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MARMOLÉDA - Periodico dell'Associazione Culturale Coro Marmolada di Venezia

Maggio 2020 - Anno 22 - N.2 (83)

 

 

“Pandemia”

 

Richiamo di un vitalismo arcano e misterioso: tra reminiscenza mitologica, l’ “intervento degli dei”, e giornate difficili da trascorrere, ritorna il canto …

 

di Paolo Pietrobon

Pandemia: nome che fa paura ancora, oggi, e che fu il dramma buio degli umani vissuti nei secoli scorsi; esiste un ricco filone letterario che ci ha lasciato descrizioni importanti di situazioni pandemiche: nomi come Saramago, Boccaccio, Camus, Manzoni, Cronin, il greco Tucidide, che descrisse la peste nell’ Atene del 431–430 a.C., e Lucrezio, poeta latino che prese spunto dalla narrazione del suo predecessore.

Tucidide,l’inventore della storiografia, nel descrivere la storia della guerra del Peloponneso utilizza espressioni a dir poco ‘moderne’: ” Dica pure, riguardo a questo argomento, ognuno, medico o profano, in base alle proprie conoscenze, quale sia stata la probabile origine, e quali cause ritiene capaci di procurare un siffatto sconvolgimento; io descriverò come (la pestilenza) si sia manifestata, ed esporrò chiaramente quei sintomi dai quali la si possa riconoscere, essendone informati, se colpisse di nuovo, perché io stesso ho avuto la malattia e ho visto gli altri soffrirne.”

Lucrezio, anche lui ‘ moderno ’, mira a descrivere gli effetti psicologici che tali eventi traumatici suscitano, in chi fugge in preda alla paura irrazionale, o per pietà sfida il contagio e la morte certa per assistere gli ammalati. Così scrive nel De Rerum Natura: “ Quanti scansavano d’assistere i loro cari, ed amavano troppo la vita, e temevano troppo la morte, costoro lasciati lì, senza aiuto, li abbatteva e puniva l’incuria della morte schifosa. Ma via contagio e strapazzi portava chi li affrontava mosso dal punto d’onore e dalla voce implorante dei moribondi, dai gemiti ch’erano misti alla voce: subivano dunque una morte di tale specie i migliori … e contendeva la gente per seppellire nelle fosse altrui le schiere dei suoi: se ne tornavano disfatti per il cordoglio e il pianto, né si sarebbe potuto trovare alcuno che, allora, non fosse colto o dal male o dalla morte o dal lutto”  ( cit. ex Metropolitan Magazine ).

Dove allora il vitalismo arcano? Certamente nella ricorrenza storica degli eventi endemici che hanno da sempre messo alla prova pensiero e progetto negli umani, e nell’esperienza intuitiva o audacemente immaginativa dei tanti che hanno percepito e tentato di riconoscere il fluido totale nel quale, dai batteri e dai virus alle polveri microscopiche, nuotiamo, ‘ letteralmente’. Tutto ciò ‘ è ’, da sempre e solo nelle contingenze a noi oscure, ma ‘ logiche ’ nella logica che sottende al ‘caos’ della materia cosmica: ci ‘ invade ’, interrompe la nostra abitudine ai giorni che si susseguono senza traumi, apparentemente.

Ecco allora che tutto l’ingegno e tutta la carica adrenalinica in nostro possesso sono coinvolti o sconvolti per l’ansia profonda di un ‘ perché’  e di  un ‘ come ’ e di un ‘ quando ’… non diversamente dai nostri progenitori che, prima del formarsi di un metodo scientifico nell’approccio a tali eventi, popolarono cielo e terra di divinità, con un’affascinante e insieme semplicistica prolissità che a ogni ‘ contingenza oscura ’ attribuiva forma e comportamento, forse per immaginare di potersene salvare o di saperli combattere similmente a un nemico visibile sulla terra comune. Niente di nuovo quindi sotto il sole, nemmeno l’imprudenza e l’imprevidenza di noi, moderni e tecnologicamente superaccessoriati, nel far fronte alla prevedibile ricorrenza di detti fenomeni. Eppure esiste un catalogo in tal senso inequivoco. Alcuni elementi di esso (ex ThPanorama ) :  

1- La peste di Atene. Secondo Tucidide la malattia proveniva dall'Etiopia, riprodotta nelle grandi città a causa del caldo e delle guerre. Morirono 4.400 opliti e 3.000 cavalieri. Anche lo statista greco Pèricle morì a causa di questa malattia.

2- La piaga di Galeno. La peste Antonina, o peste di Galeno, fu un'epidemia di vaiolo o di morbillo che colpì Roma tra il 165-180 d.C., portata dalle truppe che tornavano dalle campagne militari nel Vicino Oriente. Ammiano Marcellino riferisce nelle sue cronache che la peste si diffuse poi in Gallia e nelle legioni lungo il Reno,  riprese nove anni dopo e causò circa 2000 morti ogni giorno a Roma. Galeno menzionò sintomi come febbre, diarrea e faringite.

3- La pestilenza gialla. L’attuale Inghilterra negli anni 550 e 664 d.C. soffrì della " Pestis flava" o "Pestilenza gialla", che gli specialisti considerano un'epidemia di epatite. Questa malattia arrivò in nave e si diffuse rapidamente perché in Inghilterra, essendo un'isola, si credeva che la popolazione sarebbe stata più difesa contro le epidemie ( ma guarda un po’ … n.d.r. ).

4- La peste nera. Una delle epidemie più letali della storia: colpì le popolazioni asiatiche ed europee tra il 1347 e il 1350. Sulla base dei sintomi presentati dai pazienti, gli scienziati hanno stabilito che la pandemia era la peste bubbonica.Tra il 1349 e il 1350, la malattia raggiunse l'Inghilterra, l'Europa settentrionale e la Scandinavia. È stato dimostrato che la malattia colpì anche i paesi asiatici. Ad esempio, in Cina e in India la mortalità fu del 60-90% e il tasso di peste polmonare praticamente del 100%.

5-  La peste italiana. La peste italiana si manifestò con una serie di epidemie di peste bubbonica dal 1629 al 1633 nel nord e nel centro del paese. Viene chiamata "La grande peste di Milano" e si stima che circa 1000000 di persone siano morte in Lombardia e in Veneto. Ne scrisse grandiosamente Alessandro Manzoni. Anche Venezia ne fu colpita, come ben sappiamo, con il decesso di circa 60.000 abitanti.

6- Ci fu anche una peste a Londra attorno al 1665 che determinò la morte di oltre 100.000 persone e che secondo alcune fonti diede origine alla filastrocca "giro giro tondo, casca il mondo casca la terra ......", che in inglese suona "ring a ring of roses " e nella quale la collana di rose sembra raffiguri  i bubboni della peste che crescevano attorno al collo dei malati …. Anche se non tutti concordano su questa derivazione, che potrebbe essere anche precedente ai quei tempi.

7- L'epidemia in Spagna. La pandemia di colera del 1854 entrò in Spagna attraverso la Galizia. Un primo focolaio aveva provocato 102.500 morti,  nel 1843. Il secondo, nel 1854, produsse 200.000 morti.

8-  L'influenza russa. Fu una pandemia influenzale, che si diffuse dalla Russia tra il 1889 e il 1890, con le recidive dal 1891 al 1894. Circa 1.000.000 di persone persero la vita. Si ritiene che questa pandemia sia stata causata dal virus dell'influenza virus sottotipo H2N2. La pandemia iniziò a San Pietroburgo nel 1889.

9- L'influenza spagnola. L'influenza spagnola ha avuto una gravità insolita in tutto il mondo. Altre epidemie di influenza colpiscono principalmente bambini e anziani, ma in questo caso molte vittime furono giovani, adulti e animali, inclusi cani e gatti. È considerata la pandemia più devastante nella storia umana, poiché in un anno uccise tra 20 e 40 milioni di persone.

10- L'influenza asiatica.  È stata una pandemia che si è sviluppata dal virus dell'influenza A H2N2, apparso a Pechino nel 1957. Il virus è iniziato in Cina, poi si è trasferito a Singapore e Hong Kong.  Si ritiene che due fattori abbiano contribuito alla sua diffusione: trasporti e voli internazionali e mutazione genetica.

11- Sindrome respiratoria acuta grave (SARS). La sindrome respiratoria acuta severa (SARS) è una polmonite atipica. Questa malattia è comparsa per la prima volta nel 2002 a Canton, in Cina, e si è diffusa rapidamente attraverso Hong Kong e il Vietnam.

Fino ai giorni nostri …. Con la differenza che da quanto sappiamo e da quanto abbiamo ‘pagato’, e nonostante le mille solite tensioni eccessive, le divergenze palesi, i ritardi dei pubblici poteri, e quant’altro, dovremmo individuare una via d’uscita e un ‘sapere’ da tenere pronto per le prossime sciagure.

Detto questo, e scontate le precauzioni necessarie e obbligate, mi scopro a mia volta cambiato in alcuni modi di trascorrere e rendere positivo il tempo lasciato ‘ libero ’ dall’emergenza, il mio tempo e quello comunitario: con la maggiore – anche intensa – attenzione alle informazioni, la riscoperta di tante manutenzioni in casa, e di collaborazioni migliori con mia moglie, il tempo per un qualche esercizio fisico, nonostante tracciati e distanze siano rigorosamente prederminati, e infine – questa la parte più gratificante - le lettura e l’ascolto della musica. Con una ri-scoperta stimolante, e per alcuni punti di vista discutibile, per quest’ultimo aspetto: la crescente sovrapposizione alla tristezza e allo stress delle misure di isolamento nella propria casa di un libero canto e del richiamo solidale, con declamazioni e strumenti musicali dai balconi e dalle terrazze delle città, video-concerti delle più accreditate firme della musica pop internazionale. Fenomeno via via massiccio, informale quasi sempre ma talora architettato con notevole impegno tecnico, nello sventolìo di tricolori e inni patriottici a iosa.

Con poco rispetto per le colonne di bare dirette a tanti siti del paese, dicono alcune voci: comprensibilmente certo, ma secondo me per un grido di speranza che superi la paura, chiami a un qualcosa che sostituisca la negazione del contatto fisico, dell’abbraccio, e in fondo possa essere interpretato quale saluto e inchino – un doloroso imprevedibile peàna – a quei morti, perché quasi tutti loro se ne sono andati, forzosamente per la crudeltà della malattia, senza una stretta di mano, uno sguardo, una carezza, del tutto soli con la ‘ bestia ’ … per me poi, che amo il canto e ho vissuto la passione per il canto corale, comunitario quindi, la sensazione interessante che, fuori per un momento da chiavi e misure tecnico-formali, si manifestava con tutta spontaneità un ‘ canto popolare ’, un insistente commosso  affidamento al canto del cuore e dell’anima, del cuore e dell’anima di un pezzo di popolo, di un sentimento profondo, reciproco, universale. Perché no?

Rimanendo il problema del come uscire rinnovati e migliori da tanta sciagura. Qui proclami e ottimismi inveterati e scetticismi spinti al cinismo non si contano, né io in quest’occasione vorrei addentrarmi in previsioni o raccomandazioni. Ma qualcosa mi pare di dover riportare: una considerazione saggia e onesta di un mio compagno di scuola, oggi medico-primario in materia oncologica di qualità riconosciuta a livello più che nazionale, il Dottor Sergio Maluta: Ricordiamoci di chi è morto per curare gli altri ( più di 140 medici, quasi 40 operatori sanitari non medici, compresi due suicidi  ) e di chi, infermieri, farmacisti ( complessivamente oltre 10 mila infettati ), addetti alle pulizie, cassiere dei supermarket, volontari, operatori ecologici, forze dell'ordine, vigili del fuoco,  camionisti e tanti altri, ci ha salvato, fornendoci i servizi necessari per continuare a vivere.

Ricordiamoci di chi è rimasto al suo posto, non ha disertato, mentre il parlamento si spopolava più del solito sino a chiudere definitivamente per alcune settimane, e di chi, medici e infermieri ( oltre 17 mila ), si è offerto spontaneamente ai vari appelli della protezione civile ( e non certo per  vitto, alloggio e indennitá giornaliera come rozzamente precisato e promesso da freddi burocrati ), rispondendo in numero tale che nessuno avrebbe mai immaginato e rendendoci per una volta orgogliosi di essere italiani.

Ma vi prego  di non ringraziarli, non chiamateli eroi, piuttosto  pensiamo a trattarli meglio in futuro con parole e fatti. E ricordiamoci che la Sanità non può essere sottoposta a budget al pari di una qualsiasi impresa, in quanto strategica come e più  della Difesa dove si spendono cifre ben più rilevanti senza che a questa venga richiesta alcuna garanzia di efficacia.

Ricordiamoci che i manager a capo delle usl scelti da politici ( da noi eletti e di tutti i color politici ) e a loro legati a doppio filo per contratto, anche quando erano capaci ( e non erano in pochi  ad esserlo ) ci avevano convinti che tagliare posti e chiudere ospedali era un bene, che la sanità avrebbe funzionato meglio, che c'erano troppi sprechi. Mentre altri in aggiunta asserivano che i posti all'università erano sufficienti e così quelli delle specialità. Poi loro stessi hanno dovuto richiamare i colleghi in pensione, assumere gli specializzandi e i neolaureati, abolire gli esami di stato per coprire i posti lasciati vuoti per il mancato tournover e riaprire ospedali da poco dismessi.

Ricordiamoci delle disposizioni  che escludevano di eseguire tamponi sui medici e infermieri che avevano avuto contatti con possibili malati, qualora asintomatici ; indicazioni giustificate e necessarie per non sguarnire i reparti ma deleterie per il diffondersi del contagio entro gli ospedali e pericolose per gli stessi operatori.

Ricordiamoci anche di come gli ospedali venivano spesso presentati dai giornalisti, con medici e infermieri dotati di tutti i dispositivi; certo la gente non andava spaventata, ma credetemi non era questa la situazione reale e persino nel nostro Veneto ho esperienze dirette di medici ospedalieri e di base che devono riciclare ogni giorno dispositivi monouso e comperarseli, sempre che li trovino. 

Ricordiamoci che mentre si facevano tempestivamente tamponi ai giocatori di calcio e ai politici, gli addetti alle case di riposo, in quanto dipendenti di enti per lo più privati,  andavano al lavoro senza alcuna protezione e senza alcun esame, contribuendo a far morire tanti dei nostri vecchi.

E se alcuni, politici e dirigenti, hanno fatto molto, adoperandosi nel superare i loro ben evidenti limiti e hanno avuto alla fine ripensamenti e dimostrato una dedizione  insospettata sino a quel momento, poche volte abbiamo sentito ammissioni di colpa o anche solo di omissione né di pentimento per decisioni rivelatasi inefficaci o addirittura controproducenti. Pertanto non credo che queste persone, pure se in taluni momenti  apprezzabili, meritino che noi affidiamo loro la vita e quella dei nostri cari una seconda volta ”. 

Buona fortuna a tutti noi.