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MARMOLÉDA - Periodico dell'Associazione Culturale Coro Marmolada di Venezia

Maggio 2020 - Anno 22 - N.2 (83)

 

 

Musica e socialità al tempo del corona virus

di Nicola Bergamo

Dove la parola manca, là comincia la musica; 

dove le parole si arrestano, l’uomo non può che cantare.

(Vladimir Jankélévitch)

 

Ricordo ancora quel fatidico crepuscolo di febbraio. Avevo i figli e moglie in montagna, quando in pieno carnevale si decise di chiudere tutto. Bene inteso, la domenica sera, dopo che Venezia era stata invasa da quasi 100mila persone.

Io per primo avevo sottovalutato la prorompenza di questo virus. La mia strafottenza era giunta a livelli così alti da scrivere “Il vairus è tra noi” in un mio profilo social, parafrasando una delle tante gaffe del nostro Ministro degli Esteri. Era mercoledì 26 febbraio, il giorno del ritorno dei figli e moglie. Da quel giorno tutto si è chiuso. Ogni attività si è spenta all’improvviso. Abbiamo capito in tempi rapidi cosa significhi essere liberi e di godere della cosa più importante della nostra stessa esistenza. Ma non l’avevo inteso immediatamente, anzi, ero quasi felice di trascorrere qualche giorno a casa con i figli visto che la nostra vita quotidiana è così parca di tranquillità che non mi permette mai di stare degnamente con loro. Ho riposato e ho goduto del tempo che mi mancava, ma man mano che i giorni passavano l’ansia aumentava. Quello che sembrava una “normale influenza” (cit) si portava via decine di persone al giorno, poi centinaia. Ogni giorno un pezzo della nostra libertà ci veniva tolto e tutto man mano si cristallizzò. I giorni divennero settimane, e le settimane divennero mesi parafrasando Tolkien. Mi ricordo ancora l’ultima nostra prova fatta tutti insieme il giovedì grasso, dove per altro ero arrivato in leggero ritardo per via di una cena al Convitto per festeggiare il Carnevale. Nessuno di noi pensava che fosse l’ultimo incontro per un lungo periodo. Per chi come me che ha appena iniziato un percorso canoro non è facile distaccarsene velocemente perché sono certo che perderò molto di quello che ho imparato. Sebbene mi tenga costantemente in allenamento e che ascolti le lezioni online, mi manca la compagnia, la socialità, il contatto fisico tipico della vita normale. Abbiamo tutti bisogni di normalità e di tornare a vederci nuovamente in faccia, vis-à-vis, così da riprovare il piacere della coralità che assai diversa dalla singolarità che provo attualmente. Il tempo dei canti sui pergoli è finito, così come la frase must del periodo “andrà tutto bene”, specie dopo aver perduto un caro amico di famiglia che dopo 35 giorni di terapia intensiva si è spento a 73 anni. Lo conoscevo da quando ero nato, Luigi era amico fraterno dei miei genitori. 

Spero solo che torni tutto normale nel più breve tempo possibile e che possiamo ritrovarci felicemente nel sentire le voci di ognuno di noi, le impagabili “stecche” e magari anche qualche santa imprecazione del Maestro. Anche quella rimpiango, nel periodo del Corona virus.