LA RESISTENZA NEI CANTI:

Un modo originale per conoscerne temi e protagonisti

di Paolo Pietrobon

 

L’INNO DI MAMELI innanzitutto, perché la Lotta di Liberazione molto ha contribuito a ritrovare un’Italia unita e a togliere dal tricolore il simbolo di una monarchia screditata. Il canto ben rappresenta il simbolo di una speranza lontana raggiunta e di una vicenda contraddittoria, anche se viviamo giorni in cui un ministro della Repubblica, Bossi, butterebbe il tricolore nel cesso, e lo Statuto della Lega, partito di Governo, dichiara l’obiettivo dell’indipendenza di una fantomatica Padania, non sapendo evidentemente che l’embrione patriottico del tricolore è a Bologna, nell’iniziativa degli studenti e patrioti Zamboni e De Rolandis, nel 1794, e si ispira come altri vessilli a quello delle repubbliche giacobine dell’età napoleonica.

Ignorando poi questi mini- stri la sua prima adozione, nella Lombardia del 1796, come distintivo della GUARDIA CIVILE milanese (bianco e rosso dello stemma comunale di Milano(!) e poi in tutta la Pianura Padana(!!), con il verde della guardia Civile Milanese, anticamente dei Visconti, e la sua assunzione a Bandiera della Repubblica Cispadana il 7 gennaio 1797 nella Sala del Tricolore, a Reggio Emilia (ci volevano un comico come Benigni, e uomini come Ciampi e Napolitano, dio ce li conservi, a rimettere l’accento sulla realtà vera, a far conoscere le strofe mai cantate "… noi siamo da secoli / calpesti, derisi / perché non siam popolo /perché siam divisi / raccolgaci un’unica / bandiera, una speme / di fonderci insieme / già l’ora suonò …" lasciando amaramente comprendere che proprio in queste ultime parole sta forse il problema? ...

Per non dire dei nostri ministri assenti dalle celebrazioni del 150°, bugiardi come il bambino con il dito sporco di marmellata nell’accam- pare scuse ridicole, e nel rendere palese l’ignoranza (o la malizia) del fatto che la bandiera bianca con croce rossa e quella rossa con croce bianca hanno origine ancor prima delle Crociate e rappresentano l'autonomia dei liberi comuni medievali, e che sull'onda della centralità economica e del prestigio politico di Milano, fu rapidamente adottata da numerose altre città del Nord fra cui Bologna, Asti, Padova, e Genova, la quale, potenza marinara, la diffuse anche in Europa, e in particolare in Inghilterra.

Quanto a BELLA CIAO, definita anche ecumenica e gentile, e a FISCHIA IL VENTO, il vero inno comunista, così aspro fu il dibattito in sede storica e grave oggi l’ignoranza e la strumentalizzazione, anche di Comuni e Province che rifiutano l’esecuzione di ‘Bella ciao’ nelle celebrazioni del 25 Aprile (tra la conquista della rossa primavera dove sorge il sol dell’avvenir … e quello stamattina mi sono alzato e ho trovato l’invasor) che serve rimettere al loro posto gli elementi di tale dibattito.

Se BELLA CIAO, pur non potendosi definire inno DELLA Resistenza, rappresenta incontestabilmente nell’interiorità di milioni di italiane e di italiani l’emo- zione insopprimibile per quell’evento straordinario, la canzone più nota e importante di tutta la lotta di liberazione fu FISCHIA IL VENTO, sull’aria della canzone sovietica Katiuscia, la cui prima stesura fu, nel Dicembre del 1943, di alcuni partigiani di una formazione garibaldina dell’imperiese, tra cui Giacomo Sibilla, che aveva imparato Katiuscia sul fronte del Don, ascoltando le ragazze e i prigionieri sovietici nell’estate del 1942. Ci furono discussioni tra partigiani che, per lo più di origine operaia, avrebbero voluto un contenuto del canto più marcatamente sociale e altri che invece preferivano rispecchiasse l’u- nione di tutte le forze partigiane (appunto: rossa primavera o nostra primavera?), e la canzone, conosciuta nel Cuneese già nel febbraio del 1944, era cantata dalle formazioni comuniste. La prima volta che la sentirono, i badogliani provarono una oscura, istintiva ripugnanza per quella canzone così genuinamente, tremendamente russa attirandosi dagli antifascisti accuse e battutacce che trovano posto, anch’esse, in un canto, la BADOGLIEIDE, uno dei più noti canti della resistenza antifascista italiana (Nuto Revelli la fa nascere il 25/4/1944, come improvvisazione sulla canzonetta E non vedi che sono toscano), cantata anche dai militari della R.S.I., ovviamente contraffatta: "O Badoglio, Pietro Badoglio / ingrassato dal Fascio Littorio / col tuo degno compare Vittorio / ci hai già rotto abbastanza i coglion. / Ti ricordi quand'eri fascista / e facevi il saluto romano / e al Duce stringevi la mano …"

Quanto a Bella ciao insomma, è giusto integrare ciò che sappiamo sulla sua derivazione da canti infantili con i risultati di un’analisi, tra altre recenti, di Piero Brunello che cita C. Bermani: "(Una) versione (fu) cantata a Reggio Emilia nei mesi di aprile e maggio 1945", e con le conclusioni dello stesso Leydi: Sulla nascita della versione partigiana si sa pochissimo ... il dottor Grosso, di Perugia, afferma di averla imparata durante l’avanzata su Bologna, mentre militava con i reparti regolari aggregati agli Alleati ... altri indicano la zona di Montefiorino, sull’Appennino emiliano, come luogo di presenza del canto durante la Resistenza. Utile infine sentire ancora Bermani "Si costituivano in quegli anni (i primissimi anni Sessanta - ndA) i primi governi di centro sinistra … Fischia il vento non poteva certo essere il canto di quell’operazione di ricompattamento moderato del partigianato attorno ai valori nazionali della resistenza ... sicché venne rapidamente sostituito da BELLA CIAO, in un processo spontaneo di massa, in cui giocarono anche trasformazioni complessive del gusto musicale e l’accompagnamento con il battito delle mani, non ultima ragione della fortuna di BELLA CIAO ... (essa), non connotata dal punto di vista politico e accennante solo all’ invasor, quindi in grado di essere fatta propria da tutti i partigiani, divenne in pochi anni la canzone per antonomasia della Resistenza, ed ebbe comunque la massima diffusione negli anni ’60 (prime incisioni di Giovanna Daffini, Yves Montand e Milva, De Gregori, Gaber …

Può fare tenerezza, a questo punto scoprire la poesia originale della canzone madre di Fischia il vento, la russa Katjuscha, anno 1938, del musicista Matvei Blancher su un testo di Isakovskij, diffusa nell’ultimo conflitto come canto all’a- mato lontano per il servizio militare: Meli e peri erano in fiore / la nebbia scivolava lungo il fiume / sulla sponda camminava / Katjuscha / sull’alta ripida sponda … / … camminava e cantava una canzone / … di colui che lei amava / di colui le cui lettere / conservava con cura …"

Quanto alle articolazioni, politiche e culturali della lotta partigiana vi fu un prologo resistenziale, una premessa da non ignorare: la rete della clandestinità dentro e fuori dal paese e, sul piano militare, autentico filo rosso europeo, la partecipazione di volontari antifascisti alla guerra di Spagna, una cui traccia vivace rimane nella LA QUINCE BRIGADA, nota anche come Ay Carmela o El ejercito de l’Ebro e magistralmente interpretata dal Coro Monte Cesen di P. BON: "Viva la Quince Brigada / rumba la rumba la rumba la / que se ha cubierto de gloria / ¡Ay Carmela! ¡Ay Carmela! / que se ha cubierto de gloria / ¡Ay Carmela! ¡Ay Carmela! / Luchamos contra los moros / rumba la rumba la rumba la / Luchamos contra los moros, / rumba la rumba la rumba la / mercenarios y fascistas, / ¡Ay Carmela! ¡Ay Carmela! / mercenarios y fascistas, / ¡Ay Carmela! ¡Ay Carmela!".

Fu tentata pure, con successo residuale, una militarizzazione ufficiale del partigianato, nel giugno ’44, con l’istituzione del CVL, Corpo Volontari della Libertà, riconosciuto ed auspicato dai comandi alleati e da quello nazionale. Con un loro inno: l’ARMATA DEL POPOLO:

Sulle vette dorate dell'italo sole / si fondano i cuori in sacro ideal: / combattano e muoiano le balde schiere / ridanno alla Patria il perduto onor. (… non è scomparso il mito italico …)

Son lacrime e sangue, / son genti finite, / immane tristezza / paura ed orror ... / che scuotensi fiere / a luce d'un sole, / per cacciare / il barbaro oppressor ... (...come l’INVASOR di Bella ciao …)

Acquisita la necessaria premessa, possiamo riscoprire alcuni temi e canti, scoprendo che servirà utilizzare diversi criteri d’osservazione: l’INNOVAZIONE, o la RIPROPOSIZIONE e RIVESTIMENTO, la CONTRAFFAZIONE DI TESTI PRECEDENTI:

1.a. È una RIPROPOSIZIONE, nonostante il salto di contesto, la canzone PER I MORTI DI REGGIO EMILIA, del 1960 (repressioni Tambroniane), rispetto a COMPAGNO PARTIGIANO:

Per i morti di Reggio Emilia: Compagno cittadino, fratello partigiano, / teniamoci per mano in questi giorni tristi: / di nuovo a Reggio Emilia, di nuovo là in Sicilia / son morti dei compagni per mano dei fascisti. / Di nuovo, come un tempo, / sopra l'Italia intera / urla il vento e soffia la bufera. / Il solo vero amico che abbiamo al fianco adesso / è sempre quello stesso che fu con noi in montagna, / ed il nemico attuale è sempre e ancora eguale / a quel che combattemmo sui nostri monti e in Spagna …;

Compagno Partigiano: O compagno bolscevico, o fratello partigiano, / dacci sempre la tua fede e il tuo cuore sovrumano! / O compagno bolscevico, o fratello partigiano, / bello e battersi e morire per la santa Libertà …

1.b. Così ADDIO BOLOGNA BELLA rispetto a l‘ ADDIO A LUGANO dell’anarchico Pietro Gori

Addio Bologna bella: Addio Bologna bella, / o dolce terra pia, / per una vil menzogna / i partigiani van via. / Vanno sulle montagne/con la speranza sul cuor / E tu che ci discacci / con una vil menzogna, / repubblica fascista, / un dì ne avrai vergogna / Il partigiano errante / ha la sua fede nel cuor …;

Addio a Lugano: Addio Lugano bella, / o dolce terra pia, / scacciati senza colpa / gli anarchici van via / e partono cantando / colla speranza in cor / … / Ma tu che ci discacci / con una vil menzogna / repubblica borghese / un dì ne avrai vergogna …

1.c E BOVES, simbolo della prima strage tedesca dopo l’armistizio, rispetto a MONTE CANINO, l’indimenticabile canzone alpina

Boves: Non ti ricordi il trentun di dicembre, / quella colonna di camion per Boves / che trasportava migliaia di Tuder / contro sol cento di noi partigian. / ... /Dopo tre giorni di lotta accanita / fra tanti incendi e vittime borghesi / non son riusciti coi barbari sistemi / noi partigiani poterci scacciar …;

Monte Canino: Non ti ricordi quel mese d’aprile / un lungo treno varcava i confini / che trasportavano migliaia di alpini / su, su, correte, è l’ora di partir / Dopo tre giorni di strada ferrata …

1.d. Come non intravedere in IL PARROCO DI CINAGLIO l’eco di SUL PAION DE LA CASERMA: "E il parroco di Cinaglio - sul paiùn / l'ha predicato in chiesa - sul paiùn / attente ragazzine - sul paiùn / che il partigian vi frega / sul paiùn dela caserma / requiem aeternam e così sia / va' a ramengo ti, to pari, to mare e to zia / e la Muti in compagnia / sul paiùn sul paiùn sul paiùn. / ... / E una della più belle - sul paiùn / gli ha dato una risposta - sul paiùn / se il partigian ci frega - sul paiùn / l'è tuta roba nostra / sul paiùn dela caserma ...?

1.e. O in LA BELLA PARTIGIANA la traccia di LA VIEN GIÙ DALLE MONTAGNE: La vien giù dalla montagna,/l'è vestita a partigiana, (a la francese) / ha di fiamma la sottana / ed ha al collo il tricolor. / Non è nata cittadina (sono nata in mezzo ai fiori) / e nemmeno paesana: / essa è nata partigiana / e sui monti ha il casolar … / … / Se la guarda un giovanotto, le domanda a far l’amor (da un bel giovane cortese le fu chiesto a far l’amor …?

1.f. Analogamente LASSÙ SUL MONTE GRAPPA …Lassù sul Monte Grappa / son trecento i partigiani, / tutti giovani, italiani, / la lor vita non torna più … rispetto a MONTE NERO …Per venirti a conquistare /abbiam perduto tanti compagni / tutti giovani sui vent’anni / la loro vita non torna più …

1.g. Perfino dal racconto Piccoli Maestri di Luigi Meneghello, come riportato da Piero Brunello nel fondamentale -e da me molto utilizzato- Storia e canzoni in Italia - Il Novecento, apprendiamo che i giovani partigiani di Roana, sull’Altipiano, riutilizzano Alpini in Libia per la loro dichiarazione di fiducia nella lotta appena intrapresa

Alpini in Libia: E la nave s’accosta pian piano / Salutando Italia sei bella / Al vederti mi sembri una stella / … / E col fucile in spalla, caricato a palla / Sono ben armato, paura non ho, / quando avrò vinto ritornerò …; diventa Partigiani di Roana: Roana sei bella … / … / …Parabello in spalla, caricato a palla / Sempre bene armato, paura non ho / Quando avrò vinto ritornerò…

 

Un’analisi come la presente, benché minima, non può certo esaurirsi in un articolo di informazione su un’ini- ziativa che si è svolta. Può solo valere da spunto per chi voglia approfondire un tema tanto vasto e importante. Ma valgano, unicamente a sintetica citazione, alcuni titoli e frammenti: NOI VOGLIAM DIO: … Noi vogliam Dio in camicia rossa / e la madonna col mitra in man / e San Giuseppe in motocicletta / a far la staffetta da partigian …; BATTAGLIONI DEL DUCE: Battaglioni del duce, battaglioni / son formati da avanzi di galera, / hanno indossato una camicia nera / e un distintivo per poter rubar. / Han firmato un patto criminale / hanno giurato di vincere o morire, / non hanno vinto perciò dovran perire …; CANTANO I MITRA: …Oè! Cantano i mitra / contro un popolo barbaro e incivile. / Baldi garibaldini / sognanti una nuova gioventù. / E quando la battaglia inizierà / la Cacciatori della Alpi scatterà …; INNO DELLE DONNE: …O donne d'Italia, o madri, o ragazze, / su, presto, accorriamo per tutte le piazze: / tornato è il fascista a opprimere ancora, / suonata è già l'ora, bisogna lottar. / Tornò col tedesco l'abietto fascista, / la casa, la patria ridusse a conquista: / vendette la madre, il fratello, l'amico, / condusse il nemico l'Italia a predar …; AVANTI POPOLO OR CHE LA PETACCI L’HAN TACADA SÜ: … Or che la Petacci l’han tacada sü / Cun el so Benito se ne parla pü / L’ultima mossa è quella del Lurét / Quand al han distacada / E messa in sul caret / Avanti popolo / Dag la pestada / Alla masnada alla masnada / Avanti o popolo / Dag la pestada / Alla masnada di fasiston …; DAI MONTI E DALLE VALLI: … Dai monti e dalle valli / Giù giù scendiamo in fretta / Con questa banda infetta / Noi la farem finita / Noi siam d’una brigata / E siam garibaldini / Col comandante in testa / Freghiamo Mussolini…; ALLE FOSSE ARDEATINE … Dormon laggiù trecentoventi / uomi puri, generosi ardenti, / che morti son / per aver desiderato / con ardore appassionato / te, o divina, o cara Libertà! / Libertà santa, / sacra ad ogni cuor! / Sacro ad ogni cuor / sia il martirio lor!; IL CANTO DEI SOPRAVVISSUTI: Braccato, raggiunto e straziato / le jene sapesti umiliar / per farti "parlare" / t'hanno il cuor dilaniato. / Tu-morto- li hai fatti tremar / Tu-morto-li hai fatti tremar. / Non fiori portiamo né lagni / non pianti, né vani sospir / siam qui per capire / da fedeli compagni / la vita, la lotta, il morir…; e via così cercando …

 

VERSO UNA CONCLUSIONE

Questo un sommario quadro del recupero tematico e dello sviluppo innovativo riscontrabile nei canti della Resistenza, con un accenno fugace alla dimensione europea del fenomeno culturale, del tutto ovvia.

P. Paolo Pasolini accredita alla canzone resistente, pur accanto alle risonanze forti della fatalità e della morte nel destino dell’eroe buono, un’effervescenza ideale che fa pensare a scaturigini autentiche di MODELLI ROMANTICI E RISORGIMENTALI. Per lo scrittore la loro semipopolarità (nel senso della loro scaturigine sovente colta) proveniva dal fatto che si trattava di canti, pur innovativi, proposti o adottati dai dirigenti borghesi e moderati’ del movimento, o anche da quelli ‘popolari, ma pervenuti ad una cultura di partito, più operaia e classista che proletaria in natura. Potendosi comunque ammettere che con i canti della Resistenza assistiamo ad un mutato periodo della poesia popolare in assoluto, un mutato rapporto cioè, sociale e letterario, tra le due classi.

Se ne può discutere, per un qualche versante specialistico o settoriale del tema, ma quella è la sostanza storica e filologica di esso, vicino all’altra, di cui ho detto per l’adesione morale profonda, che da quel canto emana, al tipo di guerra combattuta dai partigiani. E mi piace, prima del congedo, riportare la conclusione che Virgilio Savona e Michele Straniero affidano al loro pregevolissimo Canti della Resistenza italiana, che è la seguente: I curatori affidano i frutti del loro lavoro alla gioventù italiana, confidando che nuove generazioni di moderna consapevolezza e cultura apprendano ad apprezzare e ad amare una delle sorgenti più vivaci e indistruttibili della nostra identità nazionale.

Con il che torniamo al punto da cui siamo partiti, coerentemente.

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