LA PAROLA AI PROTAGONISTI   (5): Il  piacere  di  cantare 

di Renato Vezzi

La rubrica continua a guadagnarsi le attenzioni di operatori ed appassionati del Canto d’ ispirazione popolare. Ne siamo contenti.

Quando decidemmo di darle vita volevamo “proporre il pensiero e le esperienze dei protagonisti…tra i quali non sarebbero mancati, com’è giusto, gli operai, i cantori insomma”. Ecco allora la voce di Renato Vezzi, che appartenne significativamente al Coro Marmolada, ma ancora “appartiene” al canto corale, all’alpinismo, alla magia delle crode e dello spontaneo esprimersi delle suggestioni popolari.

Chi, come me, esprime una sua personale opinione sul piacere di cantare credo abbia due forti limiti:

·         Non essere obiettivo perché amante del genere “canto popolare” e quindi propendere per questo

·         Essere di parte  in quanto tuttora praticante

Ovvio quindi che mi si dovrà perdonare la mancanza di serenità di giudizio.

Per capire i motivi che hanno limitato il piacere di cantare bisogna andare indietro nel tempo per:

·         Analizzare il fatto che un tempo si cantava ed ora no (o meno)

·         Scegliere fra le varie proposte musicali quella più idonea a far ritrovare il piacere di cantare.

Queste le varie proposte:

1.            Il canto popolare, che ha particolari caratteristiche che poi andrò a descrivere

2.       I canti religiosi, proposti per altro nell’ambito di cerimonie ed in momenti ed ambienti adatti

3.       Il canto corale in senso stretto, quello cioè che richiede scelta di voci e continua preparazione

4.       Le canzoni, di larga diffusione da quando la radio è entrata nelle famiglie e particolarmente oggi, con l’invasione di dischi, cassette e dei vari mezzi che consentono di ascoltare tutto ciò

5.       Le romanze e i brani d’opera, che richiedono potenze vocali abbastanza rare da trovare tra la gente

Una doverosa premessa riguarda cosa intendo per piacere di cantare: certamente non ciò che avviene quando qualcuno sta sbarbandosi o la casalinga canta sfaccendando in casa, ma quanto nasce allorché, in particolari momenti di socializzazione (osteria prima di abbondanti libagioni, feste di famiglia a conclusione di cerimonie che radunano più persone, sino al classico incontrarsi in un rifugio di montagna) si sente il desiderio di cantare assieme.

Tra le proposte fatte allora chiaramente possiamo subito escludere i canti religiosi, per quanto già detto, ed ancora le romanze ed i brani d’opera, che richiedono voci particolari; possiamo anche escludere il canto corale in senso stretto, in quanto i brani proposti richiedono la presenza di appartenenti allo stesso gruppo corale.

Restano le canzoni ed il canto popolare e qui, come detto, bisogna andare indietro nel tempo.

In  principio  era  il  canto  popolare

Motivi semplici tramandati da madre a figli (ninne nanne), da compagni o compagne di lavoro ( canti di fatica), da amici d’osteria (canzoni un po’ sopra le righe), da commilitoni sotto la naja ( canti di guerra, di morose, di nostalgia di casa)…Erano espressioni del popolo, quello che non aveva nessun contatto con il canto colto dei concerti o delle opere, che era riservato ai signori che frequentavano le sale ed i teatri di città.

E dovevano essere semplici nella melodia e nei testi, qualsiasi ne fosse l’origine, altrimenti il filtro del tempo realizzato da chi cantava non consentiva che venissero tramandati.

Un primo significativo cambiamento lo provocò la presenza della radio quando questo mezzo si diffuse tra le famiglie. Gli stessi che da sempre avevano cantato quello che era stato loro insegnato (meglio tramandato) ora ascoltavano quanto proposto dalla radio e la continua, martellante proposta di canzoni provocò l’impoverimento, se non l’annullamento, di quella cultura e della conoscenza di canti popolari, sui quali le canzoni ebbero il sopravvento.

La domanda a questo punto è ovvia: le canzoni possono sostituire il canto popolare nella sua funzione di consentire di cantare assieme motivi conosciuti da tutti nei momenti in cui si sente il desiderio di cantare?

I motivi proposti dalle canzonette sono mille, come mille sono i cantanti, e ciascuno ha le proprie preferenze; inoltre le canzonette hanno una vita breve (salvo qualche evergreen) e quindi nei momenti in cui si desidera cantare assieme difficilmente si trovano le persone che conoscano la stessa canzone.

Ulteriore domanda ovvia: può il canto popolare sostituire le tanto amate canzonette nei giovani d’oggi?

Credo proprio di no!

A questo punto, dovendo trarre delle conclusioni, si dovrebbe dire che:

·         Il canto popolare è destinato a morire o perlomeno restare patrimonio di pochi (o tanti) cori che continuano a proporlo

·         La gente, anche quando avrebbe il desiderio di cantare, non sa cosa cantare

A meno che ……

(continua sul prossimo numero

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