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Marmoléda

MARMOLÉDA - Notiziario dell'Associazione Culturale Coro Marmolada di Venezia

Dicembre 2014 - Anno 16 -n.4 (62)

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Il canto popolare corale, un patrimonio da tutelare

                                                                di Luigi Cerocchi

La manifestazione svoltasi a Venezia il 4 ottobre scorso, presso il teatrino di Villa Groggia, organizzata dall'Associazione friulana Furclap, nell'ambito del festival del canto spontaneo, sul tema «il destino del canto», ha rappresentato, non solo per chi scrive, ma probabilmente per chiunque vi abbia partecipato, una stimolante occasione sul come fronteggiare il rischio di un crescente disinteresse e disconoscenza del cittadino comune ed in particolare delle giovani generazioni verso il  canto popolare corale, nonostante il proliferare di cori di ogni tipo.

Gli interventi tenutisi in quell'occasione, da parte di esperti ed operatori del settore, ed in particolare da parte del prof. Madricardo, hanno quasi tutti evidenziato questo malessere o più precisamente questo preoccupante segnale di progressiva perdita di interesse verso gran parte di queste espressioni canore che traggono origine da tradizioni radicate negli usi e costumi identitari di particolari luoghi e dall'operosità umana o da attività lavorative, oggi pressochè scomparse, che se non culturalmente recuperate e valorizzate (il canto corale popolare è un efficace mezzo di comunicazione per tramandarle) rischiano di uscire dalla nostra storia. Espressioni riferite anche a quegli eventi che in quei luoghi hanno fortemente inciso sulle vicende e sulla storia socio-politica degli ultimi cento anni ed oltre del nostro paese. In altri termini, disconoscere, ignorare o non capire queste manifestazioni canore, sia nei contenuti che nelle melodie e nelle armonizzazioni con cui vengono raccontate, è un po' come voler ignorare  un pezzo della nostra storia.

Si potrebbe pensare che lo scarso interesse verso questa forma di comunicazione, nonostante i numerosi concerti volti a diffonderne i contenuti, possa individuarsi nel fatto che i temi trattati, e come questi vengono raccontati (cantati), sono riferiti a consuetudini e ad eventi sempre più lontani dai nostri tempi e che spesso i nostri giovani non conoscono e non capiscono o forse a qualcuno conosciuti, ma  solo per averli ascoltati o sentito parlarne dai loro nonni, oppure in qualche altro caso per averli cantati in particolari contesti, oggi dimenticati, come potrebbe essere ad esempio il periodo dello scautismo per chi lo ha praticato. In ogni caso ciò che manca, specie nei giovani, è la predisposizione mentale verso questo genere di canto, cosa che invece non manca verso altri generi di espressioni musicali e canore, anche più lontane da noi, quali la musica classica o lirica, oltre  naturalmente la musica  leggera e l'indigestione di musica rock.

Vi è in realtà un proliferare di cori spontanei, anche tra i giovani, spesso misti, che più che altro nascono dall'esigenza di trovare forme di aggregazione e che pur riproponendo in taluni casi il tradizionale tema della montagna o della grande guerra o ancora delle scene di vita o storie d'amore o dell'operosità umana di un tempo, le tematiche prevalenti sono quelle riferite ai giorni nostri e all'attualità, riadattando anche brani di musica leggera che mal si addicono alla polifonia di un coro e che ovviamente non hanno nulla a che vedere con il tradizionale ed autentico coro di canto popolare e con le polifonie e le tematiche da questo espresse, a cui vorrebbero ispirarsi, con risultati spesso imbarazzanti.

Proprio per questo motivo, il vero e autentico coro di canto popolare, portatore di quei valori culturali che gli riconosciamo, deve guardarsi da tali possibili inquinamenti o da degenerative interpretazioni del proprio repertorio e come tale deve essere salvaguardato e tutelato, ne più ne meno come avviene per il patrimonio culturale storico-asrtistico e paesaggistico. La sola protezione dei testi e degli arrangiamenti garantita dalla legge sul diritto d'autore, non può bastare, sia per i limiti temporali garantiti dalla tale legge sulla la tutela dei diritti di utilizzazione economica dell'opera, sia per la debolezza dei diritti morali di paternità, integrità e pubblicazione previsti dalla stessa  legge.

Bisogna allora pensare a delle forme di vincolo non solo per le tematiche trattate, ovvero per i testi,  ma anche per le forme e le armonie con cui questi vengono raccontati.

Va ricordato che il decreto legislativo 22.1.2004 n.42, cioè il Codice dei beni culturali e del paesaggio, ha ampliato notevolmente il concetto di bene culturale, ossia di quei beni soggetti a varie forme di tutela e valorizzazione. Oltre ai beni immobili e mobili aventi oggi più di 70 anni, già ricompresi nella precedente normativa (architettonici, archeologici, storico artistici, nelle sue molteplici espressioni, archivistici e librari, la panteologia, la numismatica, i manoscritti, ecc.), il codice ha riconosciuto come beni culturali, da sottoporre a speciali forme di tutela, anche numerose altre espressioni dell'operosità umana materiale ed immateriale e tra questi anche gli spartiti musicali aventi carattere di rarità e pregio. Ma per meglio capire quali possono essere queste forme di tutela sui beni immateriali, può essere utile riportare di seguito, la descrizione di una delle categorie di beni da sottoprre a speciali forme di tutela contenute nello stesso codice: «le cose mobili e immobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importane a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte, della scienza, della tecnica, dell'industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose».

E tra queste, il codice ha introdotto anche le vestigia individuate dalla vigente normativa in materia di tutela del patrimonio storico della Prima guerra mondiale, tema ricorrente nei contenuti dei nostri cori.

Ma la suddetta definizione, come pure la specificazione di «rarità e pregio» per gli spartiti musicali, conferma ancora una volta che il riconoscimeno del valore culturale è riferito, secondo il tradizionale criterio di riconoscimento di un bene culturale, al valore dell'oggetto o del documento in quanto tale, cioè materiale, ma è evidente che il valore di tale documento è inscindibile dal suo contenuto immateriale, cioè in questo caso, dal brano musicale  da questo espresso. E' da ritenere pertanto che anche per il canto popolare corale, associato al suo spartito e al suo compositore, il valore culturale attribuito allo spartito originale è da ricercare soprattutto nel suo contenuto immateriale, cioè nel brano musicale  corale, nelle forme in cui viene raccontato.

Pertanto, se non se ne vuole perdere la memoria  e l' autenticità, il canto popolare corale, nel modo in cui ci è stato tramandato, può rientrare a pieno titolo, non solo per i testi raccontati, ma anche per le sue variegate interpretazioni polifoniche che contraddistinguono i vari cori, tra i beni culturali da sottoporre a specifiche disposizionidi tutela, in previsione di una revisione del codice dei beni culturali. Ma anche questo potrebbe non bastare; bisogna trovare allora anche forme di educazione collettiva in grado di rimuovere quegli ostacoli che ne impediscono il suo riconoscimento come patrimonio musicale da salvaguardare e che ci appartiene.

Nel caso di questo genere di canto, gli ostacoli da rimuovere, vanno ricercati soprattutto in una carenza formativa  e di preparazione educativa di tanti educatori, che ancora oggi nella nostre scuole e non solo, continuano ad ignorare o a trascurare questo genere di espressione canora, disconoscendone evidentemente la  ricchezza culturale da valorizzare e tramandare a chi verrà dopo di noi, o perchè loro stessi non l'hanno ricevuta.

Chi scrive, ha avuto la fortuna di ricevere, sin da ragazzo, questo tipo di educazione, per cui sente fortemente il bisogno di alimentarla e praticarla ogni qual volta gli si presenti la possibilità e per questo ringrazia il Coro Marmolada che gli offre questa possibilità, consapevole di farsi a sua volta carico di trasmeterne e tramandarne i valori, nè più nè meno come ha cercato di fare per  tanti anni nella propria attività di funzionario della Soprintendenza, proprio qui in territorio veneto, che è poi quello a cui   è ispirata una  gran parte del repertorio del coro.