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MARMOLÉDA - Periodico dell'Associazione Culturale Coro Marmolada di Venezia

Ottobre 2018 - Anno 20 - N. 3 (77)

 

 

AD MAIOREM DEI GLORIAM

 

di Alessandro Zanon

 

In questo giornale online molto spesso si è parlato del canto liturgico.

Voglio continuare questa tradizione raccontandovi di un evento che ha cambiato per sempre il corso del canto liturgico.

 

Esiste una rubrica in questo giornale che si intitola “Vi racconto un canto”.

Io chiamerei questo mio intervento “Vi racconto un compositore”  o meglio “Vi racconto un'opera musicale”.

 

L'autore in questione è il celebre Benedetto Marcello, grandissimo compositore veneziano del 18° secolo cui è stato dedicato il Conservatorio di Musica della città lagunare e fratello del meno famoso, ma non per questi meno bravo, Alessandro.

 

Alessandro Marcello fu l'autore tra l'altro del celebre Concerto in Re Minore per oboe e archi il cui tema dell'Adagio è stata la colonna sonora del film “Anonimo Veneziano”.

 

Benedetto Giacomo Marcello nacque a Venezia nel 1686 e morì a Brescia, dove si trova la sua tomba, nel  1739.

Fu allievo di Francesco Gasparini per il violino e di Antonio Lotti per la composizione.

Laureato in diritto, rivestì diverse cariche pubbliche all'interno della Repubblica di Venezia (magistratura, consiglio dei Quaranta, provveditorato a Pola, ecc.), ma svolse fin dalla prima giovinezza una larga attività di compositore. Nel1738 per ragioni di salute ottenne il trasferimento a Brescia come camerlengo, ma morì circa un anno dopo esservisi trasferito.

 

All'interno della sua produzione musicale troviamo  musica strumentale,  vocale, profana e da un certo periodo della  vita in poi anche religiosa.

 

Proveniva da una famiglia patrizia che aveva  un grande respiro culturale-musicale.

La madre si dedicava al disegno  ed alla poesia e la famiglia Marcello possedeva il Teatro Sant'Angelo a Venezia

Secondo i primi biografi, il padre di Benedetto  ebbe cura che tutti e tre i figli (Benedetto, Alessandro e Girolamo) si applicassero fin dalla più tenera età alla poesia italiana e, a tale scopo, faceva comporre ai ragazzi ogni mattina otto o dieci versi.

 

Benedetto, nonostatnte una spiccata indole artistica, fu avviato alla  carriera politica.

 Nel 1711 entrò a far parte dell'“Accademia filarmonica di Bologna”  e in veste di Accademico oltre ad iniziare a comporre secondo lo stile dell'epoca e  pubblicò nel 1716, anche se in forma anonima, la Lettera famigliare di un accademico filarmonico et arcade sopra un libro di duetti, terzetti e madrigali a più voci stampato in Venezia da Antonio Bortoli l'anno 1705”, una feroce critica verso il suo maestro Lotti, cui seguì nel 1720 il Teatro alla Moda, libello in cui con graffiante ironia critica il modo di comporre dei suoi contemporanei (Vivaldi sopra tutti).

 

Ad un certo punto della sua vita, probabilmente, come raccontano le cronache dell'epoca in seguito ad un tremendo incidente capitatogli in una chiesa (in cui si aprì  il pavimento e lui cadde restando illeso) iniziò la sua conversione o meglio la sua riconversione alla musica sacra e religiosa.

 

Tra il 1724 e il 1726 compose l'Estro poetico ed armonico, anche conoisciuto come  “I Salmi di Davide”, un lavoro immane in otto volumi sui primi cinquanta Salmi del Salterio, considerato a tutt'oggi il più bell'esempio di musica liturgica,  opera apprezzatissima tra gli altri da Goethe, Luigi Cherubini, Giuseppe Verdi e Gioacchino Rossini.

 

La grande novità dell'opera va ben oltre la “recerche” musicale raffinatissima.

Il testo dei salmi non è in latino, come era uso del tempo, ma in libere parafrasi salmodiche in poesia italiana a cura del patrizio veneziano Giustinian.

La rinuncia alla lingua latina avvicina i salmi dell'Estro poetico-armonico al genere della cantata da camera spirituale, separandoli dalla musica sacra d'impiego liturgico. Tali peculiarità favorirono la diffusione dell'opera anche al di fuori dei paesi cattolici, specialmente in Germania e in Inghilterra.

 

Oltre a compiere questo enorme sforzo musical-culturale in chiave assolutamente innovativa, Marcello inserisce all'interni dell'opera  due melodie dell'antica Grecia accrescendo in tal modo il prestigio culturale della raccolta, ed alcuni canti tradizionali delle comunità ebraiche di Venezia, tratti da poesie liturgiche dette “Piyyutìm” di cui sono accuratamente trascritte undici intonazioni con relativo testo letterario, in cui il compositore verrà aiutato dai rabbini delle comunità ebraica tedesca e spagnola nel Ghetto,  contribuendo a fare di Benedetto  Marcello  un valido etnomusicologo ante litteram.

 

Quello che esce è una composizione nuova anche se con richiami antichi, fresca piacevole all'orecchio più preparato come pure a quello che si accosta all'Estro.

Qualche anno fa l'allora Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Venezia, Rav Elia Richetti (attuale Rabbino Capo Emerito delle Comunità Ebraiche Italiane) mi fece ascoltare un brano dall' Estro poetico ed armonico  e poi mi disse “ Vede, lei non può definire questa musica cristiana o musica ebraica. Questa è musica di Dio”

Gli ho dato immediatamente ragione.

 

Esistono molte registrazione su Cd dell'opera e molti dei Salmi di Marcello sono ascoltabili su You Tube.

Io mi permetto di consigliarvene uno, anche perché a cantare l'aria del contralto  è la veneziana Giovanna Dissera Bragadin e ad eseguire l'intonazione  in lingua

ebraica è lo stesso Rav Richetti con una bellissima voce di basso.

(Link https://youtu.be/eJaXaB8H8IM)

 

Come si diceva un tempo... “Ad Maiorem Dei Gloriam “ (“per la maggior gloria di Dio” )