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MARMOLÉDA - Periodico dell'Associazione Culturale Coro Marmolada di Venezia

Marzo 2021 - Anno 23 - N.1 (86)

 

 

PARLIAMO DI CORO - Tradizione del canto corale popolare

27 gennaio 2021 - Organizzato da ASAC

Moderatore Giorgio Susana

Sono intervenuti:

Marco Maiero (Coro "Vos de mont" di Tricesimo-UD)

Alessandro Catte (Coro Ortobene di Nuoro)

 

Note sulla conferenza a cura di

Sergio Piovesan

 

Susana:  precisa che deve chiamarsi "canto d'ispirazione popolare" e non di "canto popolare.

Il canto d'ispirazione popolare nasce negli anni '60 e così venne definito così in un incontro fra diversi maestri di coro fra i quali Bepi De Marzi (I Crodaioli), Paolo Bon (Coro Monte Cesen), Gianni Malatesta (Coro Tre Pini e Monte Venda), Giancarlo Bregani (Coro Cortina)  e Lucio Finco (Coro Marmolada).

È caratterizzano sì dalla tradizione, ma vengono scritti nuovi canti e anche vengono fatte  elaborazioni di canti tradizionali, i cui temi sono principalmente la natura, ma anche i fatti e la vita di ogni giorno.

Per lo più, però, sia i testi che le musiche sono originali e il principale esponente fu Bepi De Marzi.

Tutti i cori popolari, e parliamo di cori maschili, seguivano l'orma Coro della SAT di Trento che, negli anni '20, creò questo genere di canto. I brani erano quasi tutti armonizzati per questo coro che, quindi, ne deteneva la proprietà; per questo, negli anni '60. vietava di registrare e pubblicare dischi che contenessero le esecuzioni delle sue armonizzazioni.

C'era, perciò, la necessità di nuovi canti che dessero la possibilità ai diversi complessi corali innanzitutto di cantare cose nuove e diverse anche dal punto di vista della coralità, ma anche di poter produrre incisioni discografiche.

Maiero:  il canto d'ispirazione popolare ha un'impronta che deriva sia dalla scrittura di testo e musica, sia dall'approccio all'esecuzione; è quindi un circolo ideale nel quale coinvolgano autori, direttori, coristi e pubblico e, quindi, il canto non è più solo degli autori, ma di tutti. Gli autori di testi e musiche si fanno interpreti di sentimenti e emozioni condivisi da più persone.

Catte: ritiene che questo tipo di canto abbia un legame con la propria terra  e anche i coristi si legano a questi sentimenti. Nasce così un tipo di coralità che, nel corso degli anni, è andato a modificarsi e a migliorarsi. È anche più completo ed elaborato.

Susana chiede se gli autori si identificano con altri autori della loro terra.

Catte:  rileva che, in primis, l'autore scrive per sé stesso, ma è comunque influenzato dal mondo che lo circonda, la sua terra e il suo popolo.  Nel suo "DNA" ci sono i "tenores", il mare, la gente, la religiosità e altro, tutti elementi che sono intrinsechi nel compositore.

 

Maiero:  i compositori sono ripetitori di una tradizione musicale che, comunque, è assorbita. Per lui la villotta friulana è l'input, anche se sono composizioni molto brevi; le nuove melodie sono ispirate alle villotte.  Si cerca sempre di arrivare a situazioni diverse anche per proporre brani diversi da presentare in un concerto.

Susana:  propone il tema della "vocalità". Vi sono vocalità diverse. Quali esercizi per i coristi? Ci sono anche maestri che non fanno esercizi preliminari alle prove, ma iniziano direttamente con il repertorio.

Maiero:  individua come negli attuali complessi il problema sia quello dell'intonazione, una caratteristica che non veniva presa in molta considerazione nei cori popolari del passato. Bisogna omogeneizzare le voci così  si crea una musica nuova e particolare del coro. Si genera un suono che identifica quel coro.

Catte:  nel genere popolare d'autore si è molto più liberi. È il direttore che  deve creare il colore vocale del suo coro. I brani vengono scritti per quel tipo di coralità che, in Sardegna, è una coralità piena (non ci sono falsetti).  Nel canto "a tenores" e in quello religioso c'è una coralità piena. Nella coralità sarda una figura molto presente è il "solista" per il quale c'è uno "spartito" a parte, molto personalizzato.

Per quanto riguarda le prove, lui inizia con i vocalizzi per far sì che i coristi acquistino una buona tecnica.  Nell'insegnamento  Gianni Malatesta, invece, usava la sua voce, però spesso è meglio alternare insegnamento con esempio. Può essere utile anche una voce "guida" per sezione che riesca ad amalgamare tutta la restante sezione.

Maiero: il suo coro è sempre stato un coro laboratorio condiviso con il maestro. Infatti spesso il brano viene modificato dall'esigenza dei coristi. Si deve anche inventare un po'.

Susana:  parliamo anche di testi.

Il testo non può e non deve essere banale. Chiunque non può scrivere un testo per coro e viene ribadito che il testo è una parte importante per il complesso del brano. Deve essere impostato come un testo che serve alla musica. Deve anche raccontare situazioni del nostro tempo e, quindi, è diverso  da canti della tradizione popolare. Bisogna aprire all'idea di storie nuove. Il testo deve essere qualcosa di personale che, però, deve essere compreso o vissuto da chi lo interpreta e da chi lo ascolta.  "Ci vuole poesia" dice Bepi De Marzi e, quindi, bisogna ispirarsi a qualcosa di forte. Come esistono "scuole di musica" ci devono essere anche "scuole" anche per la parte testuale del canto d'ispirazione popolare.

Catte: una volta i testi erano "racconti" mentre oggi sono più "intimi" e, perciò, il testo deve essere anche poesia. Il prodotto dei "cori popolari" deve essere attuale e contemporaneo.

Maiero: cantare tutto di uno stesso autore,che contemporaneamente è il maestro?

Catte: Il direttore è prassi che sia anche autore, così ogni coro è diverso dall'altro e questo accade in Sardegna.

 

Con "chat", a questo punto ho fatto una domanda: "Ma non tutti i direttori di cori sono anche autori e compositori, e allora ???".

Catte: laddove il direttore non sia autore deve lavorare soprattutto sull'interpretazione; infatti ci sono interpretazioni che spesso sono migliori di quelle del coro il cui direttore è l'autore.

Maiero: Oltre all'interpretazione può esserci anche una rielaborazione del brano, come anche un "repertorio logico" , sono strumenti in mano al direttore non compositore.

Susana : Futuro?

Catte: Purtroppo oggi, in questo momento di stasi per il Covid, non vede una via d'uscita. Si spera in una grande ripresa  che comprenda anche quella di fare coralità. Per lui è però un momento di poca creatività.

Maiero: aspetta il momento di ripartire. Tutti hanno voglia di ricominciare e, pensa, che ci saranno anche novità.

Interviene Matteo Valbusa (direttore di coro): spesso sente un grande scollamento fra lo scritto (spartito) e l'esecuzione.  Possiamo andare oltre a quello che è scritto?

Maiero: esiste un "gap" tra coro e musicista e, per questo, è meglio arrivare a un compromesso. Pertanto anche l'autore potrebbe modificare qualcosa sentita l'esecuzione, anche di altro coro che non sia il suo. Non ci devono essere costrizioni nell'esecuzione.

Catte: oggi si usano gli spartiti per l'apprendimento a differenza di una volta dove le parti venivano imparate dalla voce del maestro o dalla musica di qualche strumento. Quindi gli spartiti di questo genere "d'ispirazione popolare" devono essere semplici, senza tanti "crescendo" e "diminuendo" e senza tanti segni particolari.

Maiero: Tutto dipende dal "buongusto" del direttore e degli esecutori anche se le interpretazioni sono diverse e si possono tirar fuori "colori" in libertà.

Catte: I giovani? Sono più interessati al canto corale "pop", genere che sta diventando autonomo e di grande fascino. I giovani non vengono a cantare ... "Ta-pum".   La musica "pop" contiene, però, difficoltà.  Il canto cosiddetto "corale popolare" non è conosciuto dai giovani.

Maiero: nel "pop" su 100 canzoni se ne salvano solo 2 e, quindi, bisogna far conoscere ai giovani il tipo di "coro popolare".

Interviene  il direttore Paolo Piana: "C'è una vocalità particolare popolare?

Catte: La coralità e vocalità popolare può essere eseguita solo da un coro di voci pari, maschile o femminile, mai misto perché questo comporta a cantare in "polifonia".