assemblea e il rito è dimezzato”

 Affermazione  questa che è sia pretenziosa che pesante e fuori luogo. Il Sacrificio Eucaristico è e rimane il Sacrificio Eucaristico che si canti o che non si canti, che si canti bene, che si canti male. Il Mistero Eucaristico non si trova nell'accordo eseguito con l'organo, con la nota del canto gregoriano o con la chitarra.

Con maggiore umiltà e maggiore autorevolezza teologica Manganelli avrebbe con molta delicatezza potuto togliere quel “il rito è dimezzato

Gianpietro Basello di san Giovanni in Persiceto in un blog  così si esprime circa il canto liturgico

Nella mia parrocchia si discute sempre molto volentieri del canto liturgico. Sarà perché alla messa festiva delle ore 10 c'è un coro con un repertorio "classico" (Bach, Perosi...) mentre a quella delle ore 11.30 c'è un coro con un repertorio più moderno e giovanile, accompagnato anche dalla chitarra. Io vedo solo degli amici che si impegnano nel coro delle 10 e degli altri amici che si impegnano in quello delle 11.30. Sicuramente sarò uno dei pochi, ma mi piace sia il repertorio del coro delle 10 che quello del coro delle 11.30. Anche se avessi delle preferenze, credo però che continuerei a vedere degli amici che si impegnano sia da una parte che dall'altra.

 

Ma il Manganelli che ormai si è infervorato da apparire quasi  “un novello Torquemada” scivola sulla classica buccia di banana: “ Inoltre, non c’è alcuna committenza: oggi il compositore di musica sacra fa la fame”

Tutti i discorsi dotti su rito dimezzato arrivano al ...portafogli dimezzato.

Se non fosse tragica questa affermazione riuscirebbe addirittura ad essere divertente.

 

Quello che questi signori maestri consigliano è l'uso dell'organo e non della chitarra. Inanzitutto i  salmi invitano ad onorare il Signore “con le corde” ( e quindi la chitarra ha le corde ed è accettata) e poi l'organo  non è nato come strumento liturgico, ma come strumento profano adoperato fino al '600 da quella che Sant'Ignazio di Loyola, fondatore dei Gesuti definiva “la feccia luterana”.

 

E' vero: c'è musica “moderna” nelle nostre chiese che fa veramente ribrezzo, Ma si dica altrettanto in certe messe moderne per Scholae Cantorum di autore.

Ho partecipato ad almeno tre schole cantorum: una a Venezia e due in Lombardia.

Alcuni pezzi che eseguivamo erano incantevoli, alcuni assolutamente obbrobriosi.

 

Ultime amare considerazioni: Domenico Bartolucci direttore della Cappella Sistina a Roma ( che pare sotto la sua direzione qualcuno chiamasse la Cappella 

Si-stona diceva  «perché la parola di Dio vive nella musica sacra». La parola di Dio vive nel cuore di ciascun essere umano e in ogni sua espressione sia essere cantata, pregata, meditata, urlata, silenziosa

 

L'articolo si conclude con un'affermazione cattiva e gratuita nei riguardi dell'attuale pontefice, papa Francesco. «Paolo VI stonato com’era, cantava sempre. Benedetto XVI conosce e ama la musica e sa cantare. Papa Francesco non canta, purtroppo» che anche se non scritto continua  almeno nel pensiero...” e quindi non gliene frega niente..”

Mi pareva che i sacerdoti facessero voto di Castita, di Povertà e di Obbedienza specie verso il Vicario di Cristo.

Ma forse mi sbaglio...!

 

Questa storia mi ricorda la parabola del Fariseo e del Pubblicano  col Fariseo che dice “Guarda come sono bravo IO …...!

Vi invito ad aprire il blog di cui vi ho parlato più sopra perché vi troverete anche alcuni punti della costituzione  SACROSANTUM CONCILIUM uno dei documenti conclusivi del Concilio sul canto liturgico

 

http://digilander.libero.it/elam/bibbia/canto_liturgico.htm)

 

Per finire dopo tante polemiche, un po' di saggezza:

 

Un uccello non canta perché ha una risposta. Canta perché ha una canzone.
(Proverbio cinese)

 

Chiunque esegue questo ministero del canto con vera fede e con tutta l’attenzione della sua mente, si unisce in certo qual modo agli angeli che lodano Dio nei cieli”.
Sant’Isidoro di Siviglia

 

Buona estate a tutti!

E cantate bene!!!