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MARMOLÉDA - Periodico dell'Associazione Culturale Coro Marmolada di Venezia

Febbraio 2019 - Anno 21 - N. 1 (79)

 

Teatro La Fenice,che sorpresa!

Ricordi ed emozioni di chi ha seguito e documentato la ricostruzione

 

di Pierandrea Gagliardi

 

Parlare del Gran Teatro La Fenice di Venezia, non è semplice.

Fiumi di parole sono stati spesi su questo luogo così rappresentativo della nostra città e così importante per il mondo intero.

Per noi veneziani, il Teatro La Fenice, è uno dei luoghi pubblici più amati, perché l'abbiamo visto morire sotto i nostri occhi, nell'incendio del 29 gennaio 1996 e poi l'abbiamo visto ritornare in vita, pezzo dopo pezzo, durante la ricostruzione. terminata nel dicembre del 2003.

Il teatro è stato ricostruito "com'era e dov'era", impegnando le migliori conoscenze e competenze artigiane presenti in città, nel Veneto, in Italia, in Europa.

Il mondo intero ha donato contribuiti per la ricostruzione della Fenice.

Nel mio piccolo ho avuto la fortuna, con la mia azienda, di ricevere nel 1998, l'incarico dalla ditta responsabile della ricostruzione, di realizzare un documentario, sulla rinascita del teatro, seguendo tutte le fasi dei lavori. 

Questo film-documentario si intitola  "Il Ritorno della Fenice".

Oggi, quando mi trovo alla Fenice, rivedo i volti degli operai, degli artigiani, dei restauratori, dei tecnici, degli ingegneri, che ho ripreso con la telecamera per quattro anni. 

Sono loro che hanno fatto rinascere questo scrigno, a loro dobbiamo la grande  bellezza di questo luogo.

Svelato questo legame fisico che ho con La Fenice, non avrei mai pensato ad una esperienza nel teatro vissuta come "protagonista".

Al concerto dell'8 dicembre, "Musica per le nostre montagne", non ero più io a vedere lo spettacolo dal buio verso la luce,  come tante volte era successo, ora ero io dall'altra parte, nel palcoscenico, abbagliato dalla luce ad essere lo spettacolo con i miei compagni del coro.

Uscire dalle quinte verso la scena, esponendosi ad una visione del pubblico che ti avvolge quasi interamente di quasi 270 gradi è una vera emozione.

Il pubblico  nella cavea teatrale, ti osserva: da sotto, platea; da sopra, i loggioni; dai fianchi le barcacce; frontalmente, le gallerie. Quando sei in scena non hai scampo , 1000 persone ti guardano e ti ascoltano. 

In questa evidente tensione, durante il concerto sono rimasto concentrato come non avevo mai fatto.

Tutta la mia attenzione visiva era totalmente sul maestro.

Della direzione di Claudio, non volevo perdere la minima espressione, gesto, sguardo, movimento, postura. Anche il movimento di un dito era importantissimo.

Ogni messaggio da lui inviato, andava ricevuto e capito immediatamente.

L'attenzione sonora, dopo la nota di partenza, invece si rivolgeva alla mia sezione e poi all'insieme delle voci del coro.

Mentre mantenevo lo sguardo sul maestro, ai lati del campo visivo, tenevo anche sotto controllo, Angelo e Rolando, i due secondi tenori veterani, che mi affiancano e mi aiutano, con piccole espressioni o gesti, a mantenere bene la linea melodica ed il ritmo. Oltre a questo mi sono sforzato di dare profondità all'interpretazione dei canti, soppesando l'espressione di ogni parola emessa dalla mia voce.

Tanti livelli di concentrazione che, in una scala di priorità, ho cercato di mettere insieme per dare il meglio di me al coro. 

 

Personalmente ho anche gradito stringere la mano e scambiare due parole, dietro le quinte, con il maestro Bepi De Marzi. 

Di lui ho apprezzato le presentazioni fatte delle canzoni eseguite dai tre cori. 

Senza retorica, De Marzi ha contestualizzato storicamente i temi raccontati dalle "cante", mettendoli a confronto, con i valori, spesso fasulli o antistorici, in voga nella nostra società. 

 

Ringrazio il Coro Marmolada ed il nostro maestro Claudio, per avermi dato l'opportunità di vivere un evento così elevato e lusinghiero.

 

Al mio amato Gran Teatro La Fenice di Venezia, rivolgo un sorriso meravigliato per avermi, un'altra volta, sorpreso con questa stupenda esperienza.

 

Foto di Pierandrea Gagliardi